“La decisione del governo serbo di soddisfare le richieste dei manifestanti non ci ha sorpreso – dopo tutto ce lo aspettavamo – ma non abbassiamo la nostra attenzione. Abbiamo buone ragioni per temere che sia solo una mossa elettorale. In aprile si terranno le elezioni generali in Serbia e c’è la concreta possibilità che il partito al governo perda Belgrado. Non il paese, ma la capitale, e in Serbia Belgrado è il centro dell’economia e della politica. Sarà una campagna elettorale senza esclusione di colpi e anche questa mossa potrebbe far parte delle manovre elettorali del partito di governo, che poi dopo le elezioni potrebbe tornare sul progetto della miniera, magari affidandolo ad un’altra società. Non dimentichiamo, inoltre, che gli interessi sulla miniera di litio non sono solo locali, ma internazionali, come dimostra la recente visita di Angela Merkel. Restiamo vigili, pronti a combattere ancora”.
Chi è Iskra Krstić
A parlare è Iskra Krstić, architetta e autrice per pubblicazioni come LeftEast e Masina, nonché membro dell’iniziativa civica Diritto all’acqua, attiva da anni nelle battaglie sociali e politiche legate allo spazio urbano e all’ambiente, commentando l’annuncio – il 20 gennaio – del primo ministro della Serbia, Ana Brnabić, che ha dichiarato che il decreto sul piano spaziale della zona a destinazione speciale per la lavorazione del litio, così come tutti i permessi e i regolamenti relativi alla multinazionale mineraria Rio Tinto, sono stati revocati e che il gruppo di lavoro per la realizzazione del progetto Jadar è stato sciolto.
La stampa internazionale ha collegato la decisione del governo serbo alle tensioni con l’Australiadopo le note vicende del campione di tennis Novak Djokovic, respinto agli Australian Open perché non era vaccinato e rinchiuso in un centro per migranti. Ma sottolineare solo questo aspetto significa non dare merito alla battaglia che gli attivisti portano avanti da anni in Serbia. Una battaglia che Iskra porta avanti dal primo giorno. Quella contro il progetto Jadar di Rio Tinto.
Il progetto Jadar
“Ci sono molteplici rischi ambientali legati al progetto che prende il nome dal fiume Jadar, che dà il nome alla regione della Serbia occidentale e alla valle che attraversa. Nel 2004, i geologi del gruppo minerario Rio Tinto hanno scoperto un nuovo minerale, un borosilicato di litio-sodio chiamato poi “jadarite” dal nome del fiume. Il litio, in particolare, è diventato sempre più importante negli ultimi anni, legato all’uso del minerale per la produzione di energia nell’era della transizione energetica. Si stima che il giacimento nella Serbia occidentale sia uno dei più ricchi al mondo, e che la miniera potrebbe diventare la più grande del suo genere in Europa” dice Iskra.
“La compagnia che ha trovato il giacimento è la Rio Tinto, la seconda più grande compagnia mineraria del mondo, una multinazionale australiana-britannica, nota per non rispettare l’ambiente e per gli scandali legati alla devastazione dei siti aborigeni in Australia. Anche se la scoperta risale a quasi vent’anni fa, solo circa due anni fa è diventato di dominio pubblico il fatto che l’azienda avrebbe iniziato un’enorme miniera per estrarre il litio. L’obiettivo fissato per l’apertura della miniera a pieno regime era inizialmente il 2023, ma alcuni attivisti locali, sostenuti da scienziati ed esperti tecnici, hanno iniziato ad allertare l’opinione pubblica sui rischi ambientali di questo progetto: la contaminazione della terra, dell’acqua e dell’aria circostante nella regione. Questa zona del paese è probabilmente la migliore dal punto di vista della produzione agricola. Ciononostante, nel 2017 il governo serbo ha firmato un memorandum con Rio Tinto e il progetto di una strada che avrebbe collegato Loznica a Valjevo è stato modificato per garantire a Rio Tinto le infrastrutture necessarie, interessando un’area di duemila ettari di terreno e 28 villaggi.”
La comunità locale si è subito allarmata e non ha ritenuto credibili o sufficienti le assicurazioni dell’azienda, mentre la protesta contro il progetto è diventata nazionale. “Il fiume Jadar è un affluente della Drina, che a sua volta sfocia nel fiume Sava. Stiamo parlando di una regione ricca di acque emerse e sotterranee, con falde acquifere interconnesse: qualsiasi forma di inquinamento che entra nel fiume Jadar raggiunge gran parte della Serbia occidentale fino a Belgrado, e colpisce persino la Bosnia-Erzegovina. Nessuno conosce in dettaglio l’impatto ambientale del progetto, non sappiamo le tecnologie che verrebbero utilizzate, né quali precauzioni verrebbero prese per proteggere l’ambiente e le persone. E nessuno sa quanta parte dei profitti della miniera rimarrebbe alla Serbia, se non che è molto poco, non più del quattro per cento secondo le nostre leggi sull’estrazione mineraria”, dice Iskra.
Nessuno conosce in dettaglio l’impatto ambientale del progetto, non sappiamo le tecnologie che verrebbero utilizzate, né quali precauzioni verrebbero prese per proteggere l’ambiente e le persone.
“E non è vero che questa è un’opportunità economica per la comunità locale, perché tutti i rischi ricadono sui cittadini, visto che nessuno sa dove andrà l’inquinamento e come verrà controllato. L’acqua e il suolo, con le acque di scarico della miniera, ricche di arsenico e bario, devasterebbero la zona. L’anno scorso, vicino ai villaggi della zona dove dovrebbe sorgere la miniera, i residenti hanno iniziato a notare acqua rossa, anche se Rio Tinto non stava ancora scavando, ma semplicemente esplorando. Si può immaginare cosa accadrebbe se il progetto iniziasse. Quelle acque di colore rosso sono state testate e contenevano un’alta concentrazione di molte tossine diverse e potenziali cancerogeni, oltre i limiti stabiliti dagli standard sanitari mondiali internazionali”.
Un movimento per la difesa dell’ambiente
Iskra fa parte di un grande movimento in Serbia che si è compattato intorno alle questioni ambientali. “La gente ha iniziato a mobilitarsi sulla questione di Stara Planina, contro le centrali idroelettriche che minacciavano la zona. Da quella rete di attivisti e organizzazioni, ci siamo trovati qui. Circa due anni fa è iniziata l’organizzazione locale a Jadar: una battaglia per avere accesso a tutti i documenti relativi al progetto, con la richiesta di fermarlo. Nel 2020 e nel 2021, il movimento contro Rio Tinto è diventato più grande e meglio organizzato” dice Iskra.
“In aprile e settembre si sono tenute a Belgrado proteste congiunte di una rete di organizzazioni ambientali chiamate Enviromental uprising. La richiesta principale della seconda protesta è stata quella di fermare il progetto della Rio Tinto, ma anche di rendere pubblici e fermare altri progetti minerari pericolosi per l’ambiente. Secondo il piano strategico della Serbia, nei prossimi dieci anni ci saranno cinquanta nuove miniere. Contro ogni logica, mentre tutto il mondo si sta allontanando dalla cultura dell’estrattivismo. Quando il governo non ha reagito alle richieste, diverse organizzazioni di attivisti hanno organizzato insieme dei blocchi stradali. Nel frattempo Environmental uprising è diventato un movimento politico che parteciperà alle elezioni di aprile in una coalizione con il movimento Don’t let Belgrade down e la piattaforma civica Open-Action. Questo è molto importante, in un paese come la Serbia, che ha vissuto un grande periodo di disillusione nei confronti della politica. Nemmeno le denunce ai manifestanti identificati con un software di riconoscimento facciale ancora illegale e le minacce hanno fermato le proteste. Questo perché le questioni ambientali sono al centro della vita di tutti, non sono idee lontane, ed è molto più facile riunire le persone quando si parla di ambiente. E non solo in Serbia: dalla battaglia in Bosnia-Erzegovina contro le centrali elettriche, alla Bulgaria e all’Albania, sono nate reti come Pravo na vodu (Diritto all’acqua) e Save the blue heart of Europe, sia regionali che internazionali, perché l’acqua e le questioni ambientali non hanno confini. E ogni vittoria è la vittoria di tutti, perché dimostra che si può fare”.
Iskra ha iniziato a combattere presto. “Appartengo a una generazione che ha combattuto contro la guerra, fino alla caduta di Milosevic alla fine degli anni novanta. Ma quello che è venuto dopo, questo capitalismo che divora l’ambiente e crea disuguaglianze sociali sempre più feroci, ci ha deluso e ci ha spinto ad abbandonare la politica. Personalmente, sono tornato all’impegno nel 2012, quando gli interventi urbani a Belgrado erano violenti e ignoravano le richieste della cittadinanza. Queste battaglie sono culminate nel movimento contro il progetto Belgrade waterront, una speculazione immobiliare sul lungofiume della Sava, che ha portato fino a ventimila persone nelle strade tra il 2014 e il 2016. Non siamo riusciti a fermarlo – dice Iskra – ma ci ha dato forza e oggi siamo qui, anche quando i manifestanti vengono accusati di “terrorismo”. Un movimento che non si fermerà, che cercherà di cambiare le cose e difendere i beni comuni in Serbia, tenendo a bada la visione patriottica, che è sempre pericolosa, perché spinge verso il nazionalismo. Oggi l’ambiente è una leva che spinge le persone fuori dalle loro case, le spinge a combattere per la qualità della loro vita, perché hanno capito che gli interessi economici sono legati a quelli della politica, ma non hanno interesse per la vita dei cittadini”.
Water Defenders è un progetto di Water Grabbing Observatory per il decimo anniversario del riconoscimento del diritto umano all’acqua. Una serie di interviste da tutto il mondo racconteranno battaglie civili dal basso in difesa dell’acqua. Una lotta intesa sotto tutti i punti di vista, contro l’accaparramento delle risorse e contro le grandi e piccole opere che impattano sulle comunità e sul patrimonio naturale. Una galleria di persone comuni, uomini e donne, che in tutto il mondo difendono un diritto fondamentale. A partire dal 22 marzo, Giornata mondiale dell’acqua, ogni mese Water Grabbing Observatory racconterà su LifeGate la storia di un personaggio che si è speso per tutelare la risorsa più preziosa che abbiamo. Per ribadire il valore del diritto all’acqua.
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