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Una storia di scarsa conoscenza delle leggi nazionali, totale impunità per i reati di bracconaggio e l’evidente aumento del turismo venatorio internazionale.
Per la prima volta in diciassette anni, le due società baleniere dell’isola non andranno a caccia di balene durante la stagione estiva.
Mentre il resto del mondo cerca di proteggere le popolazioni di balene, decimate dalla caccia sfrenata condotta nel Ventesimo secolo, Giappone, Norvegia e Islanda continuano a uccidere centinaia di cetacei ogni anno per scopi commerciali. Dopo aver inizialmente rispettato la moratoria emessa nel 1986 dalla Commissione baleniera internazionale (Iwc), che vieta la caccia alle balene, l’Islanda nel 2006 ha concesso all’industria baleniera del Paese il permesso di cacciare due specie: la balenottera comune (Balaenoptera physalus), classificata come “vulnerabile” dalla Lista Rossa della Iucn, e la balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata).
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Ogni anno i balenieri islandesi hanno il permesso di uccidere, utilizzando arpioni esplosivi, fino a 229 balenottere minori e 154 balenottere comuni. Quest’anno, però, nelle acque islandesi non verrà cacciata neppure una balena e forse neppure in futuro, lasciando intravedere la fine di questa anacronistica industria.
L’Islanda ha infatti annunciato che ogni spedizione di caccia è stata annullata. La principale compagnia baleniera islandese, la Hvalur, ha riferito che non andrà a caccia di balene per il secondo anno consecutivo, mentre la Ip Utgerd, la principale responsabile della cattura di balenottere minori in Islanda, il 24 aprile ha annunciato che cesserà definitivamente la propria attività.
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Le aziende, in particolar modo quelle che basano il proprio profitto sull’uccisione di altri esseri senzienti, non compiono scelte in base all’etica, bensì a calcoli economici. Questo caso non fa eccezione. Gunnar Jonsson, amministratore delegato della Ip Utgerd, ha dichiarato che non è più economicamente sostenibile cacciare balene nelle acque islandesi. A causa dell’estensione della zona costiera in cui è vietato pescare, le barche “avrebbero dovuto andare più in alto mare per cacciare le balene, rendendo le operazioni troppo costose”, ha affermato Jonsson, aggiungendo che la compagnia si concentrerà sulla pesca delle oloturie.
#BREAKING No fin whaling in #Iceland this summer. Hunting fleet stays in port for 2nd consecutive year. #excellent #whales pic.twitter.com/jnS6l6spH3
— Hard To Port (@hardtoport) April 24, 2020
La Hvalur, analogamente, ha spiegato che quest’anno non andrà a caccia a causa della forte concorrenza con il Giappone, i cui prodotti a base di balena ricevono sovvenzioni dal governo, di problemi legati all’esportazione della carne di balena e, in misura minore, alle restrizioni legate al coronavirus. Esportare in Giappone, il principale mercato della carne di balenottera comune islandese (che non viene mangiata dai cittadini islandesi), sarebbe sempre più difficile a causa dei requisiti di sicurezza alimentare più severi imposti dal Paese nipponico per la carne di importazione. Le balene sono particolarmente vulnerabili ai contaminanti ambientali, la loro carne è pertanto non sicura per il consumo umano e richiede controlli approfonditi.
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“È una fantastica notizia – ha commentato Rob Read, direttore di Sea Shepherd Uk, gruppo che ha documentato le operazioni di caccia alla balena in Islanda nel 2018 -. Ora è arrivato il momento anche per la Hvalur di appendere definitivamente i suoi arpioni al muro e per l’Islanda di diventare una nazione che osserva le balene, non che le uccide”.
È passato poco più di anno da quando il ministro della Pesca islandese aveva dichiarato che l’Islanda avrebbe ucciso 2.130 balene nei prossimi cinque anni. Oggi, anche a causa della forte censura internazionale, la caccia alle balene potrebbe essere cessata definitivamente. Il merito di questa improvvisa inversione è anche degli stessi cittadini islandesi, che hanno praticamente smesso di consumare carne di balena e sono sempre più avversi a questa attività. Solo il 3 per cento degli islandesi, secondo un sondaggio di qualche anno fa, ha affermato di mangiare regolarmente carne di balena.
L’Islanda, così come il Giappone, ha scoperto che le balene possono essere più remunerative da vive che da morte. Il whale watching rappresenta infatti una delle principali attrazioni turistiche nazionali e genera oltre undici milioni di euro annui, attirando più di 200mila turisti ogni anno. Nelle gelide acque islandesi è possibile avvistare oltre venti specie di cetacei, come megattere, balenottere minori, capodogli e orche, ed è uno dei migliori luoghi d’Europa per avvistare le balene tutto l’anno. Per quest’anno e, forse, per gli anni a venire, le balene islandesi, già minacciate dai cambiamenti climatici e dall’impoverimento dei mari causato dalla pesca industriale, potranno, quantomeno, nuotare senza il timore di essere cacciate.
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