Vulcani e ghiacciai. Acqua e magma. Alla scoperta del delicato ecosistema islandese, dove sentire in modo potente la forza degli elementi naturali rischiarati dall’interminabile luce estiva.
Le recenti eruzioni del vulcano Fagradalsfjall, a sud di Reykjavik, hanno ricordato agli uomini quanto sia potente la voce della natura. Una forza primordiale che in Islanda è tanto evidente quanto affascinante.
Non a caso i suoi 103mila chilometri quadrati, un terzo del territorio italiano, sono popolati appena da 330mila abitanti: una delle densità medie più basse al mondo, che condivide lo spazio con ghiacciai, vulcani e distese di lava pietrificata.
Per continuare a mantenere un corretto rapporto tra popolazione locale e numero di turisti internazionali e quindi contenere il fenomeno dell’overtourism, il governo islandese monitora attentamente sia le entrate che la presenza nelle diverse parti del territorio, sensibilizzando i viaggiatori nella consapevolezza di camminare su un suolo in gran parte selvaggio e dall’equilibrio fragile. A ciò si aggiunge l’impegno nel ridurre al minimo l’impatto generato dal turismo con il ricorso a mezzi elettrici ed energia geotermica per le strutture.
Una scelta responsabile
Ecco perché viaggiare in Islanda richiede responsabilità e sensibilità nei confronti della natura e dei suoi abitanti. Gli stessi valori fonte d’ispirazione della collezione di viaggiSensibility di Made by Turisanda, che propone le terre del Nord Europa con gli occhi pieni di stupore per i doni che la natura concede alle estreme latitudini settentrionali.
Lo racconta bene Stefano Sogne, brand manager Made by Turisanda che descrive così l’Islanda. “Esco dal mio hotel alle 6.30 del mattino, sole di luglio splendente e tiepido, come un inizio di dolce autunno mediterraneo. Mi dirigo verso il mio fuoristrada e mentre apro lo sportello inizia a piovere in modo sottile e leggero e l’aria profuma di primavera. Mi viene in mente che la mantella antipioggia è ancora nello zaino in camera e quindi rientro in hotel per prenderla e, nel giro di una manciata di minuti, vengo avvolto da un vento gelido che sa di inverno nordico e nuvoloni grigi e gonfi d’acqua rabbuiano il cielo. Prendo la mantella, esco e ritrovo un sole splendente e un cielo blu completamente sgombro di nubi e l’aria sa di estate. Questa è l’Islanda, dove in un breve lasso di tempo si possono provare sulla propria pelle le sensazioni di tutte e quattro le stagioni, una dopo l’altra. Un’isola stupefacente per bellezza e incredibilmente naturale, ricca di paesaggi immutati nel tempo e di suoni avvolgenti e impetuosi, come l’infrangersi delle onde su scogliere millenarie, baluardi di roccia a picco sul mare del nord.” Il grande Nord viene proposto anche verso Norvegia, tra fiordi e Isole Lofoten, e Lapponia finlandese nella sua veste invernale, tra laghi ghiacciati e aurore boreali.
Quattro passi a Reykjavik
Ogni viaggio alla scoperta della natura islandese comincia e finisce nella capitale più a nord del Vecchio continente. Qui si apre e si chiude il Circolo d’oro, quell’anello prezioso che impalma gioielli come l’area geotermica di Haukadalur e i geyser, le cascate più scenografiche e i vulcani più grandi d’Islanda. Ma Reykjavik vale ben una sosta al di là dello scalo aeroportuale. L’occhio viene inevitabilmente attratto dalla chiesa modernista Hallgríms che domina il colle, non proprio un modello di leggerezza architettonica con la sua mole di cemento che tocca i 74,5 metri. Eppure, vale la pena entrarvi per l’organo di ben cinquemila canne e soffermarsi sul sagrato per la statua del vichingo Leifr Eiricsson, considerato il vero scopritore delle Americhe avendoci messo piede cinque secoli prima di Cristoforo Colombo.
Da qui si dipanano una serie di vicoli pedonali dalle facciate sgargianti e decorate da artisti di strada. Una di queste è nota come Rainbow street per via dell’arcobaleno dipinto sull’asfalto. Dopotutto l’Islanda è uno dei paesi più attivi sul fronte dell’inclusione e dei diritti, tanto che solo pochi mesi fa si è tenuto uno sciopero delle donne in nome della parità salariale, (nonostante la nazione sia già piuttosto avanti sul superamento del gender gap). E anche la quiete naturale ha un posto di primo piano persino nel cuore della capitale. Tanto che il laghetto su cui si affaccia il Municipio diventa poco più a sud una zona umida con canali e canneti che accoglie gli uccelli migratori in sosta dalle rotte.
Literal street art. Street art is not always such a literal term, but the actual streets in downtown Reykjavik are quite colorful, adorned with beautiful and lively art pieces, especially in the summertime. So, make sure to watch your step. Not because you can‘t step on them. pic.twitter.com/dG2VOxlpGX
Il richiamo della natura primordiale attrae il visitatore che può contare sulla complicità delle notti bianche estive, quando la luce perenne allunga la giornata donando energia e adrenalina sotto il sole di mezzanotte.
Non inganni la stagione o il meteo, qui comandano i venti che rendono imprevedibile anche la giornata più calma. Armarsi dunque di strati impermeabili è d’obbligo: in Islanda vige la filosofia nordica del “non esiste tempo cattivo, ma solo cattivo abbigliamento”. E via sulla Ring road, l’anello stradale principale, tra distese di rocce nere a perdita d’occhio punteggiate qua e là da isolate fattorie e robusti cavalli islandesi. Il paesaggio è di una bellezza selvatica, plasmata dalla forza degli elementi come fuoco e acquache qui si combinano. Sono ghiacciai formatisi nelle ere su vulcani dormienti, pronti però a risvegliarsi da un momento all’altro. Guardando poi le collinette di muschio e gli orizzonti viola dei lupini in fiore si capisce perché una parte degli islandesi creda agli elfi.
Una terra di primati
I geyser che gettano vapori e acqua dalle viscere della crosta terrestre sono la più evidente espressione dell’attività che ribolle sotto il suolo islandese. Il nome locale di questo fenomeno geologico è diventato il termine universale per identificarlo in ogni parte del mondo. Un po’ com’è successo per antonomasia con la nostra Vulcano. E proprio i vulcani punteggiano l’isola a cominciare dal più grande d’Europa, il Vatnajokull, ma non il più attivo. Eyjafjallajokull: a qualcuno dice qualcosa? Il nome è uno scioglilingua eppure ci ha riguardati molto da vicino quando nel 2010 paralizzò il traffico aereo. Una nuvola di lapilli che si mosse verso sud alimentata anche dal ghiacciaio che lo sormontava.
Distruttiva o meno, la forza che genera energia viene sfruttata ovunque sottoforma di geotermico. Del resto fin dall’antichità gli islandesi si sono adattati alle caratteristiche della propria terra facendo di necessità virtù. E forse non è un caso che proprio lungo la faglia creata dall’incontro tra placche tettoniche nordamericana ed euroasiatica, Thingvellir, nel 930 d.C. si riunirono i rappresentanti del popolo per discutere decisioni importanti. In questo luogo così emblematico e primordiale fu fondato l’Althing, quello che alcuni definiscono la prima forma di parlamento al mondo.
Tra acqua e basalto
Ma tra gli assi nella manica più attesi dai visitatori che percorrono il Circolo d’oro ci sono le cascate. Decine di monumenti naturali che emergono da fratture e salti di rocce, le più ammirate delle quali sono Godafoss, detta appunto la cascata degli dei, Skogafoss, alta ben 61 metri, e Seljalandsfoss, da osservare passandoci dietro senza dimenticare indumenti idrorepellenti. E dall’incontro fra acqua e lava nasce uno degli ultimi doni naturalistici di questa nazione di contrasti. Lo si nota sulla spiaggia nera Reynisfjara, dove camminare tra le colonne esagonali di basalto e i faraglioni a mare. Al cospetto di queste cattedrali della natura si entra nelle rughe del tempo che, era dopo era, hanno rigato il volto di un ecosistema primordiale.
Una gioia per gli occhi che va però ripagata muovendosi con il massimo rispetto. Lo stesso che gli Islandesi riservano da sempre alla loro terra madre, un dono di Madre Terra.
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