Rappresentare visivamente i diversi aspetti della crisi climatica è un compito fondamentale per chi è impegnato nella comunicazione scientifica.
Il vincitore del grant Ispa 2022, il fotografo Tomaso Clavarino, ha realizzato un progetto unico, capace di documentare il degrado del permafrost sulle Alpi, visitando comunità alpine e ricercatori in Italia, Svizzera, Francia e Austria.
Diffondere la bellezza degli ecosistemi ancora da proteggere o le storie di chi ha trovato soluzioni coraggiose è di vitale importanza, come sottolinea la climatologa e divulgatrice Elisa Palazzi.
Quelle strisce blue e rosse hanno cambiato tutto. Finalmente, quando parlava agli incontri, la climatologa Elisa Palazzi poteva far vedere al pubblico cosa significava esattamente l’aumento progressivo delle temperature, cosa fosse la crisi climatica. Sono le cosiddette Warming stripes, il “codice a barre” che mostra visivamente il riscaldamento globale, create nel 2016 dallo scienziato Ed Hawkins dell’Università di Reading.
“Uno strumento visivo così potente che è riuscito a unire i dati del riscaldamento globale, così aridi quando li senti elencare, a un’immagine chiara e persino visibilmente piacevole”, sottolinea Palazzi. Non a caso quell’immagine è poi stata riprodotta su t-shirt e merchandising, fino a diventare la copertina dell’ultimo libro di Greta Thunberg The climate book. Le strisce sono state anche duplicate in una versione che va dal verde brillante verso il grigio a indicare invece la crescente perdita di biodiversità.
Da molti anni Palazzi, autrice e docente presso l’Università degli studi di Torino, si prodiga per presenziare a conferenze divulgative di ogni genere, lo considera parte della sua missione di scienziata: “Non possiamo restare chiusi nelle nostre aule o laboratori. Se lasciamo libero lo spazio della comunicazione con la gente, questo verrà occupato da chi non ha le competenze. È nostro compito far capire alle persone cosa sta succedendo e presumibilmente cosa accadrà. Abbracciando anche quella parte di imprevedibilità e ignoto che fa parte del nostro lavoro e che per troppi anni gli scienziati non hanno voluto o saputo comunicare”, racconta al telefono. In quest’ottica Palazzi era presente al lancio della nuova edizione di Ispa – Italian sustainability photo award, un premio fotografico e un grant per raccontare storie di sostenibilità in Italia, giunto alla quarta edizione.
La foto giusta per mobilitare le persone
“Documentare visivamente la crisi climatica è fondamentale. Le immagini rimangono impresse nella mente più dei dati, aiutano a far sì che tutto questo non rimanga un concetto astratto. Sicuramente negli anni abbiamo potuto fare esperienza diretta dei cambiamenti climatici, tramite eventi estremi sempre più frequenti o la crisi idrica, e l’argomento è entrato nei nostri discorsi ormai quotidiani”, prosegue Palazzi, “però la forza di un’immagine è proprio quella di fissarsi nella memoria, di dare forma ai fenomeni, ricordarci che qualcosa esiste anche quando non lo vediamo. Soprattutto le immagini riescono a toccare le corde delle emozioni, che sono poi quelle che fanno attivare le persone”.
A queste parole fa eco il vincitore del grant 2022 di Ispa – Italian sustainability photo award, il fotografo Tomaso Clavarino, che grazie al sostegno del premio ha concretizzato un progetto unico nel suo genere: “Non mi considero un ambientalista della prima ora e nemmeno un esperto, ma da torinese ho sempre vissuto molto la montagna in modo attivo e sportivo. Ho solo 37 anni, eppure sono stato in grado di osservare sulle Alpi un cambiamento eclatante”, ammette il fotografo.
“Solitamente sull’arco alpino i fotografi si concentrano sulla documentazione dei ghiacciai che si ritirano, mentre io ho voluto cercare di rappresentare un fenomeno specifico che non viene spesso documentato, perché sostanzialmente rimane invisibile, ovvero il deterioramento del permafrost, quella porzione di terreno congelato sotto la superficie che noi non vediamo e che però tiene saldo tutto quello che sta sopra. Il suo degrado a causa delle temperature in rialzo incide enormemente sulla montagna e sulle vite delle comunità che la abitano” conclude.
Il lato nascosto del permafrost
“Le foto sono state scattate tra Italia, Francia, Austria e Svizzera. Da una parte ho collaborato con molti ricercatori che sulle Alpi studiano il fenomeno, dall’altra sono stato nelle comunità che abitano sulle Alpi”, spiega Clavarino.
Nel progetto fotografico si trova un suggestivo scatto nella cavità Buso del Valon nel veronese, dove a 50 metri di profondità si trova del ghiaccio perenne, oppure i volti di rifugisti e sindaci che si trovano a fare i conti con una montagna che crolla letteralmente sotto i loro i piedi. Fa anche questo la crisi climatica.
Il rifugio Casati, a 3.200 metri sul Cevedale, dovrà essere spostato dopo 40 anni di attività, le infrastrutture di molti impianti sciistici sono pericolanti a causa del terreno che cede, le fonti d’acqua si contaminano di metalli pesanti derivati dal deterioramento del permafrost e alcune comunità, come il villaggio svizzero di Bondo nel 2017, sono state spazzate via, in questo caso da una frana e una conseguente esondazione di un torrente.
“Quello che mi ha colpito del progetto di Clavarino”, sottolinea Palazzi, “è la delicatezza delle immagini e l’aver saputo cogliere l’intreccio tra la montagna, le persone che l’abitano e il lato scientifico di chi la studia con le tecnologie. Era una sfida difficile rappresentare il permafrost, qualcosa che non si vede, duro come il cemento e allo stesso tempo così fragile davanti all’inarrestabile aumento delle temperature”.
Quando si parla di crisi climatica, è più efficace mostrare i danni o le soluzioni per sensibilizzare le persone? “Penso sia importante far vedere entrambi”, risponde Palazzi, “non possiamo ignorare le conseguenze che sono già in atto e che, indubbiamente, non sono piacevoli da vedere, come la scarsità idrica o il calo della biodiversità. Dall’altra parte la nostra narrazione deve comprendere le soluzioni, anzi dobbiamo continuare a dire con forza che le soluzioni esistono, in primis la riduzione delle emissioni, e mostrare il lato bello degli ecosistemi che ci circondano. Non è tutto perduto, siamo in tempo per rimanere nel margine di sicurezza. Ripeterlo, anche a me stessa, è quello che mi fa uscire ogni volta di casa per andare a una nuova conferenza”.
Le proposte per partecipare all’assegnazione del grant 2023 Ispa – Italian sustainability photo award vanno inviate entro il 20 marzo (il progetto scelto dovrà poi essere realizzato tra maggio e ottobre 2023). Per inviare, invece, le foto da sottoporre alla giuria dei premi fotografici (foto singola e storia) la scadenza è il 4 settembre.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.