Tra bombardamenti, trasferimenti forzati, arresti e blocchi agli aiuti umanirari, Israele sta svuotando la Striscia di Gaza settentrionale.
- Nelle ultime due settimane i bombardamenti nel nord della Striscia di Gaza hanno causato oltre 600 morti.
- L’esercito israeliano sta trasferendo forzatamente migliaia di persone dal nord verso il sud.
- Gli aiuti umanitari non entrano più nel nord di Gaza, facendo peggiorare la crisi alimentare.
La situazione nella Striscia di Gaza settentrionale è drammatica. Da alcune settimane l’esercito israeliano è tornato a concentrare la sua offensiva militare nell’area, colpendo rifugi per sfollati e ospedali, mentre gli aiuti umanitari non entrano più sul territorio, costringendo la popolazione alla fame.
Nelle scorse ore l’esercito israelano ha messo in atto veri e propri rastrellamenti delle persone rimaste in zona, trasferendole forzatamente altrove. L’Onu ha intimato a Israele di non usare l’assistenza umanitaria come arma di guerra e di arrivare a un cessate il fuoco, che però appare sempre più lontano.
Bombardamenti e trasferimenti forzati
A inizio ottobre l’esercito israeliano è tornato a concentrare la sua offensiva militare nella Striscia di Gaza settentrionale, com’era nelle prime fasi della sua guerra sul territorio palestinese. Come denuncia l’Unrwa, sono stati colpiti i pochi ospedali ancora operativi, rimasti senza elettricità. E una nuova spirale di sfollati sta causando condizioni di estremo sovraffollamento nei rifugi, dove le persone finiscono per dormire anche in bagno.
Insieme ai bombardamenti che nel giro di due settimane hanno causato oltre 600 morti, nelle ultime ore l’esercito israeliano ha compiuto veri e propri rastrellamenti nel campo profughi di Jabalia, raggruppando grossi gruppi di persone e costringendoli a lasciare i loro rifugi per dirigersi verso il sud della Striscia. Queste persone non sono solo state indotte al trasferimento forzato, ma anche sottoposte a controlli definiti “umilianti” nei check point militari, così da fermare chi fosse ritenuto vicino all’organizzazione palestinese Hamas. Da più parte si denuncia come a Jabalia sia in corso una nuova operazione di “pulizia etnica”, mentre un altro tema problematico in corso è quello relativo agli aiuti umanitari.
Stop agli aiuti umanitari
Tra le altre cose, Israele sta di fatto bloccando l’ingresso di cibo e medicinali, tanto che nei giorni scorsi l’Onu ha sottolineato come nel giro di poco tempo il cibo potrebbe finire. La carenza di aiuti, che va in parallelo al fatto che Israele in questi mesi ha bombardato e distrutto ettari ed ettari di campi destinati all’agricoltura, ha messo fuori uso le imbarcazioni palestinesi con cui si andava a pesca, ha distrutto o danneggiato l’80 per cento delle abitazioni, costringendo gran parte della popolazione a evacuare e privandola dei mezzi per cucinare, sta facendo peggiorare ulteriormente la già crisi alimentare. Il prezzo dei pochi prodotti alimentari disponibili è schizzato in alto, rendendo insostenibile il suo acquisto.
Come sottolinea Al Jazeera, prodotti come i pomodori sono arrivati a costare 165€ al kg, la farina 37€ al kg e lo zucchero 55€ al kg. Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Unrwa, ha puntato il dito contro il modus operandi di Israele, sottolineando che “negare e usare come arma l’assistenza umanitaria per raggiungere scopi militari è un segno di quanto sia bassa la moralità”. E ha invocato un cessate il fuoco.
Cessate il fuoco lontano
“L’incubo a Gaza si sta intensificando”, ha denunciato Tor Wennesland, inviato delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente. Che Israele potesse interrompere le operazioni militari sembrava una possibilità dopo l’uccisione di Yahya Sinwar, leader di Hamas. La sua morte invece non ha cambiato le cose.
L’offensiva israeliana a Gaza prosegue e secondo alcuni analisti quanto sta succedendo nel nord, tra bombardamenti massicci e trasferimenti forzati, farebbe parte di un piano più ad ampio raggio da parte della dirigenza israeliana. Il cosidetto “Piano dei generali”, cioè lo svuotamento totale della già martoriata Striscia di Gaza settentrionale e il sovraffollamento della parte meridionale, così da aumentare il caos nel territorio palestinese e, di riflesso, la pressione su Hamas.
Nel frattempo in Israele è arrivato il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, nel suo undicesimo viaggio nell’area dal 7 ottobre 2023. L’obiettivo è avviare un nuovo round di colloqui regionali che possano portare a un cessate il fuoco a Gaza, da ormai parecchio tempo caldeggiato dall’amministrazione statuitense. Ma l’influenza statunitense sull’alleato Benjamin Netanyahu è ai minimi termini. Anche questa volta la missione di Blinken dovrebbe concludersi con un nulla di fatto, a meno di sorprese molto difficili.
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