“Il nostro obiettivo è sempre stato quello di trasformare un rifiuto in qualcosa di meraviglioso”. L’intervista a Matteo Longo, direttore generale di Bioforcetech.
La circolarità è essenziale per il futuro delle imprese. E in Giordania ho capito perché
Correre la prima maratona della mia vita, a Gerusalemme, è stata un’emozione unica. Ma il mio percorso non è finito nel momento in cui ho tagliato il traguardo: al contrario, era solo all’inizio.
Sin da quando ero bambino ho sempre avuto la passione per le sfide. Qualche anno fa decisi che volevo correre una maratona di 42 chilometri. Non l’avevo mai fatto prima, non avevo mai affrontato neanche una mezza maratona. Anche solo correre cinque chilometri era quasi impensabile. Però lo volevo fare, perché avevo bisogno di tempo per riflettere, per pensare, e soprattutto volevo sfidare me stesso e vincere quella sfida. Stavo cercando qualcosa, ma non sapevo esattamente cosa.
Volevo scegliere una maratona che non fosse tra quelle famose, come quella di New York, volevo trovare un luogo dove correre e ritrovare me stesso: Gerusalemme. La culla delle religioni, un luogo mistico, sacro.
Dopo essermi allenato per parecchi mesi, quasi un anno, arrivò il giorno della maratona. Gerusalemme si trova in cima a una collina e ospita una delle maratone più dure al mondo – tante salite, discese, il caldo, la fatica. Però riuscii a farla. La corsi tutta, la feci sotto le quattro ore, ed ero contento. Ero soddisfatto di me stesso, avevo avuto tempo per pensare, avevo avuto tempo per riflettere, in tutti quei mesi di allenamento e anche durante la gara. Però non avevo ancora trovato quello che stavo cercando.
Così il giorno seguente presi lo zaino, chiesi un passaggio e andai verso il confine con la Giordania. Non so perché proprio la Giordania, però mi attraeva. Avevo due possibilità, una volta passato il confine: il deserto o le montagne. Avevo la sensazione che nel deserto non avrei trovato nulla, quindi scelsi le montagne verso Petra, la città antica, con le sue rovine stupende tra le rocce rosse. Ricordo perfettamente quella mattina: mi alzai prima dell’alba, attraversai Petra alle prime luci del mattino, ed era un posto incredibile, misterioso, mistico. Un’esperienza incredibile; ma ancora una volta non avevo trovato quello che stavo cercando. Però all’orizzonte vidi delle montagne, le stesse montagne di roccia rossa che circondavano Petra. Bene, lasciai il cammino per volgermi in quella direzione, senza seguire i sentieri e camminai tutto il giorno, fino a notte.
Siamo parte di un meccanismo complesso, e ognuno di noi ha un posto preciso al suo interno
A un certo punto, prima del tramonto, arrivai su un crinale e finalmente potevo vedere il paesaggio intorno a me a 360 gradi. Vedevo il deserto in lontananza, vedevo le montagne, i villaggi. Durante il giorno avevo incontrato persone, pastori, animali, alcuni bambini avevano finito tutte le scorte di dolci, miele e altre cose che avevo da mangiare. E in cima a quel crinale, trovai quello che stavo cercando. Capii profondamente che tutto quello che stavo vivendo, quindi il sole, le rocce, le piante, le persone, i villaggi, gli animali, non erano altro che parte di me. Io ero parte di quell’infinito, di quell’orizzonte, di quello stupendo orizzonte.
Facevo parte realmente di quel mondo, non ero solamente lì “appoggiato”. E ve lo giuro, non l’ho mai detto a nessuno, piansi. Piansi fino all’ultima lacrima che avevo in corpo. Ma non di tristezza o di rabbia: piansi di gioia, perché mi resi conto che non siamo una singolarità, ma che siamo parte di un meccanismo complesso. E ognuno di noi ha un luogo ben preciso e un posto all’interno di questo meccanismo, che è fatto di continui scambi, di dare, avere, prendere, restituire. E questa circolarità può essere applicata alla nostra vita privata, ma può essere applicata anche alla vita lavorativa, alle nostre imprese. Perché non esiste un’impresa, non può esistere un’impresa che prenda solamente risorse dalla comunità e dal pianeta in modo indiscriminato senza restituire niente, senza restituire valore.
Circolarità è sinonimo di sostenibilità
Circolarità è sinonimo di rispetto, è sinonimo di sostenibilità; circolarità è prendersi cura di ciò che abbiamo attorno a noi. E questo modello di circolarità deve assolutamente entrare a far parte della nostra vita lavorativa. Perché fino ad oggi le imprese hanno lavorato con un unico obiettivo – quello di creare profitto – ma ormai ci siamo accorti, attraverso la ricerca e l’esperienza, che il mercato e le persone ci stanno chiedendo qualcosa in più. Non vogliono comprare prodotti o servizi da aziende che sfruttano gli altri e che cercano di fare profitto, ma vogliono comprare servizi, prodotti da aziende che riescono in qualche modo a conciliare i concetti di rispetto delle persone e rispetto del pianeta. Certo, creando profitti, creando valore, perché tutti noi ne abbiamo bisogno.
Solamente se riusciremo a realizzare questo obiettivo e a far sì che questo modello economico si sviluppi, riusciremo a costruire delle aziende che prospereranno nel futuro, che avranno successo e soprattutto tutti quanti insieme riusciremo a costruire un futuro migliore. LifeGate si occupa fondamentalmente di questo. Dal 2000 ci occupiamo, attraverso un network di comunicazione, di sensibilizzare e di aiutare le persone a capire quali sono i concetti di sostenibilità e a farli entrare nella loro vita quotidiana. Dall’altra parte aiutiamo le aziende a diventare più sostenibili.
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