Il parlamento di Israele ha votato per cancellare il diritto di veto della Corte Suprema sulle leggi dell’esecutivo. Migliaia di persone sono tornate in piazza.
La riforma della giustizia di Israele da mesi è al centro di contestazioni perché simbolo di una svolta autoritaria.
Il parlamento ha approvato un primo pacchetto che limita di molto i poteri dei giudici della Corte Suprema.
Nel paese sono scoppiate nuove proteste contro il governo e anche l’esercito ha alzato la contestazione.
Il parlamento di Israele ha approvato una prima parte della riforma della giustizia, da mesi al centro di profonde contestazioni. La riforma è un pilastro del programma del governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu e si pone l’obiettivo di limitare i poteri della Corte Suprema per lasciare mano libera all’esecutivo. Da mesi larghe fette della popolazione scendono in piazza contro il progetto legislativo, accusandolo di imprimere una svolta autoritaria al paese. Anche una parte dell’esercito e della politica hanno fatto sentire la propria voce contro la riforma, che però ora ha ottenuto il via libera dal parlamento nella parte in cui impedisce una sorta di diritto di veto alla Corte suprema sulle leggi considerate inappropriate.
La riforma della giustizia di Israele
Il progetto di riforma della giustizia israeliana è stato presentato all’inizio del 2023. La sua approvazione è una delle priorità del nuovo governo Netanyahu, insediatosi negli ultimi giorni del 2022 e considerato l’esecutivo più estremista di destra della storia del paese.
La riforma gira intorno al ruolo della Corte suprema. In Israele non esiste una Costituzione ma solo delle Leggi fondamentali, il parlamento è inoltre composto da una sola camera e il presidente non ha il potere di bloccare le leggi. Mancano quindi dei paletti strutturati all’attività dell’esecutivo e a rimediare ci ha pensato storicamente proprio la Corte suprema, che ha diritto di veto su ogni norma. Per farlo basta invocare una “clausola di ragionevolezza”, che scatta e annulla in automatico una legge quando essa viene considerata inappropriata. La riforma della giustizia vuole cancellare questo potere dei giudici supremi.
Israel's parliament ratified an amendment limiting the Supreme Court's powers to void some government decisions if it deemed them ‘unreasonable’ amid protests both inside the Knesset and on the streets over the divisive law https://t.co/XN9oX4Mj1lpic.twitter.com/tTNHOEkdGa
Il progetto di riforma di giustizia di Israele prevede anche un innalzamento della quota di membri eletti direttamente dal governo della commissione incaricata di nominare i giudici della Corte suprema. Oggi sono quattro su nove, quindi la minoranza, l’obiettivo è arrivare a otto su 11. Infine si vuole attribuire al parlamento monocamerale il potere di bloccare le sentenze della Corte, dando così ai deputati, dunque alla maggioranza che esprime il governo, l’ultima parola sui giudici.
L’approvazione del parlamento
Da mesi in Israele vanno avanti le proteste di larghe fette della popolazione, di comparti dell’esercito e della stessa politica contro una riforma della giustizia definita autoritaria. Al centro delle contestazioni non c’è solo l’accentramento del potere nelle mani dell’esecutivo prospettato dalla riforma, ma anche il fatto che si tratterebbe di una legge ad personam. Netanyahu è sotto processo per frode, corruzione e abuso di potere e in molti sottolineano che la riforma della giustizia serve anche a evitargli una condanna.
Mass protests all over Israel after the first law of the judicial overhaul was passed. Here in Tel Aviv there is no room for the water cannons to try to disperse the protesters who shoot fireworks into the sky pic.twitter.com/RdQjDEK3y7
Contro la riforma si è schierato anche il presidente di Israele, Isaac Herzog, oltre che l’Onu. E perfino all’interno dell’esecutivo è nata una fronda contraria, rappresentata in particolare dal ministro della Difesa Yoav Gallant, che poi è stato licenziato. Malumori sono emersi anche nel ministero delle Finanze e tra altri membri del governo, tanto che il premier Netanyahu a fine marzo ha annunciato la sospensione dell’iter legislativo fino all’estate, per cercare di trovare un compromesso sulla riforma. Compromesso che, evidentemente, non è stato trovato.
The Biden's administration reiterated its long-standing concerns after Israel's Knesset approved the first bill of a judicial overhaul aimed at curbing the Supreme Court's powers https://t.co/a3x9XRg1DOpic.twitter.com/y7wFo9YPWB
Nella giornata del 24 luglio la Knesset, il parlamento monocamerale israeliano, ha approvato con 64 voti un primo pacchetto della riforma della giustizia, con le opposizioni che hanno lasciato l’aula in segno di protesta. Si tratta in particolare della parte che cancella la clausola di ragionevolezza della Corte Suprema, che d’ora in poi non potrà dunque più intervenire per bloccare leggi considerate inappropriate. La parte sulla nomina dei giudici da parte del governo è invece ancora lontana da trovare la maggioranza parlamentare.
Torna la tensione
Il voto sulla riforma della giustizia e l’approvazione hanno fatto riesplodere la tensione in Israele. 10 mila riservisti dell’esercito hanno minacciato le dimissioni, uno strappo tra governo e militari che è un’assoluta novità in Israele.
Migliaia di persone hanno marciato per giorni da Tel Aviv a Gerusalemme per riunirsi davanti al parlamento in occasione del voto sulla riforma e far sentire la propria voce contraria. Sono state bloccate strade e autostrade, mentre diversi negozi hanno abbassato le serrande in segno di protesta contro il governo. La polizia ha represso con la violenza le proteste, usando i cannoni d’acqua contro i manifestanti da distanza ravvicinata. Decine di persone sono state arrestate e ci sarebbero anche diversi feriti.
“La norma approvata oggi non è affatto la fine della democrazia, bensì la realizzazione del volere dell’elettorato e dunque l’essenza stessa della democrazia”, ha dichiarato il premier Netanyahu. Ma per Israele è probabile si sia appena aperta una nuova stagione di profonde proteste.
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