L’Italia ha perso 3 milioni di giovani in 20 anni: è l’inverno demografico

I dati dell’Istat danno la cifra della denatalità nel nostro paese, ma segnalano anche l’aumento della povertà assoluta: riguarda 5,7 milioni di persone.

  • L’Istat certifica l’inverno demografico: i giovani tra i 18 e i 34 anni sono 3 milioni in meno di 20 anni fa, 5 milioni in meno del 1994.
  • Si fanno sempre meno figli perché mancano le certezze economiche e lavorative: molti giovani vanno all’estero.
  • Mentre aumenta l’occupazione, aumenta anche la povertà assoluta: in queste condizioni ci sono 5,7 milioni di persone.

In venti anni, l’Italia ha perso oltre 3 milioni di giovani tra i 18 e 34 anni, peggio che se fosse stata coinvolta in una guerra. Nulla di tutto questo: “semplicemente” l’Italia sta attraversando una fase drammatica caratterizzata dal calo significativo della popolazione giovanile: si fanno pochi figli, non c’è ricambio generazionale e chi supera i 34 anni non viene “rimpiazzato” da adolescenti pronti a diventare adulti. E tanti dei giovani che si affacciano nel mondo del lavoro, o ancora prima dell’università, spesso preferiscono andare all’estero. I dati più recenti dell’Istat, pubblicati ieri nel rapporto annuale 2024, hanno confermato un trend che però forse nessuno pensava così serio, con gravi ripercussioni sul tessuto sociale ed economico nazionale.

L’Italia non è più un paese per giovani 

Non è un paese per giovani, per citare al contrario Cormack McCarthy. L’Istituto nazionale di statistica segnala che oggi abbiamo solamente 10 milioni di giovani tra i 18 e i 34 anni, una diminuzione del 22,9 per cento della popolazione giovanile rispetto al 2002, con un calo ancora più marcato nel Sud Italia, dove si registra una perdita del 28,6 per cento. E rispetto al 1994, anno del picco, in quella fascia d’età abbiamo perso 5 milioni di persone, più di tutti gli abitanti di Roma, compresi i non residenti.

Ironia della sorte, la pubblicazione di questi dati ha coinciso con la Giornata internazionale della Famiglia, che si celebra ogni 15 maggio, e che Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni familiari, definisce per l’occasione “un potente soggetto sociale che, se messo nelle condizioni, è capace di generare benessere per tutto il Paese rilanciando natalità” ma anche “economia, coesione sociale, educazione”.

In effetti, il problema della denatalità, o dell’inverno demografico come gli studiosi definiscono l’ultimo ventennio, riflette proprio problemi sociali ed economici rilevanti: non si fanno figli per svariati motivi, soprattutto perché mancano i mezzi economici per affrontarne le spese, la stabilità, la sicurezza lavorativa.  Al punto che, nonostante i dati sull’occupazione in costante crescita, l’Istat sottolinea come sempre più giovani in quella fascia d’età preferiscano cercare opportunità all’estero piuttosto che rimanere nel proprio paese, dove le prospettive lavorative spesso non sono all’altezza delle aspettative. Come dire: mentre ci preoccupiamo della presunta “invasione” migratoria verso l’Italia, sono i nostri giovani a emigrare sempre più spesso, come diretta conseguenza delle difficoltà economiche e occupazionali nel nostro Paese. Un fenomeno che non solo impoverisce il nostro tessuto sociale, ma ha anche impatti economici negativi, come una minore forza lavoro disponibile e una ridotta capacità innovativa.

Si lavora, ma senza qualità: aumenta la povertà assoluta

Parallelamente alla diminuzione dei giovani, l’Istat ha segnalato un aumento significativo della povertà assoluta, che oggi in Italia coinvolge circa 5,7 milioni di individui. La mancanza di posti di lavoro stabili e ben retribuiti, insieme alla precarietà occupazionale e alla stagnazione dei salari, contribuiscono a questa situazione critica che colpisce soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione. La combinazione di questi dati non solo evidenzia una crisi demografica e sociale, ma mette in luce anche le disuguaglianze territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Mentre il Nord gode di condizioni più favorevoli, il Sud lotta con alti tassi di disoccupazione e un sistema produttivo debole, dice l’Istat, che tra le righe avverte: se il trend continuasse a essere questo, il futuro del Paese rischia di essere compromesso da un declino demografico e da una crisi sociale sempre più evidente.

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