Le temperature impazzite hanno conseguenze anche sull’ecosistema marino: le sardine si sono rimpicciolite, ma anche vongole e seppie sono a rischio.
In Italia crolla la produzione di olive a causa dei cambiamenti climatici
Le stime della raccolta di olive per quest’anno prevedono un calo del 57%, il peggiore degli ultimi venticinque anni.
Il 2019 potrebbe essere il peggior anno per la produzione di olio di oliva in Italia da un quarto di secolo a questa parte. Le stime, riportate dal quotidiano britannico The Guardian, prevedono una flessione del 57 per cento, causata soprattutto dai fenomeni meteorologici estremi provocati dai cambiamenti climatici, che potrebbe lasciare il Paese senza olio già ad aprile. L’allarme è stato lanciato dai gilet arancioni, il movimento di olivicoltori nato in Puglia lo scorso dicembre per chiedere maggiori tutele al settore dell’olivicultura, messo in ginocchio dal clima e dalla Xylella fastidiosa, il batterio che fa strage di olivi.
Perché gli olivi sono in pericolo
Il tutto il bacino del Mediterraneo gli olivi sono stati colpiti da eventi climatici anomali, come piogge irregolari, gelate primaverili, venti forti e siccità, in grado di influenzare la produttività delle piante e le caratteristiche organolettiche dell’olio. La tropicalizzazione del clima favorisce inoltre la diffusione della mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), una delle principali minacce per gli olivi. “Gli eventi meteorologici estremi sono la causa principale della bassa produttività – ha spiegato il professor Riccardo Valentini, direttore del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici – e sappiamo che tali anomalie saranno sempre più frequenti in futuro. Tre o quattro giorni di temperature a 40 gradi in estate, 10 giorni senza pioggia in primavera o persino un paio di giorni di freddo polare sono più significativi della media annuale per i coltivatori di olive”.
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Come cambia il Mediterraneo
Le temperature medie dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono già aumentate di 1,4 gradi sopra i livelli preindustriali, ben oltre la media globale, e le precipitazioni sono diminuite del 2,5 per cento. Gli olivi italiani sono indeboliti da siccità, inondazioni e gelate che si sono alternate negli ultimi diciotto mesi e sono pertanto più vulnerabili alle epidemie di Xylella fastidiosa. Il crollo della produzione di olio di quest’anno, secondo quanto riferito da Coldiretti, sarebbe già costato agli agricoltori circa un miliardo di euro. Anche in Portogallo e Grecia, in base alle stime della Commissione europea, i raccolti di olive subiranno un notevole calo, rispettivamente del 20 e del 42 per cento.
Extravergine a rischio?
Il problema principale non riguarderebbe tanto la diminuzione di quantità di olio prodotto quanto la sua qualità. Per essere classificato come extravergine l’olio d’oliva deve infatti rispettare determinati criteri organolettici, i quali sono influenzati dalle condizioni di crescita della pianta. “La maggior parte dell’olio d’oliva greco è considerato extravergine, ma non è certo che, col passare del tempo, continuerà ad essere così”, ha ammesso Vasilis Pyrgiotis, presidente del gruppo di lavoro per le olive del Copa Cogeca, il comitato delle organizzazioni professionali agricole dell’Unione europea. “Le olive di quest’anno, a causa degli attacchi della mosca olearia e della diffusione del fungo Gloeosporium olivarum, non sono buone come una volta – ha affermato Pyrgiotis. – È possibile che in futuro le olive greche non abbiano le caratteristiche per ricavarne olio extravergine”.
Che futuro per gli olivi
Considerato che le temperature anomale ed estreme aumenteranno in futuro, abbiamo chiesto a Zefferino Monini, presidente e amministratore delegato della storica azienda produttrice di olio extravergine di oliva Monini, come si può contrastare la perdita di olive. “Questo calo, da qualche anno, sta avvenendo ad anni alterni, si è verificato ad esempio nel 2014, 2016 e 2018, mentre negli anni intermedi la produzione di olive è stata buona – ha dichiarato Zefferino Monini. – Ci auguriamo che questa fase storica, contraddistinta dal clima tropicalizzato, sia temporanea. Per quanto riguarda l’aumento delle temperature, dall’esclusivo punto di vista degli olivi, una temperatura più elevata favorirebbe le piante, che necessitano di un clima caldo e secco. Sono le piogge violente o le piogge lievi, ma eccezionalmente persistenti, a minacciare particolarmente le olive e a creare l’ambiente adatto per la mosca olearia, che prolifera in ambienti umidi con temperature che oscillano tra i 15 e i 32 gradi. L’anno scorso i danni maggiori furono causati dalla gelata verificatasi alla fine di febbraio”.
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In varie aree del pianeta i cambiamenti climatici stanno alterando interi ecosistemi costringendo gli organismi che li abitano a spostarsi in cerca di climi più favorevoli. Abbiamo chiesto al presidente di Monini se anche gli ulivi saranno costretti a spostarsi. “Il progressivo aumento delle temperature, più che costringere gli olivi a spostarsi, potrebbe rendere idonee alla coltivazione anche regioni del centro-nord, come Emilia Romagna e basso Veneto”.
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