Migliaia di metri quadrati dedicati alla coltivazione indoor di insalate, erbe aromatiche e microgreens in un distretto che supera i limiti della vertical farming.
Produrre di più, consumando meno risorse come acqua, suolo ed energia. E produrre localmente, riducendo così l’impronta ecologica degli alimenti. È questo uno degli obiettivi del Future farming district, uno dei primi grandi siti italiani di vertical farming nato dalla collaborazione tra Zero, società tecnologica già impegnata nello sviluppo di questa tecnologia e Iseo Idro, specializzata nell’acquisizione e nella gestione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il sito sorgerà a Capriolo, alle porte di Brescia, e prevede la riqualificazione di un complesso di archeologia industriale di inizio ‘900 con una superficie di oltre 200mila metri quadrati e con un’area coperta di circa 25mila metri quadrati affacciati direttamente sull’Oglio. Un’opera imponente sia dal punto di vista tecnologico che produttivo. Con lo scopo di rendere sostenibile, energeticamente ed economicamente, l’agricoltura verticale, altrimenti definita vertical farming. Una volta completato fornirà alla grande distribuzione insalate, erbe aromatiche e microgreens, oltre a fragole e altre varietà alimentari.
Walmart said it has taken a stake in agriculture startup Plenty, becoming the first large U.S. retailer to significantly invest in indoor vertical farming. Vertical farmers say their method brings higher yields while using less water and land. https://t.co/cTfPtuQEUV
Da tempo si discute su come migliorare e rendere più sostenibile la produzione agricola. E da tempo si discute sul fatto che l’agricoltura verticale possa dare il suo contributo in questo senso. Utilizzando meno terreno, meno acqua e meno fertilizzanti, si instaura infatti un ciclo produttivo virtuoso capace di produrre maggiori quantità di alimenti a parità – o addirittura riducendo – l’impiego di risorse. Si stima infatti che la quantità di acqua utilizzata per produrre 1 kg di lattuga in campo aperto possa essere paragonata al volume di un grande freezer, mentre in una serra hi-tech la riduzione arriva al 92 per cento (un secchio). Con il vertical farming si arriverebbe ad una pentola di medie dimensioni, ovvero l’acqua contenuta nei vegetali al momento della raccolta.
Inoltre le fattorie verticali hanno una resa più elevata rispetto ai metodi tradizionali: in campo agricolo se si coltiva lattuga su 1 metro quadrato, la resa è intorno ai 3,9 kg l’anno. In serra si passa ai 41 kg, mentre in vertical farming si arriva a 20 volte la resa di un campo agricolo. Inoltre questi sistemi spesso impiegano metodi idroponici o aeroponici per coltivare colture senza suolo, riducendo ancora di più l’impiego di suolo.
I limiti del vertical farming che Zero ha superato
Ma c’è un grosso limite nell’agricoltura verticale, i consumi energetici che rischiano di annullare i benefici ambientali ed economici di tutto il sistema. Per questo motivo la società non solo ha previsto di alimentare l’intero distretto con energia idroelettrica prodotta in loco, ma di realizzare l’intero sistema, dalle materie prime fino al prodotto finito. “L’unica strada possibile è stata quella di costruirci ogni singolo pezzo, dall’hardware al software, dalle lampade led al sistema di irrigazione”, spiega a LifeGate Daniele Modesto, biologo molecolare e amministratore delegato di Zero. “La nostra è una logica di modularità spinta, per arrivare all’industrializzazione di tutti i componenti”. Ovvero l’intera tecnologia è pensata per essere assemblata come mattoncini Lego, fornendo così l’applicazione chiavi in mano. “Partiamo dall’alluminio fino ad arrivare agli scaffali dei supermercati”.
Ma come si minimizza il carbon footprint? “La vertical farm trasforma l’energia in piante. Per ridurne l’impronta è necessario ragionare a livello di distretto, partendo dal presupposto che trasportare l’energia ha un costo”, spiega Modesto. “Diventa fondamentale l’autoproduzione da fonti rinnovabili ed è per questo che abbiamo portato la vertical farm all’interno di un sito dove possiamo alimentare direttamente il sito produttivo”.
Future farming district dovrebbe entrare a pieno regime nel 2025, dopo un investimento di svariati milioni, e potrebbe diventare un grande laboratorio per l’agricoltura sostenibile, portando il nostro paese a poter competere a livello internazionale e fornendo una soluzione sostenibile, non solo a livello ambientale.
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