Italia, paese di emigrazione per la crisi e per scelta di vita

L’Italia scopre all’improvviso di essere non solo e non tanto un paese di immigrazione, quanto soprattutto di emigrazione. Il nuovo rapporto Italiani nel mondo pubblicato dalla fondazione Migrantes dipinge infatti il quadro di un’Italia sempre più diffusa, da cui negli ultimi dieci anni se ne sono andati in quasi due milioni, tanto che oggi si può dire

L’Italia scopre all’improvviso di essere non solo e non tanto un paese di immigrazione, quanto soprattutto di emigrazione. Il nuovo rapporto Italiani nel mondo pubblicato dalla fondazione Migrantes dipinge infatti il quadro di un’Italia sempre più diffusa, da cui negli ultimi dieci anni se ne sono andati in quasi due milioni, tanto che oggi si può dire che un nostro connazionale ogni dodici vive all’estero: sono 4,8 milioni gli espatriati su 60 milioni di italiani, e solo considerando chi si iscrive all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, cosa realtà molti (soprattutto coloro che vanno all’estero pensando di tornare entro sei mesi-un anno al massimo) non fanno.

Emigranti italiani a Ellis Island, l'isolotto della baia  di New York che accoglieva i migranti europei nei primi anni del '900: oggi ospita il museo dell'emigrazione italiana © GettyImages
Emigranti italiani a Ellis Island, l’isolotto della baia di New York che accoglieva i migranti europei nei primi anni del ‘900: oggi ospita il museo dell’emigrazione italiana © GettyImages

 

Una emigrazione figlia della crisi ma ambiziosa

Siamo dunque tornati indietro di un secolo, all’epopea dell’italiano con la valigia di cartone che si imbarca per le Americhe in cerca di fortuna? No, o non solo, avvisa lo  stesso direttore generale della Fondazione Migrantes, il monsignor Giancarlo Perego, provando ad allontanare facili allarmismi già strumentalizzati dalla politica. “Di certo l’emigrazione va interpretata a partire dalla crisi economica, che è grave. Ma spesso è dettata anche dalle nuove opportunità che la libera circolazione ha offerto ai giovani, o da programmi come l’Erasmus”. Lo dimostrerebbe anche il fatto che non si parte più solo dal Sud, ma anche da regioni che storicamente offrono opportunità maggiori, magari per andare in paesi economicamente non certo messi meglio dell’Italia “E’sempre più il nord a partire, Lombardia e Veneto le prime regioni, e le mete di arrivo non sono solo i Paesi europei tradizionali ma anche nuovi come la Spagna” riflette Perego: si sceglie lo stile di vita di un paese, oltre che le possibilità che dà. O, nel caso dei molti pensionati che scelgono di partire, paesi dove il costo della vita è minore e la pensione vale di più.

Perego è d’accordo con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel suo messaggio aveva detto che “i giovani italiani devono essere messi nelle condizioni di poter tornare”: l’emigrazione di una volta era una perdita di forze per il paese mentre questa, spiega il direttore generale della Migrantes, “può diventare un’opportunità se questa ricchezza di esperienze ha un ritorno e se la mobilità ci porta altri giovani in Italia che ricambiano e danno un valore aggiunto”.

Servono politiche sociali e rappresentanza

Servono però delle politiche di sostegno, dice Perego, perché “l’emigrazione chiede di valorizzare il voto all’estero (del quale da tempo si dibatte di una riforma, ndr) e la partecipazione politica, cambiare le forme classiche che non stavano accompagnando i nostri giovani e valorizzando la partecipazione a distanza”: qui il riferimento è ai Comitati degli italiani all’estero e al Consiglio generale degli italiani all’estero, nati come una sorta di “parlamentini” consultivi ma che non rappresentano più bene le nuove emigrazioni. “Dobbiamo prevenire il futuro – ammette il segretario generale del Cgie, Michele Schiavone, che risiede in Svizzera – e rafforzare i diritti di cittadinanza e della rappresentanza: i nostri emigranti con i loro valori concorrono ad arricchire le società d’insediamento e di riflesso anche il nostro paese, di cui sono ambasciatori”.

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