Una nuova norma urbanistica vieterà di usare locali adibiti ad altro uso per pregare: per gli esperti, l’obiettivo è escludere il culto musulmano.
- Con una modifica al codice del Terzo settore, il Parlamento sta per rendere illegali le circa 800 sale di preghiera informali presenti in Italia.
- La norma è stata presentata come un intervento di natura urbanistica ed edilizia, volta superare forme di abusivismo, ma è mirata esclusivamente al culto dei musulmani.
- Oggi in Italia ci sono solo 10 moschee formalmente riconosciute, a fronte di almeno 1,6 milioni di musulmani praticanti.
Niente più garage, o locali in realtà destinati ad altro uso ma utilizzati come luogo di culto, come moschee informali: presto le numerosissime comunità musulmane presenti sul territorio italiano non avranno più – o almeno, non legalmente – luoghi in cui esercitare insieme la preghiera. Per la maggioranza di centrodestra che ha voluto la norma, si tratta di un semplice intervento di tipo urbanistico. Per gli altri, invece, è un vero e proprio attacco alla libertà religiosa.
Dietro alla burocrazia, l’attacco alle moschee improvvisate
La stretta arriva dal Parlamento italiano, che ha approvato in prima lettura (per cui la legge non è ancora ufficiale) una modifica al codice del Terzo settore, che per agevolare le cosiddette associazioni di promozione sociale (Aps) consentiva loro di convertire in maniera molto più agevole, rispetto a un privato cittadino a una impresa con fini di lucro, lo scopo d’uso di un locale acquistato o affittato. Questa norma è però usata spesso dalle comunità musulmane in modo del tutto legale, che registrandosi come Aps riuscivano a convertire di fatto in moschee improvvisate, luoghi di aggregazione e preghiera, i locali presi in affitto.
La nuova norma prevede che la procedura agevolata per il cambio di destinazione d’uso, una volta approvata in via definitiva, non si applichi alle sedi e ai locali utilizzati esclusivamente per attività di culto che “non rispettino gli standard di sicurezza e accessibilità”. Questo significa che non sarà più possibile utilizzare spazi non conformi, come garage o magazzini, per le preghiere o altre attività religiose.
In effetti, la questione tocca anche punti sensibili relativi alla compatibilità urbanistica e all’impatto sul tessuto urbano circostante: la legge mira tecnicamente a regolamentare l’uso degli spazi urbani e a prevenire situazioni di abusivismo, ma a partire dal mondo in cui è scritta, la proposta di legge solleva anche interrogativi sul diritto alla libertà di culto e sull’integrazione delle comunità religiose nelle città. Il testo infatti sembra prendersela esclusivamente con le comunità musulmane, citate apertamente, mentre semmai avrebbe dovuto essere rivolto a tutti i culti, oppure a nessuno in particolare. Anche i toni sono piuttosto forti, quasi violenti, più da comizio che da documento ufficiale, come in questo passaggio:
“la legge era nata per aiutare circoli culturali e associazioni sportive dilettantistiche o culturali ad essere riconosciute e procurarsi una sede senza eccessivi aggravi burocratici; ma, invece, è diventata ben presto il grimaldello utilizzato dalle comunità islamiche per insediarsi nel territorio italiano creando moschee e madrasse nella completa indifferenza delle istituzioni, in spregio alla legge e nella sostanziale impossibilità a intervenire da parte delle Forze dell’ordine”.
Urbanistica o islamofobia?
Fatto sta che dopo una lunga premessa, il testo approvato alla Camera conclude proponendo che le agevolazioni destinate alle Aps “non si applicano alle associazioni di promozione sociale che svolgono, anche occasionalmente, attività di culto di confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato non sono regolati sulla base di intese”. E anche in questo caso si apre alla discriminazione: a oggi, l’unica confessione religiosa i cui rapporti con l’Italia non sono regolati da un’intesa è quella musulmana.
“Questa proposta non ha nulla di nuovo”, spiega a LifeGate Francesco Chiodelli, docente di geografia economico-politica all’Università di Torino e autore del libro Cemento armato, “ma se la legge dovesse essere approvata si tratterebbe di un salto di scala non indifferente. Lo stratagemma delle Aps era quello che ha permesso finora ai luoghi di culto islamico informali di persistere in qualche forma di legalità. Non si può decontestualizzare questa proposta di legge, nel senso che se uno conosce la storia dei gruppi islamici in Italia sa che il motivo per cui i gruppi islamici devono ricorrere a questa scappatoia è che gli stessi partiti che propongono questa norma hanno fatto di tutto, sia a livello regionale sia a livello locale – e talvolta anche a livello nazionale – per impedire la proliferazione di luogo di culto formali. Quindi questo è l’escamotage che i musulmani in Italia hanno trovato per esercitare un diritto al culto che è un diritto costituzionale”.
Costituzione che all’articolo 19 prevede che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. Difficile, però, quando a fronte di circa 1,6 milioni di musulmani presenti in Italia, sono a oggi solamente 10 le moschee ufficialmente riconosciute nel nostro Paese ( a Colle Val d’Elsa in Toscana, ad Albenga in Liguria, a Milano, a Roma, a Torino, a Ravenna e Forlì in Emilia Romagna a Palermo e due a Catania) a fronte di circa 800 ‘sale di preghiera’ informali – che sono anche luoghi di aggregazione che favoriscono la creazione di un tessuto sociale e – che da oggi sono ufficialmente a rischio.
“L’obiettivo della legge”, conclude Chiodelli “è quello di impedire che le moschee vengano costruite. Se passasse, ci sono due effetti di cui tenere conto: il primo è che i luoghi di preghiera informali continuerebbero a esistere, perché non si può impedire a un gruppo di pregare, ma intanto il processo si farebbe più discriminatorio di quanto non sia già, più violento, accentuandone ancora di più la precarizzazione. Ma si potrebbe venire a creare anche un effetto paradossale: la legge potrebbe finalmente obbligare i politici locali, sbloccando le pratiche di costruzione di moschee riconosciute e permetterne quindi la costruzione a norma di legge. Ciò dimostra che tale proposta di legge è semplicemente l’espressione di una islamofobia strisciante, un modo elettorale per opporsi a una responsabilità che prima o poi va assunta, come hanno fatto tanti altri paesi europei, dove i musulmani sono presenti in quote simili a quelle dell’Italia. Come si permette la costruzione di sinagoghe per gli ebrei o di una chiesa di Scientology, così dobbiamo permettere ai musulmani la costruzione di luoghi formali”.
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