Tramite la controllata pubblica Sace, l’Italia continua a finanziare progetti di estrazioni di fonti fossili all’estero, nonostante gli impegni climatici adottati durante la Cop26 di Glasgow.
Messi insieme, questi progetti produrranno più di 3 volte la quantità annuale di emissioni di CO2 della stessa Italia.
A livello globale, l’Italia è il sesto finanziatore di combustibili fossili, più di Russia e Arabia Saudita.
Nonostante l’Italia si sia impegnata a fermare i progetti di estrazione dei combustibili fossili entro la fine del 2022, una nuova analisi di Oil Change International mostra quanto il governo italiano continui a finanziare attivamente enormi progetti internazionali legati a gas e petrolio, in particolare tramite la controllata statale Sace.
Presi tutti insieme, questi progetti produrranno 3,5 volte la quantità annuale di emissioni di CO2 dell’Italia: in questo modo, l’agenzia pubblica di export credit Sace, controllata dal ministero dell’economia, può essere considerata uno dei più grandi finanziatori di fonti fossili al mondo.
Nello specifico, nel periodo 2019-2021, l’Italia, proprio per mezzo della Sace, ha fornito 2,8 miliardi di dollari l’anno alle attività di estrazione di fonti non rinnovabili, diventando così il sesto finanziatore al mondo di combustibili fossili, davanti a Russia e Arabia Saudita e dietro solo a Giappone, Canada, Corea del Sud, Cina e Stati Uniti.
Tali progetti causeranno l’aggiunta di 1,2 gigatonnellate di CO2
Al termine della Cop26 di Glasgow, 39 paesi – tra cui l’Italia – più vari istituti finanziari hanno firmato il Glasgow statement, che impegna i firmatari a “porre fine al sostegno pubblico diretto verso nuovi progetti del settore energetico internazionale nel campo dei combustibili fossili entro la fine del 2022, salvo circostanze limitate e chiaramente definite coerenti con il limite di riscaldamento di 1,5 gradi e con gli obiettivi dell’accordo di Parigi”.
Un crescente numero di nazioni – tra cui Regno Unito, Francia, Danimarca, Svezia e Finlandia – hanno adottato nuove politiche per onorare tale impegno, stoppando in tempo per la fine dell’anno i finanziamenti pubblici verso le fonti fossili. L’Italia – che invece non ha ancora ratificato l’accordo di Glasgow – invece continua a finanziare l’estrazione di gas in Turchia, di gas liquefatto (Gnl) nel bacino di Rovuma in Mozambico (dov’è coinvolta anche Eni) e nei progetti offshore di lavorazione del gas in Brasile.
Se Sace continuerà a sostenere tali progetti, aggiungerà 1,2 gigatonnellate di CO2 in atmosfera, tre volte e mezzo la quantità di CO2 prodotta dall’Italia in un anno. A dirla tutta si tratta di un dato sottostimato, in quanto Sace non è tenuta a pubblicare informazioni sui progetti che intende sostenere. Per esempio, non sono incluse le emissioni che verranno prodotte dall’espansione di due grandi raffinerie asiatiche, le quali beneficieranno anche del sostegno economico di Sace: parliamo della raffineria di Balikpapan in Indonesia e il progetto di importazione di Gnl della Petrovietnam. Non è possibile calcolare la quantità di emissioni a causa della carenza di informazioni, pertanto le emissioni prodotte dai progetti sostenuti con soldi pubblici italiani potranno rivelarsi assai maggiori.
L’Italia agisce in netto contrasto con gli obiettivi climatici
Sace ha una lunga storia ricca di finanziamenti verso progetti devastanti per l’ambiente: nel 2020, l’agenzia italiana ha finanziato il progetto di estrazione di Gnl della Total in Mozambico, dove le infrastrutture del gas hanno esacerbato il conflitto nella regione di Cabo Delgado causando lo sfollamento di mezzo milione di persone e la morte di migliaia di mozambicani.
Sace è stata anche tra i maggiori sostenitori dell’estrazione russa di petrolio e gas negli ultimi anni, contribuendo ad arricchire il paese mentre si preparava a invadere l’Ucraina. All’inizio di novembre, è stato rivelato che l’Italia ha anche tentato di annacquare il livello di ambizione di un’iniziativa europea promossa durante la Cop26, la Export finance for future, e alla quale l’Italia aveva aderito per porre fine al sostegno finanziario dell’esportazione di combustibili fossili.
Considerando il sostegno a questi progetti, quindi, il governo italiano sta agendo in netto contrasto con gli obiettivi climatici: gli scenari previsti dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) e dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) dimostrano che è necessario bloccare qualunque nuovo progetto di estrazione di combustibili fossili se vogliamo mantenere una probabilità del 50 per cento di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Al netto dei discorsi, dunque, l’Italia è chiamata a dare un segnale concreto in termini di obiettivi climatici.
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