Non è tempo per lo ius scholae, bocciata l’idea di cittadinanza ai minori stranieri

La proposta per la cittadinanza ai minori con background migratorio che hanno frequentato la scuola in Italia e su cui la politica ha tanto discusso in estate non è stata approvata dal parlamento.

  • Dopo un’estate intera a parlare di ius scholae, il parlamento ha bocciato il diritto alla cittadinanza dopo un ciclo di studi di 10 anni.
  • In passato, in Senato si era arenato una proposta di legge basata sullo ius soli, che concedeva la cittadinanza a chi nasce sul territorio italiano.
  • Al momento rimane attiva una campagna referendaria per modificare l’attuale legge, basata sullo ius sanguinis.

Nessuna novità su fronte del diritto alla cittadinanza per i minori stranieri. Potrebbe sembrare una non-notizia, in realtà lo è visto che il dibattito politico italiano nell’ultimo mese si è concentrato moltissimo sullo ius scholae, ovvero la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana per i minori con background migratorio nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano completato un ciclo scolastico di dieci anni in Italia, anche con l’apertura di uno dei partiti della maggioranza, Forza Italia.

Perché si è parlato tanto di ius scholae 

Tuttavia, la Camera dei deputati ha respinto tutti gli emendamenti proposti dalle opposizioni nel disegno di legge Sicurezza, attualmente all’esame del parlamento, che puntavano proprio a introdurre lo ius scholae. E  Forza Italia, dopo le belle parole dell’estate, alla fine ha votato contro gli emendamenti, annunciando che piuttosto presenterà una propria proposta di legge. “Il tema è troppo importante per essere affrontato con un emendamento a un decreto che tratta di altro” ha detto Paolo Emilio Russo, il deputato forzista che più di tutti aveva aperto allo ius scholae.

Vero, da una parte: peccato però che questa soluzione avrebbe potuto porre rimedio in maniera immediata al problema di oltre un milione di minori senza cittadinanza, e che subito dopo la Camera ha votato contro la richiesta di un altro gruppo parlamentare (il Movimento 5 Stelle) di discutere con procedura d’urgenza una proposta di legge di riforma della cittadinanza, sempre sullo ius scholae, già presentata alle Camere. Adesso se ne parlerà non prima del prossimo mese di novembre.

In principio fu lo ius soli

Ius soli, ius scholae e derivati: c’è ancora da aspettare / twitter

Il dibattito sulla cittadinanza per i minori stranieri non è nuovo in Italia. Già in passato, si è tentato di introdurre lo ius soli, un principio che concede la cittadinanza a chi nasce sul territorio italiano: quello che avviene per esempio negli Stati Uniti. Nel 2015, la Camera dei Deputati aveva approvato una legge che prevedeva lo ius soli temperato (che era stato riproposto come emendamento al ddl Sicurezza, ma anch’esso è stato bocciato) e lo ius culturae, ma il testo non è mai passato al Senato. La proposta prevedeva che un bambino nato in Italia da genitori stranieri potesse ottenere la cittadinanza se almeno uno dei genitori risiedeva legalmente in Italia da almeno cinque anni (oggi sono dieci, ma prima è il genitore a dover assumere la cittadinanza italiana), o alternativamente se avesse frequentato uno o più cicli scolastici per almeno cinque anni.

Come funziona oggi la cittadinanza per i minori stranieri

Attualmente, il diritto alla cittadinanza per i minori stranieri in Italia è regolato principalmente dallo ius sanguinis. Questo significa che un bambino nato in Italia da genitori stranieri non ottiene automaticamente la cittadinanza italiana: può richiederla al compimento dei 18 anni, a condizione di aver risieduto legalmente e ininterrottamente in Italia fino a quel momento. La procedura richiede la presentazione di una domanda formale e la dimostrazione della residenza continuativa, che può essere provata con vari documenti come certificati di iscrizione anagrafica e scolastica. Regole che, molto spesso, si traducono in un vero percorso a ostacoli: non sempre, infatti, è semplice dimostrare di aver risieduto legalmente in Italia, essendo ciò strettamente legato allo status dei genitori. In molti casi, inoltre, è necessario tornare nel proprio paese di origine (magari in guerra, con tutte le difficoltà del caso) per recuperare i certificati di necessari.

Secondo i dati del ministero dell’Istruzione e del merito, sono tantissimi gli alunni e le alunne con background migratorio che ogni giorno frequentano le scuole italiane: 914.860 studenti con cittadinanza non italiana nello scorso anno scolastico, pari all’11,2 per cento della popolazione scolastica. Solo il 15,5 per cento delle scuole italiane non registra la presenza di alunni di origine straniera.

Cosa può fare, e cosa no, un minore senza cittadinanza 

I minori stranieri hanno diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria, indipendentemente dal loro status di cittadinanza, ma rimangono penalizzati in molti altri casi: non possono ad esempio partecipare a diversi concorsi, ad esempio quelli per le forze dell’ordine che sono aperti anche a chi ha 16 anni, oppure non possono partecipare a iniziative scolastiche come le gite all’estero, proprio perché privi di un passaporto italiano. Per lo stesso motivo, ovviamente, se sportivi di livello non possono rappresentare la nazionale italiana (non a caso ciclicamente il dibattito si riaccende in occasioni di eventi sportivi come le Olimpiadi).

In attesa dei tempi lunghi del parlamento, l’altra via attualmente aperta per una riforma della legge sulla cittadinanza passa per una campagna referendaria promossa da numerose realtà, che chiede che l’Italia si allinei alle norme sulla cittadinanza dei grandi Paesi europei: dopo 5 anni di permanenza legale in Italia (oggi sono 10), si potrà richiedere la cittadinanza italiana e trasmetterla alle proprie figlie e ai propri figli minorenni.

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