Un gruppo di studenti universitari ha raggiunto la città di Kaifeng l’8 novembre dopo cinque ore di viaggio in sella a biciclette in sharing
Ivan Zaytsev. Per essere felici bisogna rimboccarsi le maniche
Ivan Zaytsev, soprannominato lo Zar, è il capitano della nostra nazionale di pallavolo. Cresciuto da un padre intransigente, con i suoi figli è dolcissimo e da membro del Toyota team dimostrerà loro che “nulla è impossibile: basta un pizzico di coraggio”.
“Di fronte alle difficoltà mi sono sempre rimboccato le maniche. Mi concentro su ciò che è in mio potere fare per cambiare il momento negativo”.
Sembra improbabile che quel ragazzo di due metri dagli occhi di ghiaccio, i lineamenti duri, i muscoli che si intravedono sotto la t-shirt, possa trovarsi in difficoltà. Uno che crede che la battaglia sia “un eterno presente in cui non c’è spazio per i pensieri e le emozioni, ma solo per le lame che cozzano l’una contro l’altra e per l’odore del sangue”. Uno che è in grado di lanciare una palla da volley a quasi 130 chilometri orari, stabilendo il record della battuta più potente mai registrata in un torneo olimpico. Eppure Ivan Zaytsev ammette le sue debolezze. Ma ci insegna a superarle come fanno i guerrieri come lui: giocando in attacco, e non in difesa.
L’infanzia e la carriera sportiva dello Zar
L’infanzia dello Zar – questo è il soprannome del capitano della nazionale di pallavolo – non è stata semplice. Nato a Spoleto, ha viaggiato parecchio per seguire l’attività sportiva del padre, il campione sovietico Vjačeslav Zajcev, considerato uno dei più forti palleggiatori degli anni Settanta e Ottanta. Un uomo che, invece di lasciarsi scivolare di dosso la prepotenza sotto la doccia negli spogliatoi, la portava a casa con sé, costringendo il figlio ad allenamenti così duri da sfinirlo.
Leggi anche:
- Filippo Tortu. Il segreto è vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, e non smettere mai di riempirlo
- Arianna Fontana. Senza allenamento non posso essere la più forte sul ghiaccio, ma neanche nella vita
La famiglia si è trasferita in Italia nel 1998, quando Zaytsev aveva dieci anni. “Anche se quando sono arrivato non parlavo una parola di italiano, ambientarsi è stata la cosa più naturale del mondo. Ero a casa”, racconta. Ed è proprio in Italia che, nel 2001, ha esordito nelle giovanili del Sir safety Perugia per poi entrare a far parte della prima squadra a soli sedici anni. Nel 2008, quando ha ottenuto la cittadinanza italiana, è stato convocato in nazionale con cui ci ha regalato uno splendido argento alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Ora gioca nel Modena nel ruolo di opposto: l’anno scorso la squadra si è aggiudicata la Supercoppa.
L’amore per la moglie Ashling e per i figli Sasha e Sienna
Anche se ha vinto più volte il titolo di miglior schiacciatore, Zaytsev non si sente un uomo da record. “Il mio è uno sport di squadra, ma essere ogni tanto il migliore non è che mi dispiaccia…”, ride. Poi torna serio: “Io cerco solo di migliorarmi giorno dopo giorno e dare sempre il massimo. Sono gli altri ad avermi fatto diventare ‘Zar del volley’, quelli che vedono in me un modello e la cosa non può che farmi piacere”.
Mia. Come sono diventato lo Zar fra pallavolo e beach volley, amore e guerre è il titolo della sua biografia. In quelle pagine ci sono l’odore della fatica e il sapore del successo, ma c’è anche lo Zaytsev che a bordo campo, quasi furtivamente, scocca un tenero bacio alla moglie, che cucina al piccolo Sasha “l’amatriciana del papà” e posta su Instagram il sorriso – identico al suo – della secondogenita, Sienna.
Zaytsev è ambassador del progetto Start your impossible di Toyota
Scopriamo che tiene al benessere dei bambini di tutto il mondo. “Non sopporto l’idea che in alcuni paesi muoiano di fame”, racconta. Per questo è ambasciatore del World food programme. Ma ancora non gli basta, quindi si è lanciato in un nuovo progetto entrando a far parte del Toyota team, formato da atleti italiani appartenenti a varie discipline olimpiche e paralimpiche con l’obiettivo di promuovere, attraverso gli ideali dello sport, una società libera da discriminazioni.
“Mi sento molto onorato e fortunato ad essere membro di questa squadra con cui condivido i valori fondamentali. Cercherò sempre di essere un atleta corretto e di dare il massimo, perché nulla è impossibile se si parte con motivazione, dedizione e coraggio”. Ed è proprio questo il significato di Start your impossible. Tutti hanno paura, anche lo Zar. E non se ne vergogna. Però guarda oltre: questa è la chiave per la vittoria.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
Arianna Fontana. Senza allenamento non posso essere la più forte sul ghiaccio, ma neanche nella vita
Arianna Fontana è la pattinatrice più medagliata di sempre nella disciplina olimpica dello short track. Ad anni di distanza dai pomeriggi trascorsi sul ghiaccio col fratello, ha capito che nella vita nulla è impossibile.
Più di cento calciatrici hanno inviato una lettera alla Fifa per chiedere di interrompere la sponsorizzazione con la Saudi Aramco
Da questo autunno 7.000 nuovi studenti di San Diego sosterranno corsi che includono una quota di tematiche riservate al clima.
Dopo la non convalida dei trattenimenti dei 12 migranti di Egitto e Bangladesh, l’elenco dei Paesi sicuri viene definito per legge.
La “liana delle anime” è un decotto della medicina indigena dell’Amazzonia che può alterare lo stato psichico di chi la assume, e per questo affascina milioni di persone nel mondo.
Tra le 1.757 barche iscritte alla Barcolana di Trieste, la regata più partecipata del mondo, ce n’era una che gareggiava per Emergency.
Presente al corteo l’attivista svedese ha detto: “Non puoi dire di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli emarginati”.