“Ormai è troppo tardi, davvero troppo tardi per salvare il Pianeta nelle forme in cui lo conosciamo”. Era il 2009 e lo scienziato britannico James Lovelock – morto il 26 luglio in Inghilterra – suscitava polemiche lanciando la sua teoria apocalittica sulla crisi climatica. In occasione della quindicesima Conferenza mondiale sul clima della Nazioni Unite, la Cop 15 che si tenne a Copenaghen, in Danimarca, lo studioso aveva aggiunto: “Siate pronti al cambiamento, adattatevi. E preparatevi ad enormi perdite umane”.
All’epoca, la sua era una posizione minoritaria nella comunità scientifica, ma che via via si è fatta strada, di fronte ai fallimenti dei governi nell’imporre politiche dall’efficacia immediata e ai dati sempre più allarmanti sul riscaldamento globale e sulle sue conseguenze.
Ma Lovelock era una celebrità tra gli scienziati già da decenni. Nato nel 1919 a Letchworth, in Inghilterra, è cresciuto tra le due Guerre mondiali a Londra, prima di lavorare per due decenni presso l’Istituto britannico per la ricerca medica. Negli anni Cinquanta inventò un apparecchio utilizzato per misurare il buco dell’ozono. Un decennio più tardi sarà assunto dalla Nasa per lavorare alla ricerca di possibile vita su Marte.
Nella sua lunga carriera ha lavorato anche a Shell e per i servizi segreti
Ma è negli anni Settanta che la sua notorietà raggiunge l’apice: fa infatti il giro del mondo la cosiddetta “Ipotesi Gaia”. Una teoria formulata da Lovelock (e criticata da altri scienziati), secondo la quale la Terra viene rappresentata come un essere vivente, capace di autoregolarsi.
James Lovelock, the British environmental scientist and creator of the Gaia theory, which hypothesizes Earth acts as a single living organism, has died at the age of 103. https://t.co/x3TbjuavPW
Nella sua lunga e variegata carriera, lo studioso inglese ha lavorato anche per la Hewlett Packard, per la compagnia petrolifera Shell e perfino per l’MI6, il servizio segreto britannico. Altra posizione controversa assunta da Lovelock è stata quella a favore del nucleare e critica nei confronti delle energie rinnovabili, che secondo lo scienziato non avrebbero un impatto sufficiente nel tentativo di limitare la crescita della temperatura media globale.
Quando Lovelock minimizzò l’impatto della pandemia rispetto al clima
Infine, in un’intervista all’agenzia Afp del 2020, Lovelock aveva minimizzato l’impatto della pandemia, sostenendo che il coronavirus “uccide soprattutto quelli della mia età, i vecchi, e ce ne sono già troppi”. Mentre la crisi climatica sarà ben peggiore. Lo stato di salute dello scienziato, che aveva 103 anni, si era aggravato di recente dopo una caduta.
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