Javier Milei sarà il nuovo presidente dell’Argentina

I cittadini dell’Argentina hanno scelto il loro nuovo presidente. È Javier Milei, economista di estrema destra, fondatore del partito La libertà avanza.

I cittadini dell’Argentina hanno scelto il loro nuovo presidente. È Javier Milei, economista di estrema destra, fondatore del partito La libertà avanza. Nel bel mezzo dell’ennesima, profondissima crisi economica, il 56 per cento degli elettori decide quindi di voltare le spalle al peronismo (il movimento politico che ha mantenuto la presidenza per 16 degli ultimi vent’anni) e di dare fiducia a un volto nuovo della politica. Un personaggio eccentrico che promette una “rivoluzione” fatta di politiche ultraliberiste.

Javier Milei stravince al ballottaggio

Presentatosi alle elezioni come outsider con pochissima esperienza in politica, al primo turno di domenica 22 ottobre Milei si era fermato al 30 per cento dei consensi contro il 36 per cento di Sergio Massa, ministro dell’Economia per l’amministrazione uscente guidata da Alberto Fernández, espressione della coalizione Unione per la patria che riunisce i partiti peronisti e kirchneristi.

Sergio Massa Argentina
Sergio Massa © Tomas Cuesta/Getty Images

Al ballottaggio di domenica 19 novembre, come alcuni sondaggi avevano previsto, la situazione si è ribaltata, con Massa che si è dovuto accontentare del 44 per cento dei voti e Milei in testa con il 56 per cento (con il 95 per cento dei voti scrutinati). Prima ancora della pubblicazione dei risultati ufficiali, Massa ha ammesso la sconfitta. Il nuovo presidente si insedierà il 10 dicembre.

Cosa promette di fare il futuro presidente dell’Argentina

“Il modello della decadenza è giunto al termine, non si torna indietro”, ha dichiarato Javier Milei dopo la vittoria. “Abbiamo di fronte a noi problemi giganteschi: l’inflazione, la mancanza di lavoro e la povertà. La situazione è critica e non c’è posto per tiepide mezze misure”. Le sue prese di posizione talvolta estreme, espresse in modo teatrale, hanno fatto presa soprattutto tra i giovani, esasperati da un paese che vive l’ennesima, profondissima crisi economica. A settembre l’inflazione si è attestata sul 12,7 per cento su base mensile e sul 138 per cento su base annuale, erodendo i salari e i risparmi e spingendo due cittadini su cinque al di sotto della soglia di povertà. La Banca centrale argentina, come reazione, a ottobre ha alzato i tassi di interesse fino al 133 per cento.

Paragonato da alcuni giornali all’ex-presidente statunitense Donald Trump e all’ex-presidente brasiliano Jair Bolsonaro, Milei si è presentato alle elezioni con un programma di rottura. Tra le sue proposte, chiudere la banca centrale, adottare il dollaro come valuta di corso legale, tagliare la spesa pubblica (motivo per cui si presentava ai comizi brandendo una motosega). Profondamente conservatrici le sue posizioni in termini di diritti civili: tra le altre cose, è contrario all’aborto e all’educazione sessuale nelle scuole. C’è da dire che, dopo il primo turno, Milei ha dovuto conquistare il sostegno (rivelatosi poi decisivo) di Mauricio Macri, conservatore, già presidente dal 2015 al 2019. E proprio la necessità di guadagnarsi il favore dei moderati l’ha portato ad ammorbidire alcune prese di posizione. Avrà ora a che fare con un Congresso molto frammentato, in cui il suo partito ha 7 seggi su 72 al Senato e 38 su 257 alla Camera, ed è quindi prevedibile che sarà costretto a scendere a compromessi.

 

Articolo pubblicato alle 07:11 e aggiornato alle 09:52.

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