Dopo tre anni, John Kerry si prepara a lasciare il ruolo di inviato speciale per il clima, istituito per lui dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
John Kerry ha annunciato la volontà di lasciare il ruolo di inviato speciale per il clima degli Stati Uniti.
La sua intenzione è quella di dedicare le proprie energie alla campagna elettorale di Joe Biden.
Dopo la Cop28 si è ritirato anche il suo omologo cinese Xie Zhenhua.
Dopo tre anni e tre Conferenze delle parti (Cop), John Kerry si prepara a lasciare il ruolo di inviato speciale per il clima degli Stati Uniti, istituito espressamente per lui dal presidente in carica Joe Biden. Stando ad alcune indiscrezioni, poi confermate, mercoledì 10 gennaio Jerry ha informato Biden della volontà di dimettersi, per poi convocare una riunione con il suo staff nella giornata di sabato. In questi giorni Kerry è atteso al World economic di Davos, in Svizzera, e poi a una riunione dell’Agenzia internazionale dell’energia in programma a febbraio a Parigi. Non ci sono ancora comunicazioni ufficiali sul suo futuro, ma appare plausibile che voglia dedicare le proprie energie alla campagna elettorale di Joe Biden per le elezioni presidenziali di novembre 2024. Al momento non è stato scelto il suo successore.
Con l'addio di John Kerry al ruolo di inviato per il clima si è chiusa un'epoca della diplomazia climatica. In pochi mesi avevano lasciato anche Frans Timmermans e Xie Zhenhua, che avevano a lungo negoziato per Unione Europea e Cina. Kerry e Timmermans sono stati risucchiati… pic.twitter.com/TB2ClNuaeR
Cosa ha fatto John Kerry da inviato speciale per il clima
Ottant’anni, già candidato del partito democratico alle elezioni presidenziali del 2004 (dove venne sconfitto da George W. Bush) e poi segretario di Stato tra il 2013 e il 2017 durante la presidenza di Barack Obama, John Kerry nell’ultimo triennio si è trovato di fronte a un compito tutt’altro che banale. Quello di restituire agli Stati Uniti un ruolo da protagonisti dell’azione per il clima dopo i clamorosi passi indietro compiuti durante la presidenza di Donald Trump; uno fra tutti, il ritiro dall’Accordo di Parigi.
Come inviato speciale per il clima degli Stati Uniti, John Kerry ha viaggiato in trentuno paesi e ha partecipato alla Cop26 di Glasgow, alla Cop27 di Sharm-el-Sheikh e alla Cop28 di Dubai. C’è anche la sua influenza, sostiene il New York Times, dietro all’obiettivo – fissato dalla Casa Bianca – di tagliare le emissioni del 50-52 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005.
Xie Zhenhua e gli altri cambi di guardia nella diplomazia climatica
Intense anche le relazioni diplomatiche tra John Kerry e Xie Zhenhua, inviato speciale per il clima della Cina. Relazioni che hanno portato i loro risultati, primo fra tutti l’accordo con cui a novembre le due potenze globali si sono impegnate congiuntamente a “proseguire gli sforzi per triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale entro il 2030”, in modo tale da “accelerare la sostituzione della produzione di carbone, petrolio e gas”. È anche vero che la Cina non si è ancora decisa ad abbandonare il carbone, il combustibile fossile più sporco e inquinante in assoluto, che tuttora fa la parte del leone nel suo mix energetico.
Anche Xie Zhenhua a dicembre 2023 ha lasciato il suo incarico, per andare in pensione. A sostituirlo sarà Liu Zhenmin, diplomatico di lungo corso, già viceministro per gli Affari esteri della Cina e sotto segretario generale del dipartimento per gli Affari economici e sociali (Desa) delle Nazioni Unite. Tra le figure di spicco dell’azione per il clima che sono uscite di scena nell’arco degli scorsi mesi c’è anche Frans Timmermans che, dopo tre anni e mezzo come vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal europeo, ha preferito candidarsi alle elezioni nei Paesi Bassi (dove è stato sconfitto dall’estrema destra). La Cop28 invece è stata la prima per l’italiano Francesco Corvaro, nominato come inviato speciale per il clima al posto di Alessandro Modiano, che aveva assunto l’incarico nel 2022.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
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