L’Alta Corte di Londra ha accolto la possibilità di ricorso di Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti, a meno che Washington non dia una serie di rassicurazioni.
L’Alta Corte di Londra ha dato il via libera all’appello di Julian Assange contro la sua sentenza di estradizione negli Stati Uniti. La sentenza arriverà il 20 maggio, a meno che gli Stati Uniti non diano rassicurazioni sulla sua prigionia nel paese che, di fatto, annullerebbero la possibilità di appello all’estradizione. Ecco perché si parla di “accoglimento parziale” del ricorso di Assange.
L’appello di Assange
Il fondatore di Wikileaks ha 18 capi d’accusa relativi allo spionaggio e rischia 175 anni di carcere negli Stati Uniti. Nel 2022 l’Alta Corte di Londra ha decretato il suo trasferimento oltreoceano, motivandolo con le rassicurazioni date dagli Stati Uniti sull’intenzione di non incarcerarlo nella loro prigione più estrema e di non sottoporlo alle misure detentive più stringenti. L’allora ministra britannica degli Interni, Priti Patel, ha formalmente approvato la sua estradizione e ad Assange è stata negata la possibilità di fare appello contro la decisione. Successivamente però il fondatore di Wikileaks ha ottenuto di poter fare ricorso contro questo rifiuto e ora è arrivata la pronuncia dei giudici.
L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sua sentenza di primo grado. Ora Assange, le cui condizioni di salute sono molto precarie, ha un’altra possibilità per evitare di finire nelle prigioni statunitensi e il 20 maggio arriverà la decisione dei giudici. A meno che gli Stati Uniti non diano garanzie sulle questioni per le quali è stato provvisoriamente concesso il ricorso in appello, che includono tra le altre cose il rischio condanna a morte. “Se non ci saranno queste garanzie ad Assange verrà concessa la facoltà di fare appello e quindi ci sarà un’udienza per l’appello”, si legge nella sentenza.
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