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La sonda Juno ruoterà attorno al gigante gassoso per circa 20 mesi, prima di precipitare nella sua atmosfera. Dentro molta tecnologia italiana.
Ci sono voluti 4 anni e 11 mesi e quasi tre miliardi di chilometri per arrivare. Ma oggi martedì 5 luglio alle ore 5:53 ora italiana (le 20.53 del 4 luglio al controllo missione in California), Juno, acronimo per Jupiter Near-polar Orbiter, è entrata nell’orbita di Giove.
Dopo aver acceso il motore per 35 minuti per ridurre la velocità a 542 metri al secondo (circa 1950 chilometri l’ora), Juno è stata catturata dalla gravità del gigante gassoso e ha rivolto le sue 18.698 celle solari verso il Sole.
“Il giorno dell’Indipendeza è sempre qualcosa da festeggiare, ma oggi possiamo aggiungere al compleanno dell’America un altro motivo per brindare”, ha detto Charlie Bolden, amministratore della Nasa. “E cosa c’è di più americano di una missione della Nasa che arriva là dove nessun veicolo spaziale è mai arrivato?”.
Aldilà dell’orgoglio dell’Agenzia spaziale, la missione è di fondamentale importanza per lo studio del più grande pianeta del sistema solare. L’obiettivo principale sarà quello di capire l’origine e l’evoluzione di Giove. Indagherà sull’esistenza solo ipotizzata di un nucleo solido, registrerà l’intensità del campo magnetico e misurare le quantità di acqua e ammoniaca nell’atmosfera profonda del pianeta, al di sotto delle nubi.
Teamwork❤️! From #Jupiter to Earth: thanks, team for guiding me into orbit. And now… SCIENCE https://t.co/4tR0S3XwyD pic.twitter.com/17Bia2UTkR
— NASA’s Juno Mission (@NASAJuno) 5 luglio 2016
Un missione unica nel suo genere, che permetterà agli scienziati di studiare e comprendere come si formano i giganti gassosi e quale sia stato il loro ruolo nella formazione del nostro sistema solare. Bagaglio scientifico che ci permetterà di studiare i sistema extrasolari.
“I due strumenti italiani a bordo del satellite Juno, realizzati dall’Asi (Agenzia spaziale italiana), rappresentano un esempio di eccellenza scientifica e tecnologica”, ha dichiarato Barbara Negri, responsabile unità osservazione dell’universo dell’Asi. “Lo strumento Jiram (Jovian infrard auroral mapper) è stato progettato per studiare la dinamica e la chimica delle aurore gioviane nel vicino infrarosso”.
Non solo, ma anche lo strumento KaT, per la misurazione di distanza e velocità realizzato da Thale Alenia Space, avrà un ruolo chiave. “Juno è una missione storica che vede ancora una volta Nasa e Asi insieme alla ricerca di informazioni fondamentali per spiegare le origini del sistema solare”, ha dichiarato il presidente Roberto Battiston. “Lo studio di Giove è anche una grande sfida scientifica e tecnologica a cui l’Italia partecipa con due strumenti all’avanguardia grazie all’Inaf e a industrie come Leonardo Finmeccanica e Thales Alenia Space”.
Ora non ci resta che attendere che i primi dati comincino ad arrivare sulla Terra.
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