Che cosa dobbiamo aspettarci (sul clima) da Kamala Harris?

Kamala Harris potrebbe raccogliere le redini di Joe Biden per le elezioni Usa 2024. Chi è e quali sono le sue idee su clima e diritti?

  • Joe Biden ha annunciato che si ritira dalla corsa alla Casa Bianca, dopo le difficoltà delle ultime settimane.
  • Il presidente ha già dato il suo sostegno alla vice Kamala Harris, che ha già raccolto altri consensi di rilievo.
  • La sua candidatura non è scontata e verrà votata alla convention del Partito Democratico del 19-22 agosto.
  • Kamala Harris ha scarsa popolarità ma le sue battaglie su clim e diritti potrebbero convincere l’elettorato.

Nel 2020 Kamala Harris era stata la prima donna non bianca a diventare vicepresidente degli Stati Uniti. Ora potrebbe stabilire un nuovo, importante primato, diventando la prima presidente donna (e non bianca) del paese.

Dopo l’annuncio del ritiro dalla corsa elettorale di Joe Biden, tutti gli occhi sono rivolti su Kamala Harris. Sarà molto probabilmente lei a prendere le redini del presidente nella sfida al repubblicano Donald Trump, per cercare di recuperare quel gap di consensi che si è ampliato dopo le recenti cadute di Biden. Diverse figure di spicco del Partito Democratico hanno già dato il loro endorsement a Kamala Harris, così come è ripartito il flusso di finanziamenti dei donatori al partito, che in parte si era interrotto per i dubbi sulla figura di Biden. Il nome di Harris sarà ufficiale solo dopo la convention del Partito Democratico di agosto, dove potrebbero esserci altri candidati. Harris in queste settimane dovrà convincere con le sue idee la base del partito e poi, eventualmente, l’elettorato statunitense.

Chi è Kamala Harris

Joe Biden ha deciso di fare un passo indietro nella corsa presidenziale e rinunciare alla sua candidatura per un eventuale secondo mandato da presidente alla Casa Bianca. L’annuncio arriva a meno di quattro mesi dal voto e dopo qualche settimana in cui il suo stato di salute era stato messo in dubbio, anche a causa delle sue pessime performance in alcuni eventi elettorali.

Da quando si è iniziata a mettere in discussione la candidatura di Joe Biden, la persona più indicata per sostituirlo è sempre stata la sua vicepresidente, Kamala Harris. Nata a Oakland, in California, nel 1954 da padre giamaicano e madre indiana, Harris si è laureata in legge all’università di Howard. È stata procuratrice distrettuale di San Francisco tra il 2004 e il 2011 ed è diventata la prima donna e la prima persona non bianca ad assumere la carica di procuratrice generale della California, dal 2011 al 2017.

Nel 2016 è diventata la seconda donna nera senatrice degli Stati Uniti, come rappresentante della California. Poi è scesa in campo per le elezioni presidenziali del 2020, ma si è ritirata prima dell’avvio delle primarie in Iowa ed è stata scelta dal vincitore Biden come vicepresidente, la prima donna non bianca nella storia del paese. 

Kamala Harris vs Donald Trump?

A poche ore dal suo annuncio di ritiro dalla corsa, Biden ha subito sottolineato che sosterrà la candidatura di Kamala Harris, che ha confermato di voler guadagnarsi e vincere la nomination. L’endorsement è arrivato subito da altre figure di spicco del Partito Democratico, come l’ex presidente Bill Clinton e sua moglie Hillary.

Anche Elizabeth Warren, candidata alle primarie del 2020, si è già schierata a favore di Harris, così come hanno fatto diversi governatori che nelle scorse settimane erano stati indicati come papabili sostituti di Joe Biden, in caso di suo ritiro, per la corsa alla Casa Bianca. Tra questi il segretario dei Trasporti Pete Buttigieg, il governatore della California Gavin Newsom e quello della Pennsylvania, Josh Shapiro. Diversi finanziatori che avevano messo in pausa il proprio flusso di denaro verso la campagna elettorale del Partito Democratico, in contestazione con la candidatura di Joe Biden, hanno ripreso a versare i propri soldi, segno di un nuovo clima di entusiasmo attorno alla figura di Harris (o al ritiro di Biden).

La candidatura di Harris non è comunque scontata. Il 19 agosto a Chicago inizierà la convention del Partito Democratico, durante la quale avviene la nomina ufficiale del candidato presidente e che avrebbe dovuto incoronare Joe Biden. Il presidente si è fatto da parte e i 4mila delegati eletti a gennaio con le primarie dovranno votare chi lo sostituirà. Ci sarà Kamala Harris, ma potrebbero esserci anche altri candidati e altre candidate, che difficilmente riusciranno a spuntarla visto il sostegno che sta già raccogliendo Harris. Ma non è detta l’ultima parola, visto che alla corsa potrebbero presentarsi alcuni governatori particolarmente popolari nel partito. E che alcune figure di rilievo, come Barack Obama, non hanno ancora dato un endorsement a Kamala Harris.

Luci e ombre di Kamala Harris

Kamala Harris non ha mai convinto il popolo americano nel suo ruolo da vicepresidente. Il suo è sempre apparso un ruolo in ombra, fin troppo, alla luce delle aspettative che parte del paese riponeva in lei, prima donna non bianca a ricoprire quel ruolo. E alcune delle speranze che erano state riposte in lei, soprattutto sul tema dell’immigrazione, sono state deluse, non necessariamente per demeriti suoi ma anche per la complessità dei dossier su cui è stata chiamata a lavorare.

Il problema di Harris sta anche nel profilo rigido e securitario tenuto nella sua carriera da procuratrice, che in parte si scontra con le battaglie civili che l’hanno contraddistinta una volta entrata in politica. Negli ultimi mesi comunque Harris ha visto salire il suo consenso tra l’elettorato progressista statunitense. Da una parte è apparsa molto determinata nella sua opposizione a Donald Trump, compensando quello che non ha fatto Biden, dall’altro si è fatta portavoce di una delle battaglie che stanno segnando la contemporaneità statunitense e che hanno un ruolo centrale nell’attuale campagna elettorale, cioè il diritto all’aborto

Le idee di Kamala Harris su diritti…

Proprio sul tema dei diritti civili è probabile che Harris ora focalizzerà la gran parte dei suoi sforzi elettorali in vista della convention del Partito Democratico prima e della eventuale corsa alla Casa Bianca poi. 

Harris è una candidata donna, non bianca, molto giovane per quella che è la storia delle presidenziali statunitensi e questi sono tutti punti di forza per il mondo progressista. Harris si è resa protagonista di importanti battaglie sociali nel corso della sua carriera, di cui quella per il diritto all’aborto è solo l’ultima. Nella sua carriera politica Harris presenta un lungo iter di sostegno ai diritti Lgbtiq+ tanto che si è già scritto che se dovesse essere eletta sarebbe “la presidente più gay-friendly della storia degli Stati Uniti”. Sul tema sociale, il suo profilo non l’ha trasformata in un’icona del movimento Black Lives Matter come si poteva pensare, anche a causa del suo passato intransigente da procuratrice, ma il suo attivismo contro razzismo, discriminazioni e diseguaglianze sociali è stato sicuramente degno di nota, con prese di posizione contro la pena di morte e altre forme di condanne che colpiscono soprattutto la minoranza afroamericana, e misure come il Justice in Policing Act sulla lotta agli abusi di polizia.

…e crisi climatica

L’attuale vicepresidente ha un visione molto ambiziosa anche sul tema della lotta contro i cambiamenti climatici e in questi anni si è fatta promotrice di tassazioni più imponenti sulle emissioni di anidride carbonica, ha chiesto di mettere più risorse a budget per il clima chiedendo 10 trilioni di dollari di stanziamenti pubblici e privati e, a margine della Cop28, un fondo climatico ad hoc per i paesi in via di sviluppo da tre miliardi di dollari e si è opposta al fracking negli Stati Uniti. Tra le sue prese di posizione a livello internazionale, spicca il suo appello di marzo per un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza, la presa di posizione più netta presa fino a quel momento da un esponente dell’amministrazione Biden.

Se nella sua corsa alle primarie democratiche del 2020 Kamala Harris aveva assunto un ruolo moderato e questo scarso posizionamento non aveva pagato, è probabile che ora la vicepresidente sfrutti la sua scarsa popolarità e conoscenza da parte dell’elettorato americano per presentarsi in una nuova veste più progressista e radicale, con le battaglie civili, sociali e climatiche al centro della sua agenda. Un modo per attirare i più giovani, le minoranze ma anche l’elettorato femminile, che potrebbe vedere la fine di quasi due secoli e mezzo di rappresentanza presidenziale maschile. 

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