Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Kamut: riscoperta l’anima della terra
Quando T. Mack Quinn, un contadino del Montana, nel 1977 vide in un mercatino una giara piena di “Grano di Re Tut”, qualche ricordo gli riaffiorò in mente: aveva visto da piccolo, o forse gli avevano raccontato, di un grano “gigante” che qualche decennio prima era stato esposto alla fiera agricola di paese. Si diceva
Quando T. Mack Quinn, un contadino del Montana, nel 1977 vide in un
mercatino una giara piena di “Grano di Re Tut”, qualche ricordo gli
riaffiorò in mente: aveva visto da piccolo, o forse gli
avevano raccontato, di un grano “gigante” che qualche decennio
prima era stato esposto alla fiera agricola di paese. Si diceva
fosse un grano “proveniente dall’antico Egitto”, una manciata del
quale un pilota americano aveva raccolto da uno scrigno di pietra
in una tomba egizia vicino a Dashar e spedita in una busta a un
amico nella lontana America…
Quinn padre chiese al figlio Bob, un agronomo e biochimico
vegetale, di vedere un po’ cosa fosse questo grano; e presto padre
e figlio capirono il valore inestimabile di quei pochi semini
rimasti.
Il decennio successivo trascorse tra esperimenti, semine di
propagazione e raccolti. I Quinn selezionarono il chicco fino a
ottenerne un certificato di protezione della varietà. Il
redivivo cereale è stato infine registrato nel 1990 al
Ministero dell’Agricoltura USA con il nome di “QK 77”, così
come fu registrato il nome commerciale di “Kamut”, antica parola
egiziana per “grano”: gli egittologi dicono che il significato
originario di Kamut è “anima della terra”.
Il chicco di kamut è grande tre volte quello del grano. Ha
un basso contenuto di umidità, che è una
peculiarità delle graminacee delle terre aride:
caratteristica che protegge la pianta dagli insetti e dal
deterioramento naturale. È ricco di elementi nutritivi
(fosforo, calcio, magnesio e tiamina). Oggi lo si trova sotto forma
di chicchi, farina, cous cous, bulgur, gallette, pasta, fiocchi, e
crema. Ha un ottimo sapore di burro, è facile da digerire, e
per il basso contenuto di glutine dà pochissime allergie.
Favorisce lo smaltimento delle tossine e combatte artriti, anemia,
diabete, acne e disturbi di stomaco. Si può abbinare alla
frutta secca, cereali, formaggi freschi o stagionati, radicchio,
spinaci, legumi. Ottime le insalate di kamut con germogli e
peperoni, o con carote e pomodori. Si raccomanda di lavare bene i
chicchi, lasciarli in ammollo per una nottata, e poi bollirli.
Ma forse il pregio di più grande valore di questa “nuova”
varietà risiede nella sua… forza. È
un’importantissima risorsa per l’agricoltura sana e sostenibile. La
capacità di questo grano di produrre frutti d’alta
qualità senza fertilizzanti artificiali né pesticidi
fa del kamut il ‘principe’ (se non il ‘re’) dei cereali per
l’agricoltura biologica!
Francesca Colosi
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