
In un nuovo decreto previsti limiti più stringenti per queste molecole chimiche eterne, ma ancora superiori a quelle indicate dalle agenzie ambientali.
Il presidente di Kasm scrive una lettera aperta, un appello agli amanti degli oceani di tutto il mondo per unirsi alla lotta contro la distruzione dell’ecosistema marino in Nuova Zelanda.
Se siete pescatori, surfisti, velisti, subacquei o se semplicemente comprate pesce al mercato locale. Se siete persone che passano le giornate d’estate sulla spiaggia con la propria famiglia o camminate lungo la costa, godendo di un buon pranzo all’aria aperta guardando il mare. Se siete persone in connessione con l’oceano e la vostra vita dipende, almeno in parte, da quest’area. Cosa fareste nel momento in cui l’area marina che amate, per cui avete dedicato la vostra vita, fosse a rischio degrado?
Cosa fareste se vi dicessero di voler iniziare a estrarre 50 milioni di tonnellate di sedimenti dai fondali marini per i prossimi 20 o 35 anni? Di voler estrarre 8mila tonnellate di materiali all’ora, 24 ore al giorno, sette giorni su sette? Di voler accaparrarsi il 10 per cento di quanto estratto ributtando il restante 90 per cento nell’ambiente sottomarino attraverso condutture che provocano la morte dei coralli, creando un polverone di detriti devastante?
Come se non bastasse, i materiali preziosi estratti non verrebbero portati sulle coste per essere trattati, creando posti di lavoro, ma verrebbero semplicemente trasferiti sul mercato internazionale facendo incassare enormi quantità di denaro a imprenditori già smisuratamente ricchi.
Quali emozioni provereste? Cosa fareste? Un gruppo di comunità costiere sta affrontando proprio questo in Nuova Zelanda, lungo la costa occidentale dell’Isola del Nord, e ha bisogno di aiuto. Un’azienda ha fatto richiesta per scavare un’area di 65 chilometri quadrati a 20 chilometri dalla costa. L’Autorità per la protezione ambientale neozelandese ha già iniziato la procedura di accettazione. Due anni fa questa azienda si era già vista rifiutare la stessa richiesta, nello stesso luogo, perché non c’erano abbastanza garanzie per l’ambiente. Ma l’azienda è tornata all’arrembaggio e le comunità si trovano a doverla affrontare ancora una volta.
Kiwis against seabed mining (Kasm), organizzazione neozelandese di volontari fondata nel 2005 per lottare contro le attività estrattive nei fondali marini, ha riunito le comunità amanti dell’oceano per unirsi all’appello per fermare la distruzione del loro ambiente marino che ospita un’incredibile biodiversità, come i delfini di Maui (specie in via d’estinzione) e le balenottere azzurre. L’organizzazione, tra le altre cose, si era già opposta a due richieste per attività estrattive e aveva vinto.
La Nuova Zelanda è un paese che attira l’attenzione della comunità internazionale per la sua leadership nella gestione dell’ambiente. Il governo attuale, però, ha perso di vista i valori antichi della popolazione della nazione del Pacifico meridionale e sta supportando attività sperimentali e distruttive contro l’opinione popolare.
Chiunque può sostenere la causa in qualsiasi parte del mondo si trovi. Farlo al di fuori della Nuova Zelanda significa parlare per conto della comunità internazionale e considerare il paese responsabile delle sue decisioni. Significa anche mandare un messaggio alla crescente industria estrattiva dei fondali marini che l’attenzione è puntata su di loro e che noi, amanti dell’oceano, non staremo a guardare in silenzio mentre programmano di devastare gli oceani di tutto il mondo.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
In un nuovo decreto previsti limiti più stringenti per queste molecole chimiche eterne, ma ancora superiori a quelle indicate dalle agenzie ambientali.
Conrad Colman, giovane navigatore neozelandese, vuole diventare il primo a concludere la regata Vendée Globe senza utilizzo di combustibili fossili.
Il Giappone vuole continuare a cacciare le balene. Dopo sole due settimane dall’eccezionale ordine della Corte di giustizia internazionale (Cig) di rinunciare al programma di caccia giapponese nelle acque dell’Antartide, il governo di Tokyo ha deciso di modificare il suo piano “scientifico” riducendo il numero di esemplari da catturare e spostando l’attività nell’oceano Pacifico nordoccidentale.
Trovato un accordo sul testo del trattato di pace con Baku, che non è ancora stato firmato e presuppone grosse concessioni da parte di Erevan. Intanto il parlamento approva un disegno di legge per la richiesta di adesione all’Ue.
Siamo stati a Montespluga per lo Skialp Fest di Homeland per capire perché lo scialpinismo sia un modo bellissimo e meno impattante di vivere la montagna.
Il premio Wood Architecture Prize by Klimahouse ha rappresentato anche un modo per celebrare la Giornata internazionale delle foreste.
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
Un tribunale condanna Greenpeace a pagare 660 milioni di dollari. L’accusa? Aver difeso ambiente e diritti dei popoli nativi dal mega-oleodotto Dakota Access Pipeline.
In Italia sono 265 gli impianti ormai disuso perché non nevica più: rimangono scheletri e mostri di cemento. E l’esigenza di ripensare la montagna e il turismo.