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Katie Melua. Una riflessione dalla Georgia al mondo

La giovane cantante georgiana si racconta: l’allontanamento dalla terra natia, le riflessioni sulla politica, le collaborazioni con i grandi artisti e… l’odio per l’aspirapolvere.

Ciao Katie Melua sappiamo che ti sei trasferita in tenera età dalla Georgia all’Irlanda del nord più precisamente a Belfast ci puoi dire come questo cambiamento, benché è avvenuto in tenera età, abbia influenzato le tue percezioni musicali?
Avevo solo 8 anni quando ho lasciato la Georgia per trasferirmi a Belfast; l’impatto tra est e ovest è stato molto drastico ed é quindi stato un grosso cambio culturale. La Georgia si era appena divisa dall’Unione Sovietica e il paese stava soffrendo molto sia sul piano politico che quello economico; è stato grazie a mio padre ed al suo lavoro che ci siamo trasferiti e quindi è stato un grande punto di arrivo per la nostra famiglia. Ho trovato molto stimolante poter vivere una vita completamente diversa in Irlanda; riguardo alla musica fino ad allora avevo ascoltato maggiormente musica folk georgiana e pop. Dopo il trasferimento ho iniziato a ascoltare musica irlandese e a poco a poco ho aguzzato l’orecchio verso il pop e il rock europeo e americano. Il cambio di paese ha sicuramente aperto la mia prospettiva verso altri generi musicali; se fossi stata in Georgia probabilmente avrei ascoltato solo musica georgiana e qualcosa di pop, invece così fin da giovane ho imparato ad apprezzare la musica pop irlandese.

 

Dopo questa tua esperienza di trasloco dalla Georgia qual è stato il primo artista o canzone che appena l’hai sentita ti ha colpito così tanto da farti pensare voglio fare la musicista?
Quello non è successo fino a che non mi sono spostata a Londra e comunque mi sono avvicinata a più artisti e tutti di diversa generazione come Dylan, Joni Mitchell, Nick Drake, Tom Waits, Paul Simon, Leonard Cohen, Ella Fitzgerald, Billie Holiday e appena ho ascoltato questi artisti opposti al pop che ascoltavo fino ad allora ho pensato:”voglio essere come loro nel senso che voglio poter dare alla gente le stesse cose che loro hanno dato a me”

Puoi raccontarci qualche cosa delle canzoni che haideciso di suonare per noi quest’oggi? La prima che suoni è Nine millions bicycles.
Nine millions bicycle è stata scritta dal mio collaboratore Mike Betts; eravamo a Pechino e durante un giro
turistico la nostra guida ha detto: “ci sono nove milioni di biciclette a Pechino e Mike ha pensato che fosse un ottimo titolo così si è allontanato e l’ha scritta. È una canzone carina e simpatica credo.

In “Spider’s Web” dici che i colori dei tasti del piano sono due ma i colori che fuoriescono dal piano sono milioni; ho come l’impressione che questa canzone abbia delle tematiche che abbiamo a che fare con una denuncia al razzismo, ho ragione?
Si generalmente è una canzone sulla vita e sulla società; la ragione che mi ha fatto scattare la voglia di scriverla è stata la guerra in Iraq, ma non vuole portare un messaggio politico, riguarda più come mi sentivo confusa come credo molti ragazzi della mia età riguardo a questa terribile guerra, frustata e senza la possibilità di reagire. Sai io non so tutte le verità della politica, su cosa succede nel mondo e quanto è rovinato, ma lo vorrei. Mi piacerebbe ci fossero semplici risposte a come risolvere i problemi nel mondo e credo che anche i politici lo vorrebbero, ma mentre cresci ti rendi conto che è impossibile ed è proprio quello che volevo andare a dire con questo brano. Da bambini pensiamo, o meglio, i media e i politici ci fanno pensare che ci sono i buoni e cattivi, ma è molto difficile capire chi siano i buoni e chi i cattivi in situazioni così complicate; nel razzismo è una di questi complicati meccanismi degli uomini. Ho sempre preferito andare a fondo alle questioni e non cavarne nulla piuttosto che eliminarle con semplici modi dalla superficie.

È questa una delle ragioni per la quale tu sei sempre stata interessata nella storia e nella politica?
La ragione per la quale ho trovato interessanti queste materie è forse data dal fatto che ho sempre vissuto in posti dove la politica ha sempre avuto un effetto diretto sulla vita delle persone, sia l’Irlanda del Nord che la Georgia.

Vuoi raccontarci qualcosa delle canzoni che hai deciso di suonarci quest’oggi?
Piece by piece è una canzone che parla del lasciarsi con una persona e farlo nel modo meno doloroso possibile quindi gradualmente e piano, è sinceramente presa dalle mie esperienze personali ma non necessariamente si riferisce a una relazione romantica o di coppia, può benissimo riguardare un legame familiare o un amico e perdere una persona che se ne va per sempre. I cried for you é una canzone di una storia d’amore, forse la più importante; è cantata dal punto di vista femminile, quando lei perde l’uomo che amava e il suo rimorso non é solo perdere lui, ma perdere la loro relazione.

Sei stata invitata da Nelson Mandela a suonare al concerto a supporto per la sua fondazione contro la lotta all’Aids;  hai di fatto incontrato personalmente Nelson Mandela?
Sì è una cosa fuori dal mondo conoscerlo di persona; la cosa che mi ha colpito è quanto sia divertente quest’uomo. Ero seduta accanto a lui e mi ha detto: ” spero che il tuo fidanzato non sia geloso di me”; Mandela è stato così dolce e carino nonostante il fatto che sia una leggenda vivente. Un’esperienza assurda non saprei proprio cosa aggiungere.

E in quella occasione hai suonato con i Queen, hai suonato una canzone scritta da Brian May, Too much love will kill  you, è una bellissima canzone; ci puoi raccontare cosa hai provato in quella particolare occasione?
Non posso neanche descriverlo a parole. Sai quando avevo sei  anni facevo finta di suonare la chitarra ascoltando la musica dei Queen, e poi all’improvviso dopo 16 anni essere sullo stesso palco con Brian May e Roger Taylor è stata una cosa che non mi sarei mai immaginata. Poi questo brano è bellissimo, forse una delle mie preferite di tutti i tempi; immagina io stavo cantando la canzone e a 5 metri da me c’era Brian May che suonava il suo assolo. Pazzesco, posso solo dire che non è durato abbastanza.

E dopo di quella hai suonato anche con Eric Clapton, hai suonato con lui Tears in heaven, un altro pezzo storico della musica contemporanea.
Anche quella volta è stato meraviglioso solo che ero da sola a registrare le liriche, non stavamo tutti insieme, è stato comunque un grandissimo onore

Come ci si sente a 21 anni ad essere l’artista che ha venduto più dischi nel 2004 nel Regno Unito?
È strano, sai non me lo sarei mai aspettato; non faccio musica che fa musica tanto mainstream è solo su di una piccola etichetta. Quando abbiamo fatto uscire l’album speravo in un po’ di successo ma qualcosa di realistico, ma così non me lo aspettavo; intendo, sono molto contenta, ma anche molto sorpresa.

Il tuo disco è uscito l’11 novembre, ma sappiamo che tornerai a breve nel nostro paese; ci puoi dire quando e per quale motivo?
Torno a dicembre e sarò di supporto al tour dei Simply Red a Roma e a Milano; conosco Mick Hucknall è un tipodelizioso e quindi non vedo l’ora di fare questa esperienza con lui.

Questa è la prima volta che vieni in Italia?
No è la seconda volta; sono stata a Milano 2 anni fa, ma sarà la prima volta a Roma.

Bellissima e dolcissima questa canzone che ci hai appena suonato; appari come una persona molto calma sia dalla tua personalità sia dalla tua musica; qual è una cosa che ti fa veramente innervosire?Cosa mi infastidisce? Il suono dell’aspirapolvere lo odio; l’altra cosa che mi da fastidio, o meglio sono molto fortunata quindi non mi lamento, è che a volte è veramente frustante dover passare il 70% del tempo a fare cose che non sono inerenti alla musica come scatti fotografici, interviste, viaggi e a volte vorresti occuparti più della musica, stare in studi o a suonare, provare, fare delle gear section, però è importante, voglio che la gente ascolti le mie canzoni e per questo devo andare in giro a promuoverle. È così che gira il mondo.

Inizi sempre a comporre un pezzo da sola con la tua chitarra o hai delle altre tecniche per comporre la tua musica?
Sì ho iniziato così; la ragione per cui sono passata alla chitarra è che volevo avere il controllo completo della musica che facevo. Quando ero al college suonavo con i miei amici appassionati di rock che suonavano forte sulla batteria ed era molto difficile per me comunicare quello che volevo dal mio suono e prendere in mano la chitarra è stato il mio modo di fare esattamente ciò che volevo. Ma la band con cui sono adesso è fantastica, davvero sono bravissimi, quindi quando vado in tour suono con loro.

 

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