Le autorità del Kenya hanno lanciato venerdì 7 maggio il primo censimento nazionale di fauna selvatica, con l’obiettivo di comprendere meglio il numero complessivo e la distribuzione degli animali selvatici, identificare eventuali minacce e suggerire strategie di conservazione. L’operazione ha inizio nell’area orientale del paese, nei pressi della riserva nazionale Shimba Hills, durerà fino a luglio e vedrà ranger, ricercatori e membri della comunità locale procedere al conteggio degli animali sia via terra sia dagli elicotteri.
Come funziona il censimento della fauna selvatica in Kenya
A condurre l’operazione, che complessivamente costa 250 milioni di scellini kenioti (poco meno di 2 milioni di euro), c’è il Kenya wildlife service (Kws), che gestisce già 55 tra parchi naturali, riserve e santuari, insieme al Wildlife research and training institute, un’istituzione indipendente che svolge ricerche sulla conservazione e la gestione della fauna selvatica.
Nonostante alcuni degli animali più vulnerabili del Kenya, inclusi rinoceronti ed elefanti, vengano conteggiati periodicamente, il censimento mira a contare sistematicamente in tutte le aree del paese anche le specie rare come il pangolino, che è stato identificato come potenziale intermediario per la trasmissione di malattie come la Covid-19, e l’antilope Sable, di cui in Kenya restano meno di 100 esemplari. Secondo quanto ha riportato il Kws, l’obiettivo sarà anche quello di “determinare le tendenze della popolazione della fauna selvatica nel tempo e identificare le minacce alla sua tutela”.
A contribuire al declino delle popolazioni di fauna selvatica ci sono in primis l’espansione degli insediamenti umani, poi i cambiamenti climatici che rendono le risorse più scarse, infine il bracconaggio. Un esempio fra tutti: negli ultimi tre decenni il numero di giraffe in Kenya è diminuito circa del 40 per cento, secondo l’African wildlife foundation. Il che potrebbe avere serie conseguenze anche sul turismo, che in Kenya nel 2019 ha rappresentato l’8,2 per cento del Pil nazionale, secondo il World travel and tourism council. Ad attrarre maggiormente i visitatori infatti sono proprio i parchi naturali. Ma anche il turismo in questo anno pandemico ha subito una battuta d’arresto con notevoli vantaggi sulla fauna locale: secondo il Kws, il 2020 è stato il primo anno dal 1999 in cui non c’è stata la caccia illegale ai rinoceronti.
Una storia di scarsa conoscenza delle leggi nazionali, totale impunità per i reati di bracconaggio e l’evidente aumento del turismo venatorio internazionale.
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