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In Kenya le mutilazioni genitali femminili sono aumentate durante il lockdown
Il Kenya ha l’obiettivo di porre fine alle mutilazioni genitali femminili entro il 2022, ma questa pratica illegale è aumentata a causa della chiusura delle scuole durante la pandemia.
Il governo keniano ha espresso serie preoccupazioni riguardo l’aumento dei casi di mutilazioni genitali femminili (Mgf). La commissione anti-Mgf, un ente governativo semi autonomo, ha rivelato che più di 110 ragazze sotto i diciotto anni hanno subito l’asportazione del clitoride durante il periodo in cui sono state costrette a restare a casa a causa della chiusura delle scuole, in vigore per rallentare la diffusione del coronavirus.
Questo rappresenta un passo indietro per i piani del presidente Uhuru Kenyatta di mettere fine alle mutilazioni genitali femminili in Kenya entro il 2022. “Sto indirizzando le agenzie governative competenti perché garantiscano che la legge sia applicata e che venga intrapresa un’azione contro tutti i responsabili”, ha detto in un evento convocato da leader culturali e religiosi delle comunità in cui questa pratica è maggiormente presente. Ma gli attivisti sostengono che la promessa di Kenyatta sia irrealistica a causa dell’insicurezza politica e sociale, nonché dell’alto tasso di questa pratica in alcune parti della nazione dell’Africa orientale, ora aggravata dalla pandemia.
Le mutilazioni genitali femminili aumentano nonostante il divieto
In Kenya esiste una legge specifica che proibisce le mutilazioni genitali femminili, che impone delle pene severe contro chi commette queste pratiche. Inoltre lo stato dispone di altri strumenti legali importanti che proibiscono varie forme di violenza sessuale e di genere, tra i quali la legge sui reati sessuali, la legge sulla lotta alla tratta degli esseri umani e la legge per la protezione dei bambini. La legge contro le Mgf proibisce anche di portare una persona all’estero perché questa venga sottoposta ad una mutilazione genitale e punisce la mancata denuncia del reato o l’uso di linguaggio dispregiativo nei confronti delle vittime, con reclusione non inferiore a sei mesi o con una multa di oltre 50mila scellini (quasi 400 euro). Purtroppo però questa pratica esiste ancora.
L’attivista Dorcus Parit, direttrice della ong per i diritti delle donne Hope beyond foundation, afferma che il divieto delle mutilazioni genitali femminili non ha fermato la loro pratica in segreto nelle case e nei centri sanitari. “Qualche anno fa abbiamo compiuto dei veri progressi per mettere fine a questa pratica, ma l’arrivo improvviso della pandemia di Covid-19 ha iniziato a erodere la rete di sicurezza che le scuole stavano fornendo a molte ragazze”, ha affermato Parit. “Ora in molti casi i genitori portano le ragazze all’estero, in paesi come l’Etiopia, la Somalia, la Tanzania e l’Uganda per sottoporle a mutilazioni genitali senza incorrere nelle conseguenze della legge keniana”.
Il calo dei casi deve essere sostenuto
Secondo un rapporto del Kenya cemographic and health survey, la diffusione nazionale delle mutilazioni genitali tra donne e ragazze tra i 15 e 49 anni è gradualmente diminuita dal 32 per cento nel 2003 al 27 per cento nel 2008-2009, e al 21 per cento nel 2014. Ma gli esperti sostengono che il declino dei casi deve essere sostenuto e accelerato concentrandosi soprattutto sulle comunità in cui la diffusione della pratica è ancora elevata.
Inoltre, il rapporto mostra come la percentuale di donne che hanno subìto mutilazioni genitali varia in base al gruppo etnico, al punto che la maggior parte delle donne provenienti dalle comunità Somali (94 per cento), Samburu (86 per cento), Kisii (84 per cento) e Masai (78 per cento) sono state sottoposte a questa pratica.
Il personale medico che favorisce le Mgf
Damaris Parsitau, direttrice di ricerca presso l’Università Egerton di Njoro, in Kenya, ha evidenziato come i genitori si accordino con il personale medico per eludere impunemente la legge per sottoporre le figlie (alcune anche di solo cinque anni) alle mutilazioni genitali.
“Ho avuto un colloquio con una studentessa di 18 anni di nome Moraa (nome di fantasia), di Nakuru nella Rift Valley, che ha raccontato di quando sua madre ha portato un’infermiera a casa durante le vacanze scolastiche per sottoporla alla mutilazione genitale, Moraa aveva appena otto anni ”, racconta la ricercatrice. “Moraa ora prova risentimento e amarezza nei confronti dei suoi genitori, specialmente verso sua madre, per aver cospirato con un’infermiera per operarla senza il suo consenso. Ora sta pensando di fare causa ai suoi genitori per aver violato i suoi diritti”.
I leader tradizionali sono dalla parte delle ragazze
Decine di leader tradizionali (come capi e anziani) della zona nordorientale del Kenya, dove le mutilazioni genitali femminili sono più praticate, hanno firmato una lettera di impegno per porre fine alle Mgf nelle loro comunità.
“Riconosciamo che le mutilazioni genitali femminili costituiscano una violazione dei diritti umani di donne, bambine e ragazze e che questa pratica ha conseguenze negative a livello fisico, sociale e psicologico”, afferma la lettera. “Inoltre apprezziamo gli sforzi del governo per mettere fine alle Mgf attraverso l’attuazione di politiche, quadri legislativi e programmi progressisti. Infine, siamo consapevoli del ruolo fondamentale che svolgiamo come guardiani e custodi della cultura, e del nostro dovere di guidare e proteggere i membri della nostra comunità da pratiche dannose”.
Queste affermazioni dimostrano quanto sia imperativo lavorare insieme per porre fine alle mutilazioni genitali femminili, che violano i diritti delle donne e mutilano i loro corpi per tutta la vita.
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