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La Casa Bianca ha annunciato martedì pomeriggio che il presidente americano Barack Obama porrà il veto nel caso in cui il Senato degli Stati Uniti approvasse una legge in favore della costruzione dell’oleodotto Keystone XL. A riportare la notizia è stata l’agenzia di stampa Associated Press con un tweet. BREAKING: White House says President
La Casa Bianca ha annunciato martedì pomeriggio che il presidente americano Barack Obama porrà il veto nel caso in cui il Senato degli Stati Uniti approvasse una legge in favore della costruzione dell’oleodotto Keystone XL. A riportare la notizia è stata l’agenzia di stampa Associated Press con un tweet.
BREAKING: White House says President Obama would veto Keystone pipeline legislation.
— The Associated Press (@AP) 6 Gennaio 2015
Il tentativo del Senato di approvare l’oleodotto
Il motivo di questa presa di posizione è dovuto al fatto che il nuovo Congresso a maggioranza repubblicana, insediatosi il 6 gennaio dopo le elezioni di metà mandato (midterm) del 4 novembre 2014, ha scelto di cominciare i lavori proprio con un tema delicato come quello dell’energia e in particolare con l’approvazione dell’oleodotto Keystone XL. I repubblicani ora controllano anche il Senato (la Camera dei rappresentanti era già a maggioranza del partito dell’elefantino dal 2012) per la prima volta dal 2006 e possono così dettare la linea da seguire e le proposte di legge da adottare.
Il senatore repubblicano del North Dakota, John Hoeven, ha dichiarato che l’8 gennaio tenterà di far passare una legge sull’oleodotto, forte del sostegno di 63 senatori su 100. Tanti, ma non sufficienti a superare il veto del presidente Obama. Per superare anche quest’ultimo scoglio è necessaria la maggioranza dei due terzi dei senatori ed è quindi richiesto il sostegno anche di alcuni senatori democratici.
“Possiamo non avere i voti necessari per superare il veto, quindi questo potrebbe essere un processo legislativo a due velocità” ha detto Hoeven promettendo di avere un piano B nel cassetto per cercare di approvare definitivamente il progetto entro l’anno.
Le origini del progetto
L’oleodotto Keystone XL divide la politica americana fin dal 2008, da quando la società canadese TransCanada ha avanzato un nuovo progetto per trasportare fino a 830mila barili di bitume al giorno dalla regione dell’Alberta, in Canada, ricca di sabbie bituminose, al Texas, nel sud degli Stati Uniti, dove ci sono le raffinerie in grado di trasformare il petrolio grezzo. Il costo complessivo stimato si aggira intorno ai 5,3 miliardi di dollari e l’oleodotto dovrebbe avere una lunghezza di 1.897 chilometri.
La contrarietà della presidenza americana è dovuta al forte impatto che l’oleodotto avrebbe sul clima e sull’aumento delle emissioni di CO2 in atmosfera. Aumento contrario alla politica di contrasto ai cambiamenti climatici fortemente sostenuta dalla Casa Bianca. Secondo l’ong ambientalista Friends of Earth e l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente le emissioni di gas serra aumenterebbero di 30 milioni di tonnellate all’anno. Quante quelle prodotte da 5,6 milioni di automobili. Un aumento dovuto soprattutto alla raffinazione del bitume visto che la scarsa qualità rispetto al petrolio proveniente dai paesi arabi richiede una lavorazione molto più elaborata e inquinante.
I prossimi duelli tra Congresso e Casa Bianca
Lo scontro sull’energia è solo il primo di una lunga serie che vedrà, nei prossimi due anni, il Congresso e la Casa Bianca sfidarsi a viso aperto. Almeno fino a quando la maratona verso le elezioni presidenziali del 2016 non prenderà il sopravvento nell’interesse dei politici e dei mezzi d’informazione americani e internazionali. Tra gli altri scontri previsti c’è quello sulla riforma sanitaria e il tentativo dei repubblicani di svuotare la cosiddetta Obamacare che ha esteso l’assicurazione di base gratuita a circa 48 milioni di persone che non potevano permettersela, e l’immigrazione, visto che di recente Obama ha annunciato di voler adottare un ordine esecutivo in grado di proteggere tutti gli immigrati clandestini. Si parla di una cifra che va da 3 a 5 milioni di persone che sono genitori di un cittadino degli Stati Uniti o di una persona che ha un permesso di soggiorno permanente.
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