La disputa tra Serbia e Kosovo è riesplosa in autunno dopo la legge sulle targhe di Pristina. La minoranza serba nel paese sta organizzando da settimane barricate e boicottando le istituzioni locali. Il premier del Kosovo ha chiesto di porre fine a queste provocazioni o ci penserà il suo esercito. Il presidente serbo Aleksandar Vucic
La disputa tra Serbia e Kosovo è riesplosa in autunno dopo la legge sulle targhe di Pristina.
La minoranza serba nel paese sta organizzando da settimane barricate e boicottando le istituzioni locali.
Il premier del Kosovo ha chiesto di porre fine a queste provocazioni o ci penserà il suo esercito.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha messo in stato di massima allerta l’esercito, che è pronto a combattere in Kosovo. Da mesi la tensione nell’area è altissima in conseguenza della nuova legge sulle targhe con cui Pristina ha vietato ai veicoli serbi di circolare nel paese. Dopo diverse scaramucce sul confine, nelle ultime settimane si è alzato il livello dello scontro, tra barricate, arresti e sparatorie. La mobilitazione dell’esercito della Serbia ora apre scenari preoccupanti.
Gli ultimi aggiornamenti dal Kosovo
La Serbia non ha mai riconosciuto il Kosovo, dopo la sua proclamata indipendenza nel 2008. Da novembre in Kosovo, dove vivono circa 100mila serbi, è entrata in vigore una legge che li obbliga ad apporre targhe kosovare sui loro veicoli (come succede a Belgrado già da tempo). Per ora la violazione della misura viene punita con avvertimenti e sanzioni, ma nei prossimi mesi ci dovrebbe essere una stretta, fino al sequestro del veicolo.
Questa misura, rinviata più volte, ha fatto salire di molto la tensione. Già in estate ci sono state scaramucce a base di blocchi stradali e spari di avvertimento nelle aree del Kosovo dove vivono i serbi, ma anche nei territori di confine. Tanto a Belgrado quanto a Pristina si è messa in moto una certa mobilitazione militare in caso di un’escalation ulteriore della tensione, che si è concretizzata proprio nelle ultime settimane.
A fine novembre i rappresentanti della minoranza serba nelle istituzioni kosovare si sono dimessi in massa in segno di protesta, mentre da inizio dicembre la circolazione in alcune aree del paese, in particolare Mitrovica, è compromessa per le barricate erette coi camion da cittadini serbi. Nelle scorse ore è poi stato arrestatoDejan Pantic, agente della polizia kosovara di etnia serba accusato di attività terroristiche e assalto alle istituzioni, che assieme ad altri 600 poliziottiaveva lasciato il suo incarico per protesta contro Pristina. E questa potrebbe essere la classica goccia che rischia di far traboccare il vaso.
Una guerra imminente?
I serbi del nord del Kosovo hanno detto che non rimuoveranno le barricate fino a quando Pristina non farà un passo indietro sulla legge delle targhe, ma anche riguardo all’arresto di Pantic. Il premier kosovaro Kurti ha invece chiesto alla Kfor, la forza Nato presente nel paese, di riportare l’ordine in quei territori, altrimenti ci penserà il suo esercito.
Di fronte alla possibilità che i militari del Kosovo intervengano con la forza contro i picchetti serbi, il presidente di Belgrado Aleksandar Vucic ha messo in stato di massima allerta il suo esercito. Il ministro dell’Interno serbo Bratislav Gasic ha aggiunto che dalla Serbia sono pronti a prendere tutte le misure per proteggere la loro popolazione. Il Ministero degli Esteri del Kosovo ha lanciato un appello all’Unione europea e ai suoi paesi membri perché si spendano diplomaticamente per far abbassare l’escalation della Serbia. Quest’ultima ha invece ottenuto il sostegno ufficiale dalla Russia.
Kosovo PM @albinkurti in an interview for Sarajevo-based media says the Western Balkans democratic countries Kosovo, Albania, Montenegro, Bosnia and Herzegovina, North Macedonia should cooperate closely as they face the common threat of Serbia's autocratic & pro-Russian regime. pic.twitter.com/hkR6nsFX5u
Come ha scrittoGiorgio Fruscione dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), non c’è convenienza politica in una guerra, che dunque molto difficilmente scoppierà. “Questo non significa però che la situazione si tranquillizzerà: purtroppo, lo stato di tensione e l’escalation permanente potrebbero diventare una costante”, ha aggiunto. Timothy Less del Center for Geopolitics dell’Università di Cambdrige ha invece disegnatoquattro scenari plausibili a cui si potrebbe arrivare dopo l’innalzamento di tensione in corso in Kosovo. Tra questi c’è l’intervento militare kosovaro contro le barricate serbe nel paese, con conseguente reazione di Belgrado. E il ritorno della guerra nei Balcani.
I premier di Kosovo e Serbia si sono incontrati a Bruxelles per risolvere la guerra delle targhe. Non ci sono riusciti e questo ha fatto salire la tensione.
Il partito Sogno georgiano confermato con il 53,9 per cento dei voti. Ma piovono accuse di brogli e interferenze. L’Ue chiede di indagare. Intanto la presidente del Paese invita alla protesta. I vincitori: “Questo è un colpo di Stato”.
Due leggi approvate da Israele a larga maggioranza renderanno di fatto impossibile per l’Unrwa operare a Gaza e in Cisgiordania. La comunità internazionale insorge.
Continua ad aumentare il numero di sfollati nel mondo: 120 milioni, di cui un terzo sono rifugiati. Siria, Venezuela, Gaza, Myanmar le crisi più gravi.
Il fotoreporter Livio Senigalliesi si racconta. Dalla guerra in Iugoslavia alla rotta balcanica. E grazie a due video, uno realizzato con il giornalista Raffaele Masto.