La tristezza, come un malanno passeggero, va curata. Ma non sopprimendone i sintomi. Va accolta, accettata, persino assaporata.
L’arte di tacere e di ascoltare
Il silenzio maturo ascolta e riconosce, rispettando chi parla. Un radicale cambiamento in tal senso dar
La nostra cultura è quella più satura di suoni e
rumori nel tempo e nello spazio. Ivan Illich sostiene che il
silenzio dovrebbe essere considerato un diritto comune, un “uso
civico” che serve alla meditazione, al pensiero, all’apprendimento,
per tacitare le passioni, la sofferenza che viene dall’ignoranza.
In epoche lontane esistevano dei santuari silenziosi,
immersi nella natura, dove chiunque poteva isolarsi
per eliminare ogni tensione psichica. Del resto, come ha bisogno
del riposo e del sonno per rigenerare le proprie energie vitali,
l’uomo ha anche la necessità di momenti di solitudine per
ritrovare uno stato di quiete interiore fatto di silenzio limpido e
compatto.
C’è chi rincorre spazi fisici di silenziosa
tranquillità per ricostruire il proprio
metabolismo spirituale, e chi invece non bada alla ressa e
addirittura soffre nel trovare troppa quiete negli ambienti
naturali, sollecitato com’è dalla macchina consumistica e
dall’irrequietezza che è propria del nostro tempo. Siamo
divoratori di spazio, abbiamo acquisito una mobilità ignota
alle antiche generazioni, ci si muove dietro alle tendenze dettate
dalla pubblicità, siamo condannati da tutte queste
realtà oggettive, da un cambiamento culturale che allontana
sempre più dal silenzio da cui si fugge per paura, come per
la paura del vuoto.
Lontano dagli strepiti dell’artificiale e del superfluo, c’è
un’etica del
silenzio che non sta nel non parlare, ma nel saper
tacere quando è tempo di tacere, e nel saper parlare
quand’è il suo tempo. Una virtù, questa, che
però deve godere della libertà di parlare o di
tacere, e sceglierne il tempo. Uno scrittore americano ricorda il
consiglio di un indiano sioux: quando devi rispondere a una domanda
importante, prima di parlare aspetta cinque minuti. Se rispondi
subito le parole vengono dalla mente, se rispondi dopo aver
aspettato vengono dal cuore. Il culto del silenzio nella preghiera,
nella poesia, nella meditazione e nella letteratura, ha dato luogo
a infinite interpretazioni, metafore, significati. Tra questi, in
un mondo dove tutti vogliono esprimere opinioni e giudizi, l’arte di
ascoltare, ovvero di stare in silenzio, è forse
quello più difficile da mettere in pratica. Perché si
tratta di un silenzio
maturo che ascolta e riconosce, rispettando chi parla.
Un radicale cambiamento in tal senso darà finalmente inizio
ad un rinnovato rapporto col mondo e con gli altri, ma soprattutto
con noi stessi.
Maurizio Torretti
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