Secondo il dossier Stop Pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente, su 4.682 campioni di alimenti, il 48 per cento contiene residui di sostanze chimiche.
Consumatori più informati e maggior garanzia di trasparenza nei rapporti tra produttore e consumatore: in questa direzione si muovono le ultime normative in materia di etichettatura degli alimenti. Se questa filosofia da una parte impone ai produttori l’obbligo di indicare in etichetta una serie di elementi per fornire una corretta informazione, d’altra parte chiede ai
Consumatori più informati e maggior garanzia di trasparenza nei rapporti tra produttore e consumatore: in questa direzione si muovono le ultime normative in materia di etichettatura degli alimenti. Se questa filosofia da una parte impone ai produttori l’obbligo di indicare in etichetta una serie di elementi per fornire una corretta informazione, d’altra parte chiede ai consumatori di imparare a leggere l’etichetta in modo critico e approfondito, perché solo così potrà conoscere i prodotti che acquista.
La prima regola riguarda la lingua: in tutti i prodotti commercializzati in Italia le indicazioni devono essere in italiano. Ma vediamo quali informazioni non possono mancare nell’etichettatura degli alimenti. Il nome del prodotto deve essere inerente al suo contenuto. Se cita un ingrediente, questo deve essere chiaramente riportato in etichetta.
L’elenco degli ingredienti, devono obbligatoriamente essere indicati in ordine decrescente di peso. Tutti, a eccezione di alcuni per i quali è sufficiente indicare la categoria di appartenenza (ad esempio oli vegetali).
Il peso netto, cioè senza il peso della confezione. Per i prodotti solidi immersi in un liquido (come ad esempio le mozzarelle) è d’obbligo riportare il “peso sgocciolato” oltre a quello netto, fatta eccezione per l’olio (nei sottoli ad esempio), che si considera un ingrediente. Se il peso è seguito da una “e” significa che è stato predeterminato meccanicamente.
Il termine minimo di conservazione, o data di scadenza, è la data (giorno, mese, anno) entro la quale il prodotto va consumato. La dicitura ammessa per legge è ” da consumarsi entro…” per i prodotti che hanno una costituzione chimica o un rischio di alterazione batterica tali da renderli obbligatoriamente consumabili entro la data indicata (come latte, burro, pesce fresco preparato e confezionato). In biscotti, caffè, paste secche, ovvero nei prodotti che si conservano a lungo, è sufficiente la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”, per indicare che, se l’alimento viene conservato bene e non subisce danni, può essere consumato anche dopo tale data.
Le modalità di conservazione, e le istruzione per l’uso sono indicazioni obbligatorie nei prodotti per cui l’omissione non consentirebbe una corretta conservazione (surgelati) o un corretto utilizzo (preparati per budini o torte, purè in fiocchi,surgelati).
Alcune normative specifiche, come quelle relative ai prodotti Dop e Igp o le recenti norme sulla carne, prevedono l’indicazione del nome e sede del produttore o del confezionatore o del venditore. È comunque sempre obbligatorio indicare la sede dello stabilimento di produzione e il numero di lotto e, per tutte le bevande alcoliche, come vino e superalcolici, il titolo alcolometrico (che indica la quantità percentuale di alcool).
Anche per i prodotti biologici è obbligatorio l’etichettatura degli alimenti e informazioni al consumatore come il nome, codice ed estremi dell’organismo di controllo con un numero dell’autorizzazione alla stampa dell’etichetta. Infine deve essere indicato se un prodotto “contiene organismi geneticamente modificati”, se questi sono presenti in una quantità superiore all’1 per cento. Altre norme regolamentano i cosiddetti prodotti dietetici e “light”.
Betty Pajè
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