Arredamento e Design

La casa degli stilisti cruelty free

La rivoluzione della moda sostenibile sta gradualmente contaminando anche il mondo del design e dell’arredamento, in cui inquilini sempre più esigenti ed iperselettivi coniugano lusso e riciclo, ricerca dell’originalità e scelte cruelty free.

Non lasciamoci fuorviare dalla loro reputazione austera ed inflessibile: sotto la solida scorza di rigore etico, i professionisti della moda cosiddetta cruelty free custodiscono un cuore di effervescente creatività, che di sicuro eccede le aspettative di qualsiasi profano.

Abituati per lavoro a forgiare abiti ed accessori di pregio costituiti da materiali insoliti o di riciclo, la cui caratteristica peculiare consiste nell’evitare rigorosamente ogni possibile brutalizzazione (“cruelty”, appunto) o sperimentazione animale, gli stilisti che aderiscono a questo orientamento sono ben lungi dal rinunciare al lusso e al glamour ma scelgono di perseguirlo con un evidente surplus di originalità, ispirato dalla volontà di minimizzare gli sprechi e privilegiare il risparmio energetico o l’uso di fibre sostenibili.

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La filosofia cruelty free ha contaminato il design e l’arredamento © Ingimage

E se fino a non molto tempo fa la si poteva verosimilmente etichettare come una produzione di nicchia, la tendenza all’abbigliamento cruelty free sta rapidamente riscuotendo una diffusione sempre più ampia e generalista: basti pensare alla celebre ambasciatrice della causa Livia Giuggioli, l’italianissima moglie del premio Oscar Colin Firth, ma soprattutto ad alcuni noti marchi internazionali, da Tommy Hilfiger a Geox, da Stella McCartney a Elisabetta Franchi, che sempre più frequentemente hanno cominciato ad introdurre nella loro prassi aziendale l’uso di materiali alternativi a quelli di provenienza animale (non solo pellicce ma anche piume, pelle o seta).

Inevitabile constatare come una simile rivoluzione sia destinata a contaminare anche il mondo del design e dell’arredamento, a partire dagli stessi protagonisti della moda cruelty free, che, fin dalla loro sfera domestica privata, stanno elaborando una nuova filosofia dell’abitare, in cui la ricerca iperselettiva di originalità e valore estetico comincia ad assumere connotazioni inedite ed eco-friendly.

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Libreria ottenuta riciclando vecchi tubi

Tra bancali e Feng Shui

Lo stilista di origine romana Tiziano Guardini non ha dubbi circa le caratteristiche della sua casa ideale: “Dev’essere il luogo dell’armonia e della serenità, in cui poter riconoscere noi stessi e ciò che ci rappresenta. Io presto particolare attenzione agli equilibri energetici adottando una disposizione dei mobili conforme ai principi del Feng Shui, ma soprattutto cerco di circondarmi di oggetti unici e personali, creati da me, come un lampadario fatto di aquiloni, comodini ricavati da sedie riciclate e spalliere del letto costruite con i vecchi bancali o pallet del mercato, opportunamente tagliati ed assemblati.

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Per gli stilisti cruelty free la casa è un luogo di armonia e di serenità © Ingimage

Uso tende fatte di cotone o soia e non escludo di creare in futuro dei divani ricoperti della stessa seta “ahimsa” (un particolare tipo di fibra tessile ottenuta senza uccidere il baco n.d.r.) che utilizzo per i miei abiti”.

Gli arredi come racconto autobiografico

“In un mondo già stracolmo di prodotti non abbiamo proprio bisogno di crearne di nuovi – afferma a sua volta Rossana Diana, ideatrice del progetto Venette Waste – ed è di gran lunga preferibile cercare di prolungare il ciclo vitale degli oggetti che già esistono”.
Dunque per ovviare all’arredamento preconfezionato ed impersonale dei negozi di mobili, via libera ai pezzi vintage o di modernariato, abbastanza vissuti da poter raccontare una storia.

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Televisore vintage © Ingimage

“Il mobile più rappresentativo della mia casa è una Egg Chair originale, non rifatta, che ho acquistato personalmente ad un’asta da Bonham’s negli anni ’90 –racconta infatti la stilista– Mi ricorda un’epoca indimenticabile della mia vita: ero appena arrivata a Londra, parlavo un inglese ancora incerto e avevo cominciato da poco a lavorare con Vivienne Westwood. In sala c’era addirittura Bob Geldof in persona interessato a quella stessa poltrona ma, contro ogni previsione, riuscii ad aggiudicarmela io”.

Il sogno della totale autonomia energetica

Di analogo avviso è il designer salentino Diamond Luisant, la cui haute couture abbonda di richiami storici e teatrali: “Adoro ristrutturare e riadattare mobili antichi, come le credenze in stile barocco leccese che ho collocato nella mia casa tutta bianca, o la porta divelta che ho utilizzato per dipingerci sopra un quadro. Ritengo però che la casa del futuro, oltre ad avvalersi dell’energia pulita derivante da fonti rinnovabili, debba anche diventare totalmente autonoma dal punto di vista energetico, cioè essere capace di soddisfare da sola il proprio fabbisogno individuale”.

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La casa del futuro è autonoma dal punto di vista energetico © Ingimage

Inquilini iperselettivi per un nuovo concetto di lusso

Dunque anche nelle scelte abitative, esattamente come in quelle relative ad abbigliamento ed accessori, la necessità (etica) diventa madre dell’invenzione (estetica), il che risulta tutt’altro che sorprendente se pensiamo ad esempio che l’esortazione all’uso di materiali inconsueti o bizzarri è uno dei più diffusi espedienti di cui perfino le contemporanee scuole per stilisti si avvalgono per stimolare la creatività dei giovani allievi nelle sfilate-saggio di fine anno.

Impegnarsi nella ricerca di nuove fibre o materie prime, recuperare oggetti antichi o addirittura riciclarli modificandone la destinazione ma continuando a perseguire uno standard qualitativo elevato ed esclusivo, come propongono appunto gli stilisti cruelty-free, finisce insomma col modificare e ridefinire lentamente, ma inesorabilmente, i parametri del gusto e del nuovo concetto di lusso.

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Gli stilisti cruelty free diffondono un nuovo concetto di lusso © Ingimage

A tal punto che non è per nulla azzardato ipotizzare che in un futuro neppure troppo avveniristico qualcosa di analogo al sistema di cosiddetto rating etico che la Lav, Lega Anti-Vivisezione ha già cominciato ad applicare ai capi di abbigliamento, possa forse un giorno essere concepito ed applicato, mutatis mutandis, anche agli oggetti di arredo e alle fonti energetiche delle abitazioni.

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