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Obiettivo comfort, come sono le case dei fotografi
Malgrado la loro proverbiale propensione allo sguardo “indiscreto”, i professionisti della fotografia privilegiano atmosfere abitative all’insegna dell’intimità, della riservatezza e della tradizione, identificando come massime espressioni di comfort i caminetti, le “sale hobby” e gli arredi storici.
Prospettive, panorami, visioni, simmetrie rigorose e severe ambizioni estetiche: tutto ci autorizzerebbe a supporre che anche in tema di abitazione e arredamento i fotografi tendano ad assecondare i dettami del loro esigentissimo super-ego creativo e dunque a prediligere dimore cosiddette “da copertina”, cioè caratterizzate da un impatto scenografico dirompente. In realtà, interpellando singolarmente alcuni di loro, ci accorgiamo inaspettatamente di quanto la dimensione intima, raccolta e privata di un ambiente domestico al riparo da sguardi indiscreti, rappresenti paradossalmente per questa categoria di professionisti -ovvero gli “osservatori” o i “curiosi” per eccellenza- un requisito ancor più essenziale di quanto comunemente si creda.
Il comfort come intimità e alternativa alla sovraesposizione
“Per via del mio lavoro mi ritrovo a condurre un’esistenza fin troppo orientata alla sovraesposizione“, racconta Amedeo Francesco Novelli, fotografo e giornalista che, accanto alla passione del reportage, coltiva diversi ambiziosi progetti sociali, come RiScatti, o editoriali, in qualità di fondatore e direttore di Witness Journal.
“Se dovessi condensare in un’unica immagine il mio concetto di comfort e di benessere casalingo, sceglierei senz’altro l’archetipo del camino acceso, che rappresenta a mio avviso non soltanto il calore del focolare domestico ma anche l’emblema di una socialità, di una vita di relazione che bisognerebbe recuperare.
Perfino io che vivo di immagini ritengo che l’abuso al quale siamo ormai quotidianamente dediti, ovvero la smania di voler fotografare continuamente tutto, da un concerto ad una pietanza, rischi davvero di impoverire la qualità della nostra comunicazione invece di arricchirla”.
E il caminetto assume in questo caso connotati concreti e peculiari: “Dispongo effettivamente di un camino nella casa settecentesca francese in cui mi rifugio nella valle della Loira -rivela Novelli- non lontano da Tours.
Lo ritengo un contesto abitativo per certi versi ideale, nel quale, oltre a costruire le case utilizzando materiali del territorio, a chilometro zero, si cerca di coltivare un’armonia collettiva con i ritmi della natura e una preziosa coerenza stilistico-architettonica rispetto all’ambiente circostante”.
Un passato architettonico da preservare e valorizzare
In qualità di luogo intimo e personalissimo la casa rappresenta anche uno scrigno di memorie, abitudini e gusti, sia individuali sia collettivi, secondo Luisa Menazzi Moretti, che da anni ha intrapreso l’avvincente percorso della fotografia d’arte esponendo le proprie immagini in musei, gallerie pubbliche o private e collezioni internazionali.
“Avendo vissuto parecchi anni in Texas, ho assistito con dispiacere al fenomeno del cosiddetto ‘Far West fading’, -afferma Luisa- cioè al vero e proprio dissolvimento della storia architettonica di certi suggestivi luoghi periferici, dove splendide dimore ottocentesche, costruite secondo il tipico influsso spagnolo dei coloni texani e dotate di interni di pregio, si stanno letteralmente sbriciolando.
Per noi europei è sbalorditivo constatare come in queste terre, pervase dal dogma dell’innovazione e della crescita economica, stenti ancora a diffondersi la cultura della conservazione e della memoria del passato. Sono le storie e il vissuto a conferire fascino e autenticità a edifici ed abitazioni”.
Alcuni dettagli tecnici appaiono tuttavia imprescindibili: “Sicuramente la presenza di pannelli solari e di una struttura anti-sismica sono irrinunciabili -puntualizza la fotografa friulana- come del resto la preventiva bonifica dall’amianto: un pericolo del quale sono venuta a conoscenza al momento dell’acquisto della mia casa di montagna in Cadore, dove malgrado la deliziosa architettura anni ’50 e le ampie vetrate spalancate sui boschi, abbiamo rischiato di intossicarci”.
E sull’idea di confortevolezza Luisa ha le idee altrettanto chiare: “A parte il sommo piacere di camminare per casa totalmente scalza, direi che il massimo del comfort è l’usanza diffusa nelle case alto-atesine di inserire una sorta di ‘sala hobby’, ovvero una stanza in più appositamente ed esclusivamente riservata alle attività del tempo libero”.
Mai confondere il rigore col minimalismo
Esistono poi quei fotografi che, in ogni espressione del loro gusto sia professionale sia privato, incarnano alla perfezione il “genius loci” del loro contesto geografico di origine, come accade per il veneziano Matteo Chinellato.
Esperto di oreficeria e di fotografia mineralogica, Chinellato, che alterna alle mostre personali le collaborazioni con agenzie come Getty Images e testate come il Corriere della Sera, decanta con entusiasmo i vantaggi dell’abitare in laguna.
“Ho un debole per i pavimenti alla veneziana e per il Settecento veneto -dichiara Matteo- e ritengo che la comodità non sia in nessun modo identificabile con le stravaganze del minimalismo contemporaneo, o con l’ossessione modernista che tende a modificare radicalmente stanze e interni invece di ristrutturarli.
Inoltre la mia attitudine estetica di fotografo mi induce ad attribuire una certa rilevanza al tipo di panorama o di paesaggio visibile dal luogo in cui abito: ad esempio da casa dei miei genitori posso godere della vista dell’agriturismo di Ca’ Tessera, suggestiva fattoria tardo-ottocentesca ad arconi, col bestiame, i carri e tutto il resto. E con la giusta luce si delinea addirittura in lontananza il profilo delle Alpi“.
Ma le preferenze abitative di Chinellato sconfinano in un sogno piuttosto singolare: “La mia dimora ideale, quella che reputo davvero perfetta come proporzioni, stile architettonico e posizione -rivela Matteo- è la Casa dei Tre Oci, a Venezia, affacciata sul Canale della Giudecca”.
E il fatto che l’edificio sia stato da alcuni anni adibito a museo della fotografia, dove si alternano le mostre dedicate ai grandi maestri, rappresenta una “coincidenza” tutt’altro che casuale, o meglio, quasi l’apoteosi del binomio “casa e bottega”.
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