Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
La Francia vuole vietare la discriminazione razziale data dai capelli afro
Se dovesse arrivare l’ok del Senato in Francia passerà un disegno di legge che vieta la discriminazione sul posto di lavoro per i capelli afro.
- L’Assemblea nazionale francese ha approvato un disegno di legge che, se passasse al Senato, vieterebbe la discriminazione in base all’acconciatura dei capelli.
- La misura, che comprende anche capelli rossi, rasta e persone calve, è rivolta in particolar modo alle persona afroamericane, che maggiormente subiscono gli effetti di tale discriminazione.
- Uno studio del 2023 ha infatti dimostrato come la discriminazione delle donne nere sul posto di lavoro sia un fenomeno sociale diffuso e impattante e come questo abbia ripercussioni sulla salute e sul diritto di autodeterminarsi.
Chi vive da bianco in in un mondo normato per i bianchi probabilmente non si è mai posto troppo il problema di come portare i capelli sul posto di lavoro: esiste però tutta una parte di popolazione il cui modo di portare i capelli, indicativo di una certa appartenenza razziale ed etnica, è un problema. Uno studio condotto nel 2023 da Linkedin in collaborazione con il brand Dove negli Stati Uniti dettaglia l’impatto sistemico sociale ed economico dei pregiudizi sui capelli e della discriminazione contro le donne nere sul posto di lavoro, dimostrando ulteriormente l’urgente necessità di cambiamento. Attraverso questo Crown Act è stato rivelato come i capelli delle donne nere abbiano 2,5 volte in più di probabilità di essere considerati non professionali, che circa il 66 per cento delle donne afroamericane cambia lo styling dei propri capelli per un colloquio di lavoro e, in particolare, il 41 per cento di loro lo fa da ricci a lisci. Non solo: le donne nere si sentono in dovere di portare i capelli lisci a un colloquio di lavoro per avere successo, lo fa il 54 per cento di loro, mentre il 44 per cento sente il bisogno di avere almeno una foto con i capelli lisci. Questa è una questione che va molte oltre il mero fatto estetico: più del 20 per cento delle donne nere che hanno continuato a portare i capelli ricci sono state licenziate per questa scelta e, come se non bastasse, quelle che conservano il posto sono due volte più propense a subire microaggressioni sul posto di lavoro rispetto alle donne nere con capelli più lisci.
La Francia vuole vietare la discriminazione basata sui capelli afro
In questo contesto si inserisce il disegno di legge dell’Assemblea Nazionale francese – la camera bassa – con cui verrebbe vietata la discriminazione basata sul taglio, il colore o la texture dei capelli. La proposta, sostenuta dal deputato indipendente del territorio d’oltremare francese di Guadalupa
Olivier Serva trae il suo fondamento dalla discriminazione subita in particolare dalle donne francesi di origine africana durante i colloqui e sul posto di lavoro. Perché questo disegno di legge diventi effettivo dovrà passare al vaglio del Senato, che è a maggioranza di destra e dove non è scontato che passi, ma si tratta comunque di una proposta storica che dimostra come la multiculturalità sia un aspetto di cui dover tener conto per legiferare. La Francia tuttavia non è l’unico paese ad essersi posto questo problema: negli Stati Uniti, almeno 23 stati hanno approvato leggi mirate a proteggere le persone dalla discriminazione basata sui capelli mentre nel Regno Unito la Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti Umani ha emesso linee guida contro la discriminazione basata sui capelli nelle scuole.
Non si tratta solamente di donne e uomini neri però: Serva ha incluso nella sua proposta di legge anche la discriminazione subita dalle bionde, dalle rosse e dagli uomini calvi, motivando la sua richiesta riferendosi proprio agli studi sulla discriminazione durante i colloqui e sul posto di lavoro di cui sopra e che le donne afroamericane soffrono in maniera particolare essendo la categoria più colpita. La questione è complessa e coinvolge anche un aspetto che riguarda la salute: uno studio del 2015 ha scoperto che alcuni prodotti per capelli comunemente usati dalle donne nere per lisciarsi possono aumentare il rischio di cancro al seno. In alcuni di questi prodotti, chiamati relaxer, sono stati infatti trovate sostanze chimiche pericolose e uno studio del 2022 li ha collegati al cancro dell’utero. Le donne nere sono spesso consapevoli delle conseguenze alle quli possono andare incontro sul posto di lavoro per indossare acconciature naturali, ma i rischi legati al rispetto delle norme sociali stanno diventando sempre più grandi, oltre al fatto che si tratta di un’ingiustizia bella e buona. Non si tratta solo di temere gli effetti a lungo termine per la propria salute, ma anche di difendere il proprio diritto ad autodeterminarsi.
Discriminare le persone nere per i propri capelli lede anche il loro diritto ad autodeterminarsi
Per comprendere l’impatto della discriminazione basata sulla razza nei confronti dei capelli neri, è necessario conoscere e comprendere il significato che questi portano con sé. Per la maggior parte degli afroamericani infatti i capelli sono un’espressione di identità e cultura, una rappresentazione della propria storia e portano un significato emotivo profondo. I capelli neri sono un simbolo di sopravvivenza, resistenza e celebrazione perché hanno sempre rappresentato allo stesso tempo sia oppressione che emancipazione.
Diversi tipi di acconciature come treccine, rasta, twist, afro, bantu knots e altre hanno tutte connessioni storiche con l’orgoglio nero, la cultura, la religione e la storia. Nelle antiche comunità africane l’acconciatura di una persona poteva raccontare molto su chi fosse, da dove venisse e quale fosse il suo status sociale. Trecce e altre acconciature intricate venivano storicamente indossate per significare l’identificazione tribale, lo stato civile, l’età, la religione, la ricchezza e il rango mentre durante l’epoca della schiavutù le trecce, in particolare le cornrows, venivano utilizzate come strumento per passarsi messaggi in codice, per scambiarsi mappe e pianificare vie di fuga. Con gli anni Settanta e con il movimento Black power poi l’afro naturale divenne un’affermazione di potere, orgoglio, resistenza e un modo per riaffermare le proprie radici. Capigliature afro sono state il marchio di fabbrica di attivisti, attiviste e icone nere come Angela Davis, Toni Morrison e Nina Simone, che esprimevano la propria lotta contro il razzismo anche attraverso lo styling dei capelli.
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