Negli Stati Uniti è stato proposto l’inserimento della farfalla monarca tra le specie a rischio dell’Endangered species act per aumentarne la protezione.
La battaglia per salvare l’ultimo vallone selvaggio della Val d’Ayas
L’incontaminato vallone delle Cime Bianche, in Valle d’Aosta, è una Zona di protezione speciale ma è minacciata da un collegamento funiviario. C’è chi si batte per la sua salvaguardia.
Quando si entra nel vallone, dopo il primo tratto di salita più ripido per accedervi, il passo rallenta, lo sguardo si alza e quello che colpisce è il silenzio, l’ampiezza e la natura selvaggia tutto intorno. Quello che vediamo sono chilometri di altipiani erbosi a perdita d’occhio, paludi, torrenti, laghi, rocce, e ripide cime. I segni umani sono praticamente assenti: si tratta di una delle ultime aree non antropizzate in questa regione alpina. Non ci sono strade, impianti di risalita o attività permanenti. Almeno per ora, ma non sappiamo ancora per quanto perché il vallone delle Cime Bianche è minacciato da un progetto che potrebbe distruggere quest’area ancora incontaminata.
Il valore del vallone delle Cime Bianche
Siamo ai piedi del monte Rosa, il vallone delle Cime Bianche si trova nell’alta Val d’Ayas ed è conosciuto per essere un ecosistema alpino con caratteristiche naturalistiche, storiche e geologiche uniche e rare. Il suo valore è tale da essere inserito nella Rete Natura 2000, creata dall’Unione europea con l’obiettivo di tutelare la biodiversità comunitaria attraverso la conservazione di habitat e specie di aree considerate prioritarie, attraverso la creazione di Zone a protezione speciale (Zps), come quella chiamata “Ambienti glaciali del gruppo del monte Rosa”, in cui è inserito, e tutelato, il vallone delle Cime Bianche.
Il vallone è protetto da una precisissima cascata legislativa che non prevede deroghe.
La biodiversità del vallone che rimane al di sopra dei 2.000 metri colpisce a prima vista, dai fiori che quest’anno riempiono ogni angolo pratoso o roccioso, ai rapaci che volteggiano in cielo vicino alle cime insieme a decine di specie di uccelli, ai mammiferi, dalle marmotte con i loro fischi, agli stambecchi sulle pareti rocciose, fino al lupo, ormai sempre più presente e di passaggio in queste aree.
Le tre cime bianche, che danno il nome al vallone e che svettano sovrastandolo (Gran Sometta, Bec Carré e Pointe Sud) sono l’emblema della peculiarità geologica di quest’area: il bianco che le caratterizza è quello che rimane delle isole coralline di un mare tropicale antichissimo, che ci ricorda dell’incredibile e lunghissimo processo evolutivo che rischiamo di manomettere, in confronto alle ere geologiche, in meno di un batter d’occhio.
Camminare per le Alpi è davvero come camminare sull’antico fondo del mare; un mare tropicale di almeno duecento milioni di anni fa, ben precedente al periodo di formazione dei rilievi
Il progetto di collegamento funiviario di Cime Bianche
Questo ambiente incontaminato, però, è minacciato dalle attività antropiche. Proprio qui si discute e si porta avanti un progetto per costruire un enorme collegamento funiviario intervallivo che andrebbe a creare il più grande comprensorio sciistico d’Europa. Il piano prevede infatti di creare impianti che uniscano la Valtournanche e le piste di Cervinia (già collegate con Zermatt in Svizzera) con la Val d’Ayas che, facendo parte del comprensorio del Monterosaski, è già collegata via impianti con le valli di Gressoney e Alagna. Un’opera mastodontica che avrebbe impatti significativi su questo ecosistema alpino ancora integro.
La vicenda è iniziata tra il 2014 e il 2015 con una prima proposta del progetto, e si protrae ormai da dieci anni. Un iter lungo con continui avanzamenti e battute d’arresto, come spesso accade in Italia, ma che, a discapito dei “tanto alla fine non se ne farà nulla”, il piano è stato lentamente ma costantemente portato avanti. Infatti, era stato prima inserito nel Documento di economia e finanza regionale (Defr) della Valle d’Aosta per il biennio 2020-2022, facendo partire il piano di valutazione della fattibilità del progetto, reso pubblico a maggio 2023. L’obiettivo della regione era ed è quello di proseguire, tanto da inserirlo del Defr 2024-2026 come “investimento strategico” per il futuro, e nel Piano regionale trasporti divulgato il 23 luglio 2024 in quanto “contribuirà alla riduzione del traffico veicolare nelle valli”.
Lo studio di fattibilità prevede delle compensazioni per il danno ambientale, quindi è chiaro l’impatto che avrebbe in una Zona di protezione speciale.
“Noi crediamo che 4 tralicci non siano invasivi, così come non lo sono gli impianti funiviari: questi rappresentano lo 0,4% della nostra superficie, con 3 milioni di passaggi che producono economia e lavoro. La nostra posizione è quindi quella di andare avanti con questo studio, pur con tutta la necessaria attenzione che poniamo ai cambiamenti climatici. Dobbiamo trovare un giusto compromesso tra le esigenze di produrre economia e lavoro per la gente che lavora in montagna e la tutela dell’ambiente”, aveva infatti affermato Luigi Bertschy, assessore allo Sviluppo economico del Consiglio regionale della Valle d’Aosta. “I cambiamenti climatici ci impongono di andare più in alto e questo sarà un obiettivo dei prossimi anni”, dello stesso parere anche Luciano Caveri, assessore alle politiche per la montagna.
Se guardiamo al futuro della montagna, però, viene difficile associare un investimento strategico all’attività sciistica. Con i cambiamenti climatici in atto, e se il trend di aumento della temperatura media globale continua su questa linea, tutti i ghiacciai alpini al di sotto dei 3.500 metri spariranno nei prossimi decenni. Senza contare lo sfruttamento delle risorse idriche che si faranno sempre più scarse.
“In termini numerici, riguardo agli impianti e allo sci, parliamo di un sistema che vale 100 milioni di euro, creando un indotto dieci volte superiore”, ha detto invece il presidente della regione Valle d’Aosta Renzo Testolin. “Un indotto che ci sostiene in questo percorso, a fronte anche di cambiamenti climatici che ci porteranno a utilizzare nel migliore dei modi la nostra montagna anche d’estate”.
Proprio a fronte dei cambiamenti climatici in atto dobbiamo tutelare le aree di biodiversità, mantenerle intatte o ripristinare quelle degradate, non distruggerle. Perché il ripristino degli ecosistemi è uno dei modi più efficaci per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, e le zone umide, come è in parte il vallone, sono gli ambienti che più assorbono più CO2, risultando essenziali in un momento in cui la priorità è tagliare drasticamente le emissioni. E distruggendole significherebbe rilasciare i gas a effetto serra che trattengono. Questi ambienti naturali sono ciò che ci sostiene e che ci protegge.
Il vallone delle Cime Bianche è il simbolo della resistenza delle ultime zone ancora incontaminate, il simbolo di una battaglia di conservazione che non conosce confini, che riguarda tutti, perché è un bene comune, è patrimonio di tutti, è arrivato fino a noi e questo ci investe della responsabilità di mantenerlo tale.
Una salita per il vallone
In questa vicenda, per fortuna, c’è chi non si è lasciato logorare dalla burocrazia né intimidire dai piani e dai progetti, e ha piantano ben fermi i piedi per terra in tutti questi anni in difesa del vallone, e continua a farlo.
Non molleremo fino a quando il vallone non si godrà un futuro come è adesso, nella sua immensità.
La battaglia continua attraverso mobilitazioni, contestazioni, petizioni, creando associazioni unendo le persone, come dice proprio il nome del comitato Insieme per Cime Bianche che porta avanti le azioni per la tutela legale anche di fronte al Parlamento europeo, progetti fotografici e, ovviamente, attraverso il cammino.
Ed è quello che abbiamo fatto il 3 agosto 2024. In quasi 400 persone abbiamo risalito e camminato nel vallone, una camminata simbolica giunta alla sua quarta edizione, per ribadire la necessità di mantenerlo tale, ricordare la sua importanza, e ammirare le sue bellezze. Insieme a noi in una giornata tersa tra i prati fioriti, realtà diverse: tante associazioni, dalle organizzatrici ad alcune sezioni Cai, Mountain wilderness, Greenpeace, Legambiente, Fridays for future, Wwf, fino a cittadini locali, appassionati di montagna e conservazione, e chi vive e frequenta la valle “da sempre”. “Con l’impegno civile che fa da timone”, come sottolineato dagli organizzatori.
Noi eravamo tra questi, tra chi ama la valle da decenni, la percorre e la vive attraverso i suoi boschi, i suoi ruscelli, le sue rocce, le sue cime, i suoi fiori alpini che quest’anno danno spettacolo con un’esplosione di colori. Siamo tra chi considera il vallone delle Cime Bianche una “Narnia” della Val d’Ayas, una vasta landa alpina che ci ricorda l’unicità, l’importanza e la potenza del selvaggio. Un selvaggio che così deve rimanere.
Lunga vita al vallone delle Cime Bianche.
Il vallone è un simbolo di libertà, degli ultimi angoli di wilderness che ancora esistono.
La battaglia per il vallone delle Cime Bianche può essere supportata firmando la petizione e partecipando alla raccolta fondi per le azioni legali.
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