Un sit-in iniziato 50 anni fa è diventato una protesta permanente a Canberra.
Gli aborigeni d’Australia manifestano per il riconoscimento dei diritti.
Ogni giorno l’ambasciata apre ai visitatori davanti al Parlamento australiano.
Prima un ombrellone da spiaggia, poi una tenda, oggi un container colorato: quando si ha a che fare con una protesta non è importante la forma, ma il messaggio. In Australia, da 50 anni – l’inaugurazione avvenne il 26 gennaio 1972 – esponenti e sostenitori delle comunità aborigene locali stazionano di fronte alla sede del parlamento australiano, nella capitale Canberra. In uno spazio verde del quartiere Parliamentary triangle, gli aborigeni hanno creato un’ambasciata ufficiosa come baluardo per far conoscere la loro storia e sostenere la lotta per il riconoscimento dei diritti degli indigeni nella nazione oceanica.
La storia della protesta Aboriginal tent embassy
Tutto ebbe inizio in una notte del gennaio 1972 quando quattro uomini di origine aborigena, Michael Anderson, Billy Craigie, Tony Coorey e Bertie Williams arrivarono a Canberra da Sydney per protestare contro la decisione del governo di allora, presieduto da sir William McMahon, di rifiutare il riconoscimento dei diritti degli indigeni sui territori da loro occupati. Il primo ministro offrì locazioni per scopi generici lunghe 50 anni, subordinate all’utilizzo per fini economici delle aree interessate. Una proposta inaccettabile per la comunità degli aborigeni d’Australia che da millenni abita le terre australiane e che dal 1800 ha subìto perdite e discriminazioni dopo l’arrivo dei coloni europei.
I quattro giovani erano pronti per una veglia di protesta di alcuni giorni e per questo portarono solo un ombrellone da spiaggia. Un’idea simile a quella che decenni dopo, era il 2018, ha realizzato la giovane attivista Greta Thunberg creando un sit-in davanti al Parlamento svedese per manifestare contro i cambiamenti climatici. Come quella di Greta, la dimostrazione degli aborigeni va ancora avanti. I protagonisti hanno spiegato che il termine “ambasciata” è stato deliberatamente scelto per attirare l’attenzione sul fatto che gli aborigeni non avevano mai ceduto la sovranità delle loro terre e che non c’era mai stato alcun tipo di trattato con il Regno Unito; erano l’unico gruppo culturale in Australia che non aveva un’ambasciata per rappresentarli. Al fine di consolidare questo concetto, oggi oltre all’ambasciata è presente un’enorme scritta “sovranità” nel parco antistante il parlamento.
“Quando siamo arrivati a Canberra volevamo mettere in atto una veglia permanente per spiegare ai visitatori i diritti sulla terra. Stiamo occupando questo spazio da allora e abbiamo preso la terra come hanno fatto gli uomini bianchi”, ha detto Michael Anderson, uno dei quattro fondatori, oggi 70enne e appartenente al gruppo aborigeno degli Euahlayi.
Erected in 1972, today marks the Aboriginal Tent Embassy's 50th continuous year of occupation, making the site the longest protest for Indigenous land rights, sovereignty and self-determination in the world. To commemorate this occasion, we're sharing images from our Collection. pic.twitter.com/olipMZQMhT
Negli anni successivi si è passato a tende vere e proprie, scelte per rappresentate le difficoltà abitative nelle riserve, poi all’attuale container. Quest’ultimo è colorato di rosso, giallo e nero: sono le tonalità della bandiera degli aborigeni d’Australia, che spesso si vede sventolare in manifestazioni e sit-in e viene utilizzata come sostituta del vessillo ufficiale. Il container è aperto quotidianamente e offre a turisti e visitatori informazioni sulla storia degli aborigeni e aggiornamenti sui progressi delle leggi per riconoscere i diritti degli indigeni.
“L’ambasciata è fondamentalmente una rappresentanza per tutte le nazioni indigene. L’abbiamo impostata in modo che quel piccolo blocco di terra che abbiamo occupato fosse visto come uno spazio neutrale dove gli aborigeni potessero venire ed esprimere le loro opinioni sull’occupazione a cui eravamo sottomessi dagli inglesi. Ancora oggi i diritti alla terra degli indigeni sono intrinsecamente legati alla giustizia ambientale e gli indigeni continuano a dover affrontare alti tassi di incarcerazione e morte in prigione”, spiegano gli attivisti.
Attualmente, nonostante rappresentino solo il 3,3 per cento della popolazione, gli aborigeni costituiscono più del 28 per cento delle persone nelle carceri australiane. Il quotidiano inglese Guardian riporta che, tra il 2001 e il 2015, il numero di indigeni nelle carceri dello stato australiano di North South Wales è raddoppiato. Disoccupazione e abbandono scolastico sono due fattori che accomunano la storia degli aborigeni australiani a quella di altre popolazioni indigene nel mondo, ma l’organizzazione International Work Group for Indigenous Affairs aggiunge che “i sistemi legali e assistenziali australiani hanno storicamente preso di mira le donne aborigene a partire dall’invasione di oltre 200 anni fa. Come madri, un gran numero di donne aborigene ha dovuto affrontare l’allontanamento dei propri figli in base alle politiche di assimilazione praticate in Australia da 40 anni”. Per questi motivi, la protesa della Aboriginal tent embassy continua imperterrita davanti al Parlamento australiano: fino a che i diritti degli indigeni non saranno rispettati e verranno assimilati a quelli degli altri cittadini, l’ambasciata nata con un ombrellone da spiaggia non può chiudere.
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