Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
La storia delle conferenze sul clima, anche note come Cop
Cosa vuol dire l’acronimo Cop? E perché ogni anno si tengono le conferenze sul clima? Quali sono gli obiettivi? La storia e oltre in questo articolo.
Ultimo aggiornamento: 15 marzo 2023
Cosa sono le Cop, le conferenze sul clima?
Correva l’anno 1992 quando il mondo iniziava a trattare il riscaldamento globale come una cosa seria, come un tema da affrontare e risolvere. Questo racconto fa il punto sulla storia delle conferenze sul clima, delle conferenze delle parti, quelle che tutti conosciamo come Cop. Il ciclo di negoziati sul clima che ogni anno tenta di trovare soluzioni efficaci e rapide contro la crisi climatica in corso. Un racconto fatto di alti e bassi, di speranza e delusione, e che anno dopo anno, tassello dopo tassello, sta dando vita a un mosaico fatto di cooperazione internazionale tra paesi del Nord e del Sud del mondo. Una cooperazione non facile, ma che ha come obiettivo quello di raggiungere un risultato comune, di salvaguardare un elemento comune, come il clima.
- 1992, il Summit della Terra
- La prima Cop, a Berlino
- Cop3, 1997, nasce il Protocollo di Kyoto<
- Cop15, 2009, il primo fallimento
- Nasce il fondo verde per il clima
- Cop21, 2015, è l’anno dell’Accordo di Parigi
- 2018, Greta Thunberg e la nascita di un movimento
- Cop27, 2022, viene creato il fondo loss and damage
1992, il Summit della Terra
1992, Rio de Janeiro, Brasile, si tiene il Summit della Terra. La storia delle Cop, le conferenze sul clima comincia con la creazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l’acronimo è Unfccc (le C sono tre). Sono gli anni Novanta e la discussione su come limitare le emissioni di gas ad effetto serra, come la CO2 o il metano, si fa subito accesa con una netta divisione tra paesi industrializzati – i maggiori responsabili delle emissioni storiche – e paesi in via di sviluppo, quelli che soffrono di più le conseguenze del riscaldamento globale. Anche se oggi, va detto, alcuni di questi sono diventati responsabili di una larga fetta delle emissioni attuali. Parliamo di Cina, India e Brasile. Quell’anno, a ricordare agli adulti le proprie responsabilità, c’era Servern Cullis-Suzuki, una ragazza canadese di 12 anni che faceva parte di Eco – l’organizzazione dei bambini per l’ambiente.
Le sue parole, pronunciate 30 anni fa, suonano molto familiari. L’obiettivo del summit è chiaro: bisogna stabilizzare le concentrazioni di gas serra in atmosfera a un livello sufficientemente basso da prevenire danni al clima. La promessa: organizzare una conferenza ogni anno per decidere quali azioni intraprendere per affrontare la crisi climatica.
La prima Cop, a Berlino
1995, è l’anno della Cop1 di Berlino. Sono passati 27 anni da quando i governi si sono incontrati per la prima volta. Da allora per negoziare patti, accordi, protocolli e azioni comuni sul clima è stato “bucato” solo un anno, il 2021, anno della pandemia.
Cop3, 1997, nasce il Protocollo di Kyoto
1997, Cop3 di Kyoto. Nel corso della terza conferenza sul clima, viene adottato il Protocollo di Kyoto. Per la prima volta viene imposto un obbligo di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera ai paesi industrializzati e quindi, più responsabili. La riduzione globale media si sarebbe dovuta attestare al 5 per cento nel periodo 2008-2012, rispetto ai livelli che si sono registrati nel 1990. Per l’entrata in vigore di questo documento, però, ci sono voluti ben 7 anni. Un tempo troppo lungo durante il quale le emissioni non hanno fatto altro che aumentare. Nel 2005, infatti, era già tempo di un nuovo accordo, più ambizioso, che riguardasse tutti i paesi. Un risultato che si sperava di raggiungere nel 2009, in Danimarca.
Cop15, 2009, il primo fallimento
2009, Cop15 di Copenaghen. Qui si consuma il primo e più grande fallimento dei negoziati sul clima. I governi non riescono a mettersi d’accordo su un nuovo testo. Ci si scontra su chi avrebbe dovuto sostenere gli sforzi maggiori per abbattere la CO2. Le nazioni più povere della Terra rimangono le meno responsabili e per questo chiedono alle più ricche di agire per prime e aiutare finanziariamente quelle più vulnerabili ad adattarsi all’impatto del riscaldamento globale.
Nasce il fondo verde per il clima
È da qui che nasce l’idea di un fondo verde per il clima da 100 miliardi di dollari l’anno. Per il resto, l’unica decisione è fissare un nuovo anno per prendere una decisione. Quell’anno sarà il 2015.
Cop21, 2015, è l’anno dell’Accordo di Parigi
2015, Cop21 di Parigi. Qui viene adottato il trattato internazionale che può essere definito come la costituzione dei negoziati sul clima: è l’Accordo di Parigi. 196 paesi decidono di impegnarsi per mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi e il più possibile vicino al grado e mezzo. Per farlo devono fornire promesse volontarie di riduzione. Ora, dunque, è il tempo dell’azione.
2018, Greta Thunberg e la nascita di un movimento
2018, Cop24 di Katowice. In quella che sembrava essere una conferenza di transito, dove andavano stabilite le regole per l’attuazione dell’Accordo di Parigi, nasce un movimento. Greta Thunberg, attivista per il clima svedese che dal 20 agosto di quello stesso anno sciopera ogni venerdì per chiedere azione contro la crisi climatica, tiene un discorso che passa alla storia. È il discorso che sancisce il suo ruolo di leader, forse inconsapevole, di una generazione che chiede di avere un futuro. È la nascita ufficiale di Fridays for future.
È sempre il 2018 quando viene pubblicato uno dei rapporti più importanti dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici che unisce scienziati e climatologi da tutto il mondo. Quello che ci indica la strada verso un futuro a 1,5 gradi. Una pietra miliare, che avrebbe dovuto scuotere le coscienze di leader e governi e spronarli a prendere azioni rapide e decise per tagliare le emissioni di CO2 mettendo all’angolo carbone, petrolio e gas. Le promesse avanzate fino a quel momento dagli stati ci portavano verso un mondo a +2,4 gradi, ancora troppo. Ma comunque meglio di come sarebbe andata senza l’Accordo di Parigi quando viaggiavamo verso un aumento della temperatura media globale di 3-4 gradi.
Cop27, 2022, viene creato il fondo loss and damage
Arriviamo al 2022, siamo a Sharm el-Sheik per la Cop27. Qui viene presa una decisione storica, viene posizionato un tassello fondamentale del mosaico: la creazione di un fondo finanziato dai paesi industrializzati per riparare le perdite e i danni subiti dai paesi più colpiti, ma meno responsabili della crisi climatica: è il fondo “loss and damage”. Una tappa fondamentale per il raggiungimento della giustizia climatica che arriva dopo uno dei disastri peggiori della storia dell’umanità: le alluvioni che hanno colpito il Pakistan causando oltre 1.700 morti, milioni di sfollati e danni per oltre 30 miliardi di dollari.
Il risultato ancora lontano, invece, è la mitigazione, cioè il taglio delle emissioni di CO2, che di fatto sono l’unica vera causa dell’aumento della temperatura media globale. La CO2, infatti, continua ad aumentare e ora è il momento di accelerare dal punto di vista delle promesse e – soprattutto – delle azioni. Ed è su questo che bisogna puntare in questo anno che ci separa dalla Cop28 di Dubai.
La prossima volta che vi dicono che le Cop non servono, provate a raccontare anche solo una piccola parte di questi traguardi. Perché in un mosaico fatto da 196 parti, da 196 tasselli è impossibile pensare di completare l’opera dall’oggi al domani. Abbiamo poco tempo, è vero, e il lavoro da fare per abbandonare per sempre i combustibili fossili è complesso, ma le Cop sono l’unico strumento efficace per mettere insieme il mondo e garantire un futuro alle prossime generazioni.
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