L’incremento in tutta Europa della micromobilità ha ripercussioni sulla sicurezza stradale. Se ne parla nel nuovo episodio di LifeGate talk.
La velocità in strada fa la differenza, ma non per il ddl Salvini
Principale causa della gravità delle collisioni stradali, la moderazione della velocità non è considerata nel ddl Salvini. Ecco l’analisi e l’appello delle associazioni.
Anche dando spazio alla voce delle associazioni che si occupano di mobilità attiva e sostenibile, abbiamo già ribadito da queste pagine che per fermare davvero la strage stradale in Italia bisogna prima di tutto moderare la velocità dei mezzi. È questa infatti la prima causa della gravità di collisioni nel nostro Paese, un fattore che non possiamo ignorare quando trattiamo il tema della sicurezza stradale. Parliamo quindi di collisioni, cioè di scontri prevedibili, all’ordine del giorno, di cui conosciamo bene dinamiche e cause, non di “incidenti” inattesi. Eppure, nonostante le evidenze scientifiche e il numero delle vittime, la moderazione del traffico nel disegno di legge proposto dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini viene trascurata e di pari passo la mobilità attiva viene attaccata e depotenziata. Per questo ancora una volta le associazioni si uniscono e si fanno sentire, per chiedere a Parlamento e Governo una revisione complessiva del Codice della strada, partendo da un’analisi accurata della proposta che viene da loro definita “inefficace e dannosa”.
Ddl Salvini, “inefficace” e “dannoso” per la mobilità attiva
Un disegno di legge per la sicurezza stradale da una parte inefficace, perché non interviene sulla velocità che è la prima causa degli incidenti più gravi nelle città e anzi limita l’uso degli autovelox; e dall’altra parte dannoso, perché addirittura fa passi indietro sulle norme esistenti per la mobilità sostenibile, limitando le possibilità di realizzazione di ciclabili, ztl e sosta regolamentata. È questa, in sintesi, la lettura del disegno di legge data delle associazioni della piattaforma #città30subito che riunisce Legambiente, Fiab-Federazione italiana ambiente e bicicletta, Asvis, Kyoto Club, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, Amodo, Clean cities campaign e che nei mesi scorsi ha promosso una proposta di legge, sul modello di un provvedimento analogo già adottato in Spagna, per promuovere la sicurezza stradale nelle città moderando la velocità e rigenerando lo spazio pubblico. La richiesta a governo e Parlamento, se davvero si vogliono salvare vite umane, è quella di istituire il limite dei 30 km/h nei centri urbani, per città più a misura di persona e di ritirare le modifiche sulla mobilità sostenibile.
L’impegno per la sicurezza stradale del ministro Salvini è confermato dalla riforma presentata che interviene soprattutto sulla parte sanzionatoria di chi fa abuso di sostanze illecite alla guida ma ha un grande assente: la moderazione della velocità. È importante contrastare chi guida sotto l’influsso di alcool e droghe, sapendo che tali comportamenti sono causa del quattro per cento degli incidenti (6761 su 151.875 totali, secondo il ministero dell’Interno), ma in aggiunta a questo è bene ricordare che la principale causa di incidenti, come prima causa o concausa che ne aggrava altre, è la velocità eccessiva (Istat 2021), su cui mancano interventi incisivi nel decreto legge presentato in Consiglio dei ministri, che anzi renderà più difficile l’installazione degli autovelox, prezioso strumento di moderazione e controllo della velocità soprattutto in città.
Secondo le associazioni della piattaforma #città30subito la proposta di legge del ministro Salvini non aumenterà la sicurezza stradale, soprattutto nelle città, dove avviene oltre il 70 percento di tutti i sinistri stradali. Per tutelare efficacemente la sicurezza delle persone, a partire dalle categorie più vulnerabili come pedoni e ciclisti, occorre ridurre per legge la velocità massima sulle strade urbane. In caso contrario risulterà irraggiungibile lo stesso obiettivo che il decreto legge si pone: diminuire sensibilmente le vittime, con l’auspicio di avvicinarsi il più possibile a zero vittime sulla strada entro il 2050 (“Vision zero”).
Come scrivono le associazioni, la proposta di legge presentata del ministro Salvini rende più difficile l’utilizzo di mezzi di trasporto leggeri come i monopattini, “senza intaccare in modo significativo le reali cause dell’incidentalità e depotenzia strumenti introdotti nel 2020 come le corsie ciclabili limitandone incomprensibilmente l’uso”. Intervenire in modo repressivo sugli utenti della micromobilità, con il pretesto di voler mettere ordine nella regolamentazione di questi nuovi utenti della strada, non incide sull’attuale strage stradale e rischia di allontanare le persone da scelte indispensabili per fermare l’aumento delle morti su strada in ambito urbano, nelle quali l’Italia detiene il triste primato in Europa.
Gli attacchi contro la bicicletta e la mobilità sostenibile
Il disegno di legge inoltre restringe la capacità dei comuni di gestire la mobilità urbana, inserendo regolamenti ministeriali che ne riducono l’autonomia e complicano i già complessi iter amministrativi per introdurre infrastrutture ciclabili, ztl, controlli elettronici e zone tariffarie di disincentivo all’uso dell’automobile. La bozza di decreto infatti attua una “retromarcia” preoccupante sulle norme relative alla mobilità ciclabile urbana aggiornate nel 2020 prevedendo limitazioni per la realizzazione della corsia ciclabile e analoghe limitazioni per la realizzazione del doppio senso ciclabile, l’eliminazione della “casa avanzata” con tutte le sue caratteristiche e la sua sostituzione con la “zona di attestamento ciclabile” e un notevole depotenziamento della strada ciclabile.
Quanto al neo introdotto obbligo di sorpasso delle biciclette ad almeno 1,5 metri di distanza laterale, questo diventa immediatamente vano in quanto esso sarà obbligatorio solo “ove le condizioni della strada lo consentano”, di conseguenza i veicoli a motore potranno effettuare il sorpasso delle bici anche a distanza inferiore tutte le volte in cui non ci sia spazio sufficiente sulla strada per rispettare il metro e mezzo.
Il rimando a futuri decreti e regolamenti ministeriali per la definizione di nuove regole per le leve fondamentali della mobilità sostenibile lascia presagire ulteriori strette, ad esempio l’ipotesi di estendere obbligo di casco, targa e assicurazione (proposto per i monopattini) anche alle persone che scelgono la bicicletta, disincentivandole.
Le associazioni riunite nella piattaforma #città30subito chiedono quindi a governo e Parlamento di procedere all’elaborazione di una revisione complessiva del Codice della strada e delle norme annesse e connesse sulla traccia della proposta di legge Città 30 presentata a maggio scorso a Bologna e su una maggiore incentivazione della mobilità attiva.
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