Democratica e liberale Australia “La generazione rubata”

nella democratica e liberale Australia almeno 100 mila bambini sottratti con la forza alle loro famiglie “La generazione rubata” Un film per non dimenticare

Tra la fine dell’800 e l’inizio degli anni ’60 nella democratica e
liberale Australia almeno 100 mila bambini aborigeni, soprattutto
meticci, vennero sottratti con la forza alle loro famiglie e fatti
crescere sotto la custodia dello stato, delle missioni cattoliche o
affidati a genitori adottivi bianchi con la motivazione di una
più adeguata “protezione morale”. In altre parole, per
essere educati come bianchi e inseriti negli stereotipi della
civiltà occidentale.

Quei bambini deportati, ora adulti che solo a fatica e con
sofferenza sono riusciti a recuperare il ricordo della propria
storia, vengono chiamati “the Stolen Generation”, la Generazione
Rubata. Nel 1995, un’inchiesta condotta a livello nazionale dalla
Commissione per i diritti umani ha riportato alla luce questo
dramma rimosso. E’ stato così possibile conoscere la
verità sulla politica profondamente razzista con cui fino
agli anni ’70 le autorità australiane hanno tentato di
negare l’identità aborigena attraverso uno sconvolgente
programma di assimilazione forzata che l’Onu ha definito
genocidio.

La coercizione culturale e religiosa, lo sfruttamento e il lavoro
obbligatorio, i maltrattamenti fisici e lo stupro da parte dei
bianchi, praticato su quasi il 90 per cento delle ragazze aborigene
uscite dalle missioni, ha generato la perdita, spesso irreparabile,
del patrimonio culturale della comunità nativa. Tratto da
una storia vera della scrittrice aborigena Doris Pilkington
Garimara (Follow the Rabbit Proof Fence), la generazione rubata
è diventato un film che sta riscuotendo un enorme successo
in tutto il mondo.

E’ una storia di oppressione e di coraggio, di libertà e
tenerezza, ambientata nell’Australia degli anni ’30, che nel finale
attinge a una dimensione quasi epica. Tre bambine meticce, Molly,
Daisy e Gracie, fuggono dalla missione di Moore River dove sono
state deportate e intraprendono un lungo viaggio attraverso la
natura impervia dell’outback, affidandosi all’intuito e alle
conoscenze ancestrali della natura.

Nonostante i continui tentativi delle autorità di
riacciuffarle e dopo aver percorso 1500 miglia in poco più
di un mese a piedi nudi, seguendo l’interminabile rete di
protezione costruita per proteggere i pascoli dai conigli
selvatici, riescono a ritrovare la via di casa. Il regista
australiano Philip Noyce ha affrontato con grande coraggio un tema
duro e scottante, di difficile digestione per il proprio Paese,
restituendo visibilità e orgoglio agli aborigeni, alla loro
storia e alla loro cultura millenaria.

Maurizio Torretti

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