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La patologia della civilizzazione
Possiamo inquadrare la patologia della civilizzazione come patologia dell’amore, con la conseguenza inevitabile di uno scadimento della qualità della vita
Lo stato di malessere del tempo presente è dovuto a turbamento ai tre livelli, fisico, psichico ed esistenziale, che ha a sua volta un minimo comune denominatore: una rottura della sintonia con la natura e del rispetto per la vita.
Questa rottura può essere definita in termini di “carenza di amore”. Possiamo inquadrare la patologia della civilizzazione come patologia dell’amore, nel senso di un disamore per il valore della vita, con la conseguenza inevitabile di uno scadimento della qualità della vita a tutti i livelli, cioè in senso innaturale, non più a misura d’uomo.
Come si manifesta la patologia della civilizzazione
A livello fisico la patologia della civilizzazione è correlata ad uno scadimento della qualità dei cibi, nel senso di una distruzione o depauperamento dei fattori vitali, con particolare riguardo ai microorganismi eubiotici che vengono uccisi con i trattamenti di sterilizzazione termica o radiante. La conseguenza è una riduzione delle difese dell’organismo.
A livello psichico hanno finito col prevalere sentimenti egoistici, edonistici, di prevaricazione, di sfruttamento, di violenza, di fatto di disamore: nel comportamento dei singoli e nei rapporti sociali, che hanno fatto insorgere nel cuore dell’uomo un senso di solitudine, di abbandono e di frustrazione, presupposto per cercare rifugio nei farmaci contro l’ansia e, per i più labili, nella droga e nel suicidio.
A livello esistenziale, la distruzione dei valori, l’irrisione e l’accantonamento dell’assoluto, del trascendente e dello spirituale – in quanto non suscettibili di verifica e convalida scientifica – ha provocato un dilagare di un vuoto esistenziale. Questo senso di vuoto è diventato insopportabile per le giovani generazioni che hanno sentito l’esigenza di uscire dal chiuso di un materialismo e positivismo scientifico esasperato, aprendosi al messaggio dello spiritualismo orientale, come se una spiritualità non promanasse anche dalla nostra Tradizione.
E questo perché, secondo l’etica del tempo presente, si è perduto il piacere esistenziale della verità e dell’onestà e il piacere di godere del bene dell’altro, e di conseguenza anche il credo religioso viene per lo più vissuto in modo soltanto formale.
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