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La ribellione letteraria di Mian Mian
Il fatto che colpisce con maggiore intensità, è che le penne più creative e libere sono quelle impugnate da donne come Mian Mian o Zhou Wihui
La storia della letteratura cinese del secolo scorso, nel segno di
una visione politica che non poteva concepire la diversità e
la non conformità alle direttive del “popolo”, è
assolutamente priva di opere caratterizzate da elementi di
individualità o di ribellione.
Negli ultimi anni tuttavia qualcosa sta cambiando anche in Cina, e,
spinti dai radicali sconvolgimenti sociali ed economici che stanno
attraversando il paese, nonché dalla lenta ma inesorabile
apertura verso l’Occidente, alcuni giovani artisti cominciano a far
sentire il proprio grido di ribellione, che travalica i confini
nazionali per arrivare fino a noi. Il fatto che colpisce con
maggiore intensità, è che le penne più
creative e libere sono quelle impugnate da donne come Mian Mian o
Zhou Wihui (scrittrice del best seller internazionale Shanghai
Baby).
Cosa c’è di più lontano dalla concezione del vecchio
regime cinese, di una donna ribelle e che afferma la propria
individualità parlando delle proprie abitudini sessuali e
dell’uso di droghe?
I libri di Mian Mian parlano temi che in Occidente riempiono
tonnellate di libri di seconda categoria da, ormai, decenni.
Insomma, se fossero ambientati ad Amburgo, a Sidney, a Marsiglia o
a Milano non rappresenterebbero davvero a di nuovo nell’ambito
della storia della letteratura.
I suoi racconti invece sono ambientati nella Shangai dei giorni
nostri, e di conseguenza il loro valore, come testimonianza storica
e sociale, è incalcolabile.
Non sono insigni studiosi stranieri o rifugiati politici che non
vedono la Cina da decenni a parlare di come potrebbe essere la vita
dei giovani di Shangai, ma una persona che ha vissuto e vive sulla
propria pelle l’esperienza della droga, del sesso e del disagio
metropolitano. Mian Mian oggi è un’artista a tutto campo, si
occupa di cinema, Internet ed è una delle maggiori
organizzatrici di eventi musicali della Cina.
I testi di Mian Mian, dopo qualche anno di inspiegabile
disattenzione sono stati messi al bando dal governo cinese. Questa
apparente forma di censura sembra più formale che reale, in
quanto non è stato fatto a per impedire il proliferare di
copie pirata del libro sul mercato nero, e tanto meno la
pubblicazione dei libri all’estero.
Qualcosa in Cina sta effettivamente cambiando, come si spiegherebbe
altrimenti il fatto che Mian Mian, per quanto formalmente
“censurata”, sia libera di concedere interviste, viaggiare
all’estero e pubblicare la propria corrotta visione della Cina?
Daniele Cerra
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