I risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti ipotizzano un collegamento tra 22 pesticidi e i tassi di incidenza e mortalità del cancro alla prostata.
La sacralità della Terra
In tradizioni di molti popoli e culture, del passato e del presente, la Terra si configura come potenza creatrice dalle illimitate energie, sorgente generatrice di tutte le forme dell’esistenza.
Questo discorso, per primo a me rivolsero le dee, le Muse
d’Olimpo. Salve figlie di Zeus, datemi l’amabile canto;
celebrate la sacra stirpe degli immortali, sempre viventi, che da
Gaia [Terra] nacquero, e da Urano stellato [Cielo]. Dite come
dapprima gli dèi e la terra nacquero, e i fiumi e il mare
infinito di gonfiore furente. Questo cantatemi o Muse, che
abitate le olimpie dimore fin dal principio e ditemi quale per
primo nacque di loro [E le dee rispondono] primo fu Caos, e poi
Gaia dall’ampio petto?
Esiodo, Teogonia, 24-120.
La Teogonia di Esiodo, poeta dell?VIII secolo, si configura come
il primo documento che offre un’organica visione d’insieme del
pantheon greco; un racconto della discendenza degli dèi che
è ricerca delle origini per offrire un’interpretazione
sistematica del mondo, per spiegare tramite il mito “come si
è addivenuti a ciò che è ora”.
Solo Gaia,
la Terra, in questo contesto, sembra possedere tratti divini. Gaia,
dopo aver generato “tutte le cose”, diventa inattiva, confinando la
sua attività al momento mitico della creazione del mondo, ma
a lei si sovrappone Demetra (che nel suo stesso nome contiene il
termine “madre”), dea della seconda generazione ascrivibile al tipo
della “Terra
Madre” generatrice, con una cospicua attività
sul piano del rito.
La Terra, dunque, si configura come potenza creatrice dalle
illimitate energie, e non solo nelle antiche tradizioni greche, ma,
dal punto di vista religioso, essa costituisce il fondamento, la
sorgente generatrice di tutte le forme dell’esistenza anche in
moltissime altre tradizioni. Un concetto, questo, che emerge, per
esempio, con forza presso gli stessi
popoli dell’America settentrionale.
Tra i grandi antropologi e storici delle religioni che hanno
esplorato i significati, i simboli, i miti legati alla terra
occupano un posto di primo piano Eliade e Grinnell; quest’ultimo,
in particolare, fa notare come innumerevoli popolazioni
dell’America settentrionale veneravano la terra, considerandola
profondamente
sacra: luogo della vita e della rigenerazione.
Grinnell ci ricorda come un Cheyenne…
Grinnell ci ricorda come un Cheyenne, all’inizio del XX secolo,
spiegava ad un visitatore la sacralità della terra:
“È tramite la terra che noi viviamo. Senza di essa non
potremmo esistere. Essa ci nutre e ci sostenta. Da essa crescono i
frutti che mangiamo; l’erba nutre gli animali e con la loro carne
noi continuiamo a vivere; da essa scaturisce l’acqua che noi
beviamo, la quale scorre sulla sua superficie. Noi camminiamo sopra
di essa, e se la terra non fosse solida e stabile noi non potremmo
vivere”.
La straordinaria
lezione del Cheyenne consiste proprio in questo: il
significato religioso della terra comprende ogni forma d’esistenza
che si manifesta attraverso la sua potenza sacrale. Dall’acqua alle
foreste, dalle montagne alla vegetazione, la terra è una
sorgente instancabile di vita.
Una lezione non solo per il visitatore, ma anche, e soprattutto,
per l’uomo d’oggi, che in nome della sua volontà di potenza
non esita a profanare la terra, con tutte le conseguenze etiche e
ambientali che ne derivano.
Il problema è che l’uomo d’oggi ha scambiato lo ”stare al
mondo” con l'”avere un mondo”, possederlo, dominarlo, manipolarlo a
proprio piacimento, vedere in esso solo il luogo del fruibile, del
consumabile, dell’energia da accumulare e ripartire in modo
indiscriminato.
Romano Guardini, a questo proposito, ha parole superbe:
«Il problema centrale attorno a cui dovrà aggirarsi il
lavoro (e l’impegno mortale) della cultura futura e dalla cui
soluzione dipenderà non solo il benessere o la miseria, ma
la vita o la morte, è la potenza. Non il suo aumento,
ché questo viene da sé, ma la via per domarla e per
farne un retto uso».
Fabio Gabrielli
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