Dall’incontro tra la filosofia indiana con il taoismo e con la mentalità cinese, pragmatica e intrisa di confucianesimo, nasce un percorso spirituale in cui la compassione si eleva allo stesso livello della sapienza.
La via dell’etere: un viaggio verso il risveglio
Risveglio
La quint’essenza di ogni cosa è sempre, per sua natura,
invisibile e, di conseguenza, non può essere indagata se non
esplorando, con acutezza, il “visibile” nel quale, appunto,
è celata.
Per questo l’Eterico è la parte più difficile da
trattare, nel percorso delle cinque vie: il terzo grado di
realizzazione nella via dell’Etere, il grado dell’Umano
Risvegliato. Nelle quattro vie corrisponde, rispettivamente, a
Saggezza, Controllo, Perseveranza, Libertà. L’eterico di
queste quattro pratiche, il loro asse portante, è il
Risveglio.
Non si può tradurre questa parola che con un’unica
affermazione: la pratica è il risveglio, il risveglio
è la pratica. E’ “nella” pratica, è “già”
nella pratica. Non possiamo che immergerci in essa.
A questi livelli, non si può più di tanto indagare,
soprattutto con le parole. Il Risveglio cui ci riferiamo come via
dell’Etere, non vuol dire “mi sono risvegliato; non c’entro
più con queste cose. Equilibrio e squilibrio? Sostegno? Ma
no! Io vivo di spirito, sono risvegliato.” Non è
così: anche risvegliati, si mangia.
Nel campo spirituale, non si maturano interessi, assolutamente mai.
Non posso dire: pratico, pratico, pratico così, prima o poi,
mi risveglio. Risvegliarsi è unicamente questo: è
constatare che la pratica “è” il risveglio e il risveglio
“è” la pratica.
La vita è la pratica, la via che ti mette sulla strada della
tua realizzazione, sulla strada del “tuo dio”. Ma nessuno ti batte
le mani, nessuno ti dice bravo. Difficilissimo.
Loredana Filippi
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