La campagna Vote for animals, promossa da Lav e altre organizzazioni, mira a far assumere a candidati e partiti un impegno maggiore sul tema dei diritti animali.
Un laboratorio in Spagna è stato accusato di crudeli violenze sugli animali
Grazie a un’indagine sotto copertura, l’associazione Cruelty free international ha scoperto le violenze alle quali sarebbero sottoposti gli animali in un laboratorio di ricerca spagnolo.
Il laboratorio Vivotecnia, un polo spagnolo di ricerca scientifica con sede a Madrid, sarebbe colpevole di “violenze crudeli e gratuite” inflitte agli animali che detiene. È quanto emerge dall’ultima indagine dall’associazione Cruelty free international (Cfi) che, grazie al contributo di un whistleblower, una persona anonima che lavorava all’interno della struttura, ha raccolto le immagini delle condizioni drammatiche in cui sono tenuti gli animali e le ha rese pubbliche. L’associazione ha lanciato ora una petizione e si è rivolta alle autorità europee per chiedere la chiusura della struttura e una revisione delle leggi che regolamentano i test sugli animali.
Cosa ha scoperto Cfi nel laboratorio
Vivotecnia conduce esperimenti sugli animali – tra cui cani, primati, roditori e suini – per testare prodotti chimici, cosmetici, biofarmaceutici e tabacco. Nel video realizzato da Cfi si vedono chiaramente gli operatori, gli stessi che dovrebbero assicurare il benessere di questi animali, infliggere loro ogni genere di violenza, da quella fisica a quella psicologica e verbale. Non si sono infatti limitati “solamente” ad afferrarli, scuoterli, lanciarli o colpirli, hanno anche deriso le loro sofferenze, lo stress e la paura che stavano – inevitabilmente – provando.
L’associazione denuncia ugualmente l’uso di tecniche e pratiche inadatte che sono state eseguite senza la somministrazione di farmaci anestetici e hanno così provocato maggiore sofferenza. I conigli, ad esempio, non venivano maneggiati adeguatamente, cosa che sembrerebbe aver provocato loro forti lesioni alla colonna vertebrale. Ma si vedono anche cani beagle – i più utilizzati nelle sperimentazioni animali – che vengono afferrati e scaraventati dentro delle scatole; scimmie immobilizzate e in preda ad attacchi di panico che cercano di liberarsi; topi agitati con violenza in aria prima di essere gettati nelle loro gabbie.
Il laboratorio avrebbe violato le normative europee e spagnole
In aggiunta alle enormi mancanze in termini di etica personale e professionale, l’azienda avrebbe anche violato alcune leggi statali ed europee, come la direttiva 2010/63, che dovrebbero garantire un minimo di benessere agli animali e mantenere le sofferenze a loro inflitte ai livelli più bassi possibili. Nel caso spagnolo, le gabbie non sarebbero state a norma di legge essendo prive di letti e sporche. Alcuni animali sembrerebbero essere stati tenuti al buio, senza momenti per rilassarsi o muoversi liberamente. A tutto questo si aggiungono le violenze immortalate nel video dell’indagine. Inoltre, secondo Cfi gli animali non venivano monitorati adeguatamente e questo potrebbe aver portato alla morte prematura di alcuni di loro.
“È inimmaginabile che questo avvenga in Europa”, ha dichiarato in un comunicato stampa Katy Taylor, direttrice degli affari scientifici dell’associazione, che ora chiede una revisione delle leggi comunitarie e una revoca da parte dello stato spagnolo alla licenza di Vivotecnia. “È chiaro che siamo di fronte a una struttura che non è stata ispezionata a sufficienza ed è un perfetto esempio del perché vada fatto più spesso. Questo caso dimostra che c’è qualcosa di molto sbagliato a livello europeo negli esperimenti sugli animali”, ha aggiunto Taylor in una dichiarazione rilasciata al giornale britannico Guardian.
Dal canto suo, l’amministratore delegato di Vivotecnia Andres König ha negato l’esistenza di una cultura di abusi e violenze sugli animali e ha precisato che la struttura viene periodicamente controllata sia da ispettori interni che esterni. Secondo la sua opinione, il lavoro viene eseguito nel completo rispetto delle leggi europee e statali, seguendo protocolli e sistemi di monitoraggio per assicurare la qualità della ricerca.
E se così fosse, forse saremmo davanti a un problema ancora più grave.
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