Il cairn terrier è un cane dalle antiche origini. Originario delle impervie terre scozzesi è ormai famoso in tutto il mondo per la sua allegria e vivacità.
La scelta di un cane di razza è un gesto regolato dalla legge, meglio arrivare informati
Un cane di razza in casa necessita di un vero e proprio acquisto, è un evento giuridico. E come tale è regolato da norme precise che ne presuppongono la validità.
Finalmente siamo arrivati al momento in cui bisogna scegliere il nuovo componente della nostra famiglia. Ci siamo informati. Abbiamo letto tutto sul cane che ci piace e, magari, siamo anche andati a visitare allevamenti ed esposizioni cinofile. Ora che tutto è pronto per l’acquisto – perché di un atto di “compravendita” si tratta – è bene conoscere anche l’aspetto legale della faccenda. Si eviteranno così problemi e incomprensioni che potrebbero minare alla base il rapporto di fiducia che ci lega all’allevatore del nostro nuovo amico.
Non solo. Eviteremo così di alimentare un mercato nero, quello della vendita di animali senza la necessaria regolamentazione prevista dalla legge, che sta proliferando sempre di più, con gravi danni soprattutto per i nostri piccoli amici.
La scelta di un cane di razza è un evento giuridico
Portare nella propria casa un cane di razza presuppone alcuni passi legali fondamentali. “Per evitare di incorrere in un incauto acquisto del cane di razza, come troppo spesso accade visto il proliferare di soggetti che, pur non avendone i requisiti e/o le competenze, si spacciano per allevatori professionisti, è bene sapere che esiste una normativa in materia. È il decreto legislativo n. 529 del 30 dicembre 1992. Questo decreto ha recepito la direttiva europea 91/174/CEE relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza, estendendone l’applicazione anche a tutte le specie e razze che non erano contemplate nella legge n. 30 del 15.1.1991 (riferita solo agli animali da reddito), quindi anche a cani e gatti”. spiega l’avvocato Francesca Gentilini.
Vi sono così delle regole per la commercializzazione dell’animale “di razza pura” che vietano, per l’appunto, la vendita di animali sprovvisti di certificato genealogico (il cosiddetto pedigree). Ciò equivale a dire che non solo il cane (o il gatto) sprovvisto del relativo pedigree non può essere definito “di razza”, ma non può neppure essere ceduto a terzi in cambio di denaro.
“L’articolo 5, comma 1 di questo decreto è molto chiaro sul punto stabilendo quanto segue: è consentita la commercializzazione di animali di razza di origine nazionale e comunitaria, nonché dello sperma, degli ovuli e degli embrioni dei medesimi, esclusivamente con riferimento a soggetti iscritti ai libri genealogici o registri anagrafici, di cui al precedente art. 1, comma 1, lettere a) e b), e che risultino accompagnati da apposita certificazione genealogica, rilasciata dall’associazione degli allevatori che detiene il relativo libro genealogico o il registro anagrafico (Enci)”, continua l’avvocato Gentilini.
Analoga tutela è stata imposta anche con riferimento alla “commercializzazione di animali di razza originari dei Paesi terzi” per i quali il ministro dell’Agricoltura abbia con uno specifico provvedimento accertato l’esistenza di una normativa equivalente a quella nazionale.
Il pedigree, un documento importantissimo da non dimenticare
Occorre quindi stare molto attenti a cedere un cane in cambio di danaro spacciandolo come “animale di razza pura” quando il quattrozampe in questione è sfornito di pedigree, non solo perché il sedicente allevatore potrebbe essere condannato a restituire la somma illecitamente percepita a titolo di prezzo (previa restituzione del cucciolo, ovviamente) ma anche perché la legge prevede delle sanzioni: “Salvo che il fatto non costituisca reato – continua Francesca Gentilini – chiunque commercializza gli animali indicati nei commi 1 e 2 e in violazione delle prescrizioni ivi contenute è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.164 a 30.987 euro”.
È brutto tuttavia dover constatare, come spesso accade anche in altri settori, come questa normativa sia rimasta – e rimane – per lo più una dichiarazione di intenti priva di pratica e fattiva applicazione, perché molti di noi (non tutti) quando “comprano” un cane, non comprano un oggetto, ma “adottano” un essere vivente che entra a far parte della famiglia, e allora…chi se le ricorda più, ahimè, le regole, le sanzioni e le leggi? Ed è proprio giocando su questo particolare che i sedicenti allevatori che ormai affollano il web si basano e proliferano indisturbati.
Chi avrà mai il coraggio di restituire il fagottino dolcissimo che ci hanno messo in braccio quando si evidenzierà che il tanto sospirato pedigree necessario alla sua certificazione come “cane di razza” non arriverà mai? Le scuse e i temporeggiamenti sono tante: “è in ritardo l’ufficio postale; il pedigree costa e ci vuole un “sovraprezzo”; tanto cosa se ne fa di un pedigree se il cane è da compagnia” e così via…E, in questo modo, il cane di razza che abbiamo acquistato con notevoli sacrifici economici sarà in tutto e per tutto uguale al meticcio che avremo potuto salvare da uno dei tanti canili che costellano la nostra penisola. Una cosa da non dimenticare quando predisponiamo il nostro cuore – e il nostro portafoglio – alla venuta di una piccolo essere nella nostra famiglia. Salvare un cane abbandonato – e ce ne sono molti di razza pura in canile – è una cosa meritevole e, certamente, è meglio che arricchire persone disoneste che vivono sulla pelle di esseri indifesi e senza protezione.
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