La catena di negozi di abbigliamento e l’organizzazione ambientalista hanno stretto una collaborazione per sostenere la conservazione delle specie in via di estinzione.
Stefania De Peppe. L’amore per gli animali e l’ambiente va di moda
Stefania De Peppe, fondatrice del blog Ethical-Code, ci spiega perché uno stile di vita etico è, non solo giusto, ma anche elegante e perché “Ethical is the new black”.
#ingoodwetrust è l’hashtag di riferimento di Ethical-Code, progetto nato per parlare di moda, architettura, cosmesi e cibo adottando “un insolito punto di vista: il rispetto della vita e del pianeta”. Perché Stefania De Peppe, di professione doppiatrice e fondatrice di Ethical-Code, crede che il buono, inteso come etico e non violento, non escluda il bello, ovvero di classe e di qualità. L’abbiamo intervistata per capire come moda ed etica, due concetti apparentemente antitetici, possano sposarsi.
Da cosa è nata l’esigenza del progetto Ethical-Code?
Il blog è nato per essere una sorta di ponte tra gli stilisti, che hanno talento e impongono i dettami della moda, e le aziende che sviluppano materiali di qualità sostenibili e cruelty free. Tutto è partito da un’esigenza personale, mi sono chiesta perché una donna vegana debba mortificarsi indossando scarpe e abiti di cattiva qualità, ho dunque iniziato a fare ricerche per trovare prodotti in linea con la nostra visione di rispetto e armonia verso la natura e la vita.
Fino a poco tempo fa c’era la concezione della dieta vegana come triste e insoddisfacente dal punto di vista del gusto. Ora, anche grazie all’espansione di ristoranti e supermercati ad hoc, è stata sdoganata. Resiste invece la visione del vegano fricchettone e fuori moda. È possibile essere eleganti senza sfruttare gli animali?
È assolutamente possibile vestire bene, senza quindi rinunciare al lato estetico, scegliendo alternative animal-free, magari di origine vegetale. Stilisti e designer stanno riscoprendo materiali antichi utilizzati dai nostri avi, come carta, legno e fibre vegetali, per migliorarli, rendendoli ad esempio più resistenti o traspiranti.
L’Italia è considerata universalmente la patria della moda. Dal punto di vista della moda sostenibile e etica come siamo messi in confronto ad altri paesi?
All’estero da questo punto di vista sono avanti, forse in virtù di una maggiore richiesta, eppure molte aziende straniere vengono in Italia a produrre perché noi abbiamo materiali, know how e manodopera di prima qualità. Anche in Italia finalmente si sta muovendo qualcosa, ci sono giovani che stanno portando all’interno delle aziende una nuova visione nei confronti della sostenibilità e del rispetto per gli animali, ma ci sono anche vecchi artigiani che scoprono con piacere le possibilità offerte da nuovi materiali, ad esempio la Ligneah, una fibra di legno studiata e prodotta in Italia con materiali laser altamente tecnologici in grado di sostituire la pelle.
È possibile sostituire materiali che fanno parte della nostra tradizione come la lana e la seta?
Per scaldarsi in inverno è possibile sostituire i maglioni di lana con capi realizzati con alghe, ortiche, con la parte non edibile del granturco o con la fibra dell’ananas. Da quest’ultima ricava un bellissimo tessuto chiamato Piña, ideale per la realizzazione di tessili, tappezzerie, tessuti industriali e abbigliamento. Esistono comunque anche aziende che realizzano prodotti di lana in maniera etica, una di queste è l’australiana New Merino che tiene conto del benessere degli animali, le pecore, a differenza di quanto accade solitamente nei grandi allevamenti, non subiscono maltrattamenti al momento della tosatura e non vengono utilizzate pratiche crudeli come il mulesing. Una menzione particolare la merita la britannica Izzy Lane, si tratta di un rifugio che accoglie pecore salvate da morte certa. L’obbiettivo principale è proprio quello di salvare gli animali destinati ai macelli e di farli vivere in libertà preoccupandosi soprattutto del loro benessere. La piccola produzione di lana che Izzy Lane commercializza serve più che altro a mantenere fino alla vecchiaia i capi che salvano. Izzy Lane realizza anche capi di abbigliamento con seta cruelty free, ovvero prelevando il bozzolo solo dopo che il baco si è trasformato in farfalla ed è volato via, senza quindi bollire vivo il baco, come avviene di solito. Un’alternativa a questo materiale comunque esiste, è una seta vegetale ricavata dalla fibra di soia, si tratta di un materiale biodegradabile, sostenibile, non infiammabile e che protegge la pelle dai raggi ultravioletti.
Secondo te perché c’è questo scontro forte tra onnivori e vegani?
Credo che manchi il rispetto da entrambe le parti. Io cerco di adottare un approccio differente, ad esempio non utilizzo immagini di animali macellati o sofferenti, tramite immagini glam cerco invece di mostrare che le alternative etiche e sostenibili, sia all’abbigliamento che all’alimentazione, esistono e sono eleganti e convenienti.
Pensi che, come hai anche detto a Luca Poma su Creatoridifuturo.it, la crescente offerta di prodotti eticamente sostenibili sia frutto di una maggiore sensibilità da parte delle aziende o invece un tentativo di intercettare un nuovo target di clienti?
In parte ci sono sicuramente scelte dettate dal marketing, però è ormai evidente che un certo tipo di moda non è più sostenibile e sta contribuendo ad avvelenare l’aria, la terra e i corsi d’acqua. Mi auguro e sono convinta che ci sia stata una reale presa di coscienza da parte di stilisti e imprese. In ogni caso, fosse anche una strategia per ampliare la clientela, l’importante è raggiungere l’obiettivo.
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