Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Lanzarote e l’agricoltura in ambiente arido, un laboratorio per il futuro
Le precipitazioni a Lanzarote sono minime, l’acqua da sempre è decisiva nella vita delle persone, annate secche significano emigrazione. Anche oggi che l’acqua esce dal rubinetto, il dibattito sull’irrigazione resta aperto. Posti davanti a una grande sfida, un’eruzione durata sei anni, gli agricoltori hanno scoperto il metodo dell’enarenado. Tra le colture più caratteristiche c’è quella
- Le precipitazioni a Lanzarote sono minime, l’acqua da sempre è decisiva nella vita delle persone, annate secche significano emigrazione. Anche oggi che l’acqua esce dal rubinetto, il dibattito sull’irrigazione resta aperto.
- Posti davanti a una grande sfida, un’eruzione durata sei anni, gli agricoltori hanno scoperto il metodo dell’enarenado.
- Tra le colture più caratteristiche c’è quella della vite, decorazione e cura del territorio.
L’acqua è vita. Anche una piccola goccia di rugiada che la notte si posa sulla terra è capace di far nascere un germoglio, alimentare una radice, far crescere un ramo, una pianta, un frutto. È così in ogni parte del mondo, sono le leggi della natura. Ma quello che succede a Lanzarote, nelle isole Canarie, sembra sconvolgere ogni regola.
Su questa isola esposta agli elementi naturali, austera e apparentemente inospitale, dove si alternano distese di lava tagliente e aride spianate di sabbia, coni vulcanici multicolore e scogliere a strapiombo sull’oceano Atlantico, la vita si rinnova ogni momento. Che siano le primizie della terra pazientemente curate da mani esperte, i licheni che esplodono dopo ogni debole pioggia o le viti che custodiscono nei propri acini il sole caldo e la dolcezza di chi le coltiva con amore, ogni prodotto della terra a Lanzarote è il rinnovamento di un miracolo. In molti casi protagonista è la sapienza umana che sa convivere con l’ambiente che la ospita, che sa nutrirlo e renderlo più ricco, sa prendere e dare quando serve, e sa mettere a frutto le risorse disponibili senza apportare danno.
I contadini di Lanzarote, pionieri per chi vive i cambiamenti climatici
Incontriamo Ascensión Robayna in un giorno di pioggia leggera, un auspicio per il suo lavoro. Ascensión è una donna che dopo una formazione da economista ha deciso di tornare alla terra, alla sua terra, per valorizzarla e proteggerla, dedicandosi all’agricoltura de secano, in ambiente arido e in totale armonia con la natura. Ci incontriamo al Monumento al Campesino, un omaggio che il grande architetto di Lanzarote César Manrique ha dedicato alla cultura contadina e al suo ruolo fondamentale nel conservare la bellezza e la forza di quest’isola. In questa cornice è stata temporaneamente allestita anche una mostra fotografica che ritrae un gruppo di contadini di Lanzarote, di cui fa parte anche Ascensión, impegnati nel secano stretto. La mostra è un riconoscimento per questi eroi dell’agricoltura rispettosi dell’ambiente, che conservano amorevolmente le tradizioni del luogo e insieme ad esse la ricchezza del suo suolo, la prosperità della sua terra.
Lanzarote è considerata un’isola dal clima quasi desertico, data la scarsità di precipitazioni che la bagnano: qui la vegetazione vive con l’umidità e la pioggia “che altrove non rientrerebbero nemmeno nelle statistiche”, come si legge nei testi drammaticamente poetici di questa mostra. Ma evidentemente questa quantità infinitesima è sufficiente per coltivare decine di prodotti tra cui lenticchie, angurie, cipollino, diversi tipi di patate e la vite, il prodotto più rappresentativo dell’isola, la cui varietà più famosa è forse la malvasía vulcanica.
I più lungimiranti vedono in Lanzarote e nei suoi pionieri un laboratorio prezioso per un mondo che sta diventando sempre più arido e caldo a causa dei cambiamenti climatici, un luogo a cui guardare per attingere buone pratiche.
L’enarenado, coltivazione sotto uno strato di sabbia
Il segreto dell’agricoltura di Lanzarote ve lo sveliamo subito: si chiama enarenadoed è il metodo di coltivare la terra sotto un manto di sabbia, o arena in spagnolo, così da prevenire l’evaporazione della preziosa umidità. Ma non è una tradizione millenaria, anzi: è nata poco meno di tre secoli fa, a seguito di una grande eruzione, durata ben sei anni, dal 1730 al 1736, che ha coperto un’ampia zona ai piedi del vulcano Timanfaya. Per poter tornare a coltivare in quell’area i contadini hanno dovuto scavare nello strato di detriti, che raggiungeva anche i due metri di spessore, per arrivare alla terra fertile sottostante. Così facendo si sono accorti che la lava intrappolava l’umidità nel suolo e le piante crescevano meglio. Il luogo iconico in cui tutto è cominciato, e dove il picón o rofe si trova naturalmente, è la Geria, una valle ai piedi della zona dei vulcani che oggi è un susseguirsi di cantine destinate alla produzione del vino. Ma osservando la natura e imparando da essa i contadini si sono accorti che potevano ricreare queste condizioni altrove e hanno iniziato a ricoprire la terra coltivata con la sabbia vulcanica cavata dove ce n’era in abbondanza. Questi appezzamenti sono ben visibili anche oggi in tutta l’isola come dei caratteristici rettangoli neri.
La capacità della lava di trattenere l’umidità caratterizza un altro materiale tipico di Lanzarote, utilizzato anch’esso per l’enarenado: è la sabbia chiara di origine organica costituita da miliardi di resti di conchiglie e animali marini che si trova nella pianura quasi desertica del Jable, nella zona centrale dell’isola: qui il vento ha sospinto la sabbia facendola entrare dalla spiaggia di Famara, a nord ovest, fino verso playa Honda, a sud est, in prossimità della capitale Arrecife. Il nome Jable sembra essere una storpiatura della parola francese sabbia, visto che queste isole furono conquistate dai Normanni.
La vite e gli altri prodotti coltivati nell’enarenado
A chi le vede per la prima volta le vigne di Lanzarote trasmettono un misto tra sorpresa, ammirazione e mistero. Le caratterizza una bellezza elegante, tipica di una cosa ben fatta, in una forma completamente diversa da quella dei filari che conosciamo. Morbide pendici completamente nere, punteggiate qui e là da case rurali bianche e dalle forme circolari disposte in modo ordinato che disegnano le terre destinate alla coltivazione della vite: sono gli hoyos, buchi nella terra, ognuno dei quali ospita una singola pianta di vite. Non solo si cerca in questo modo di preservare l’umidità del terreno, ma i buchi, fondamentali per riuscire a portare le radici fino a terra, servono anche per proteggere le piante dai venti che costantemente spazzano l’isola: stessa funzione cui assolvono i muretti a secco costruiti sul contorno degli hoyos dalla parte in cui soffiano gli alisei.
Anche nel Jable, dove si coltivano altri prodotti, è tutto studiato nei minimi dettagli e il modo di arare e preparare la terra è pensato per proteggere le piante dal vento che, oltre a rovinare le piante, accelera ulteriormente l’evaporazione. “Se tracci le righe parallele alla direzione del vento, questo entrerà e rovinerà le piantine, ma se ari in modo perpendicolare rispetto al vento dominante, sarà la terra stessa a proteggere i germogli”, spiega Ascensión, rivelando la semplicità e la concretezza della sapienza contadina.
Lanzarote, un’isola che ha sempre avuto sete
L’isola è disseminata di infrastrutture realizzate per raccogliere e conservare la pioggia e l’umidità dell’aria: pozzi familiari e grandi maretas, superfici per convogliare la pioggia realizzate dall’amministrazione per servire il territorio comunale, chilometri di gallerie scavate nella montagna per raggiungere le acquee sotterranee e persino una diga, che non è mai entrata davvero in funzione. La ricerca dell’acqua sull’isola è sempre stata un elemento trainante della vita, ne ha condizionato lo sviluppo e la siccità era il grande determinante delle emigrazioni quando, senza mezzi di sussistenza, gli abitanti di Lanzarote abbandonavano la propria terra verso altre isole dell’arcipelago o verso il continente o l’America Latina. La durezza della vita si vedeva anche in queste cose.
Oggi la maggior parte delle opere idrauliche risulta inutilizzata. Nel 1964 un evento ha cambiato la vita di tutti gli isolani, e permesso lo sviluppo del turismo: la realizzazione di un impianto di desalinizzazione e depurazione dell’acqua di mare. È stato l’inizio di un’epoca florida senza più sete né siccità, ma gli anziani ricordano ancora chiaramente il tempo in cui l’acqua era una risorsa davvero preziosa. E raccontano, con un velo di malcelata amarezza, come il semplice gesto di aprire il rubinetto e lo scorrere dell’acqua si siano portati via tutte le promesse di chi giurava che non avrebbe mai dimenticato l’importanza dell’acqua e le sofferenze vissute. Promesse evidentemente dimenticate, come dimostra appunto l’abbandono di pozzi e maretas. Allo stesso tempo, è stata persa un’occasione importante visto che l’acqua nelle case non viene utilizzata normalmente per bere: non ha un buon sapore, ha molto calcare e sa di cloro – così l’acqua in bottiglia rimane molto diffusa.
L’irrigazione in agricoltura
L’acqua desalinizzata è stata utilizzata anche per irrigare i campi, ma Ascensión e gli agricoltori più sensibili non sono d’accordo con questa pratica: non solo perché sconvolge il ritmo e l’equilibrio di un ecosistema fragile, tradizionalmente secco, ma perché l’acqua, destinata al consumo umano, non è adatta all’irrigazione: è troppo salina, ha troppo cloro e poco ossigeno, per esempio. Per di più, se si iniziasse a irrigare tutto, si perderebbe la tipicità e l’unicità di questa terra. “C’è una polemica tremenda sull’opportunità di irrigare oppure no, perché è chiaro che a lungo andare questo porrà fine al sistema di agricoltura de secano che ha funzionato fino ad ora”, spiega Ascensión. “Certo che se avessimo l’acqua sarebbe molto più facile produrre alimenti, però di acqua non ne abbiamo, e quella che c’è non è di buona qualità: per questo è importante conservare la tradizione”.
Per irrigare i campi da cui nasce il cibo che mangiamo, l’acqua migliore è l’acqua piovana. È per questo che la cooperativa dei regantes, gli irrigatori, cerca di recuperare le antiche opere idrauliche anche se va detto che sta lavorando a un progetto molto più ampio per realizzare un nuovo impianto dissalatore che produca acqua specificatamente per l’irrigazione, da distribuire nei campi di una grande porzione dell’isola, insegnando alle persone come passare nel modo giusto da un’agricoltura de secano a una con irrigazione senza sconvolgere tutto.
Passato e futuro indissolubilmente legati tra conoscenza e tradizione e buone pratiche
“In un’isola devi considerare tutto, devi mantenere e conservare il tuo suolo perché se non fa le cose per bene, una generazione può rovinare il suolo per le generazioni a venire: la conservazione dei suoli ha molto a che vedere con quello che i contadini di Lanzarote hanno fatto fino ad oggi”, commenta animatamente Ascensión. D’altra parte proprio la coltivazione che Ascensión ama di più, quella a cui si dedica con tutto il cuore, quella della vite, ha radici profonde. “Noi usiamo viti vecchie, che nel corso della loro lunga vita hanno imparato ad adattarsi, a vivere al meglio, a raccogliere tutti i nutrienti, a sopravvivere alla scarsità d’acqua. Producono un po’ meno ma sono uniche. Non vedo come, per produrre del vino, dobbiamo distruggere un ambiente così speciale, anzi. Dobbiamo proteggere le altre specie. Infatti nei muretti a secco c’è la vita, ci sono i licheni, nei nostri campi ci sono gli uccelli, gli insetti, l’aria è buona. E le persone che bevono questo vino devono capire che cosa c’è dietro.”
Le parole che meglio descrivono il lavoro di Ascensión e degli altri agricoltori tradizionali sono cura, attenzione, rispetto. “A Lanzarote tutto è unico, singolare. Una persona che non conosce questa terra non riuscirebbe a produrre nulla perché servono strumenti, procedure, osservazione dell’ambiente e adattamento totale a quello che ci circonda”, spiega Ascensión. “A volte mi domando se gli agricoltori di domani guarderanno a noi con lo stesso orgoglio con cui noi guardiamo a chi ci ha preceduto”.
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