Costruire auto elettriche a prezzi accessibili in Europa è possibile. Magari reinventando modelli iconici del passato e conservandone il fascino, come dimostra la Renault 5 elettrica.
L’auto a idrogeno è realtà
Si chiama Mirai, si alimenta a idrogeno, emette solo vapore acqueo e, secondo un’autorevole classifica tedesca, è la migliore innovazione del decennio: la sfida di Toyota per la vettura del futuro è partita.
I primi settecento esemplari andati a ruba in Giappone, già duemila ordini negli stati Uniti. L’auto a idrogeno di Toyota non è più un sogno, ma è diventata una concreta possibilità. Non a caso si chiama Mirai (che in giapponese significa futuro) ed è la vettura che la casa nipponica, dopo la scommessa vinta sull’ibrido, metterà al centro della sua concezione di smart city nei prossimi anni. Emissioni di CO2 ridotte allo zero completo grazie a un nuovo innovativo sistema di funzionamento a celle a combustibile, ovvero un dispositivo che genera una reazione elettrochimica (crea acqua a partire da idrogeno e ossigeno) da cui si ottiene l’energia per attivare il motore. Niente più benzina dunque, il pieno del serbatoio si fa con l’idrogeno. E niente più inquinamento dell’aria, dallo scarico esce solo vapore acqueo.
Era il 1992 quando Toyota iniziò a sperimentare l’idrogeno: oggi Mirai è una berlina lunga 4,98 metri, larga 1,81 e alta 1,53, omologata per 4 persone e con la possibilità di circolare su strade e autostrade. Silenziosa e agile, ha una potenza di 155 cv (compie l’accelerazione da 0 a 100 km/h sotto i 10 secondi) per una velocità massima di 178 km/h. Il rifornimento si fa in meno di 3 minuti e l’autonomia di un pieno da 5 chili è di oltre 500 km (ah, l’idrogeno costa circa 10 euro al chilo). Toyota Mirai sbarca in Europa a partire da Germania, Gran Bretagna e Danimarca, nel 2016 arriverà in Belgio, nel 2017 forse in Italia. Nel nostro Paese però il problema di base sono i distributori di idrogeno, pochi e con il limite di legge della pressione di erogazione a 350 bar (l’unico a 700 bar, la potenza necessaria, si trova a Bolzano).
Intanto la berlina a idrogeno di Toyota è stata proclamata l’innovazione del decennio dalla classifica tedesca ‘Center of Automotive Management’ che ha selezionato le 100 migliori novità ingegneristiche del settore degli ultimi dieci anni. Il team Cam ha infatti scelto, in base all’impatto avuto sul mercato e all’avanguardia che sono state capaci di esprimere, 8.000 innovazioni presentate nel periodo 2005 – 2015: Toyota Mirai si è aggiudicata il primato, mentre la Toyota Prius Plug-in ha conquistato il terzo posto come la prima vettura Plug-in ad essere prodotta in serie e a poter essere ricaricata da una presa di corrente domestica.
Siamo solo all’inizio: la sfida di Toyota è quella di ridurre le emissioni CO2 del 90 per cento e di dire addio alle auto a combustibili fossili entro il 2050. Se quella a idrogeno è la tecnologia su cui puntare, la ricerca non si fermerà qui. Nel 2011 il gruppo GreenMat dell’unità INSTM dell’Università di Pavia, coordinato da Piercarlo Mustarelli, ha vinto il Premio per la Ricerca di Frontiera della Fondazione Cariplo (nella giuria c’erano, tra gli altri, i Premi Nobel per la chimica Aaron Ciechanover e Gerhard Ertl) che ha finanziato la costruzione di un innovativo microscopio elettrochimico a risonanza magnetica (denominato ELMINMR) che consente di investigare le caratteristiche di una cella a combustibile durante il suo normale funzionamento.
“Il microscopio”, spiega il professor Mustarelli, “utilizza la stessa tecnica della risonanza magnetica nella misura però non di millimetri, ma di micron o decimi di micron, quindi fino a 100mila volte più piccoli. Questo consente di monitorare all’interno delle celle a combustibile il punto esatto in cui si forma l’acqua e capire dunque dove e come agire per migliorare e ottimizzare strutture e sistemi di smaltimento”. La ricerca interessa tra l’altro proprio le celle funzionanti ad alta temperatura e bassa umidità, come quelle di interesse per il settore automobilistico, ma per ulteriori sviluppi e applicazione del progetto servirebbero nuovi fondi. Chi crede nel futuro si faccia avanti.
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