Lo scienziato francese Aurélien Barrau ha scritto un libro in cui racconta perché la lotta per la vita sulla Terra è la madre di tutte le battaglie.
Le beffe dell’umana scienza
La Scienza, in teoria,
Un esempio dell'”umana fragilità” fu quello di Richard Owen,
uno zoologo inglese che, contrariato dalla teoria evoluzionistica
di Darwin, provò con ogni mezzo a confutare l’ipotesi dei
“cambiamenti casuali”. In modo sleale e per certi versi ridicolo,
architettò un piano del tutto originale. Tenendosi
nell’anonimato, scrisse una serie di articoli nei quali citava le
proprie opere con riverenza e approvazione e iniziò la sua
campagna “pro – Owen” utilizzando tali scritti come prova della
solidità e del consenso alla propria posizione, trasformando
così il “diritto al dissenso” in una volgare farsa.
Tra le tante debolezze nella Scienza c’è anche quella
dell’eccessiva bramosia di fare qualche scoperta. Tipico fu il caso
del fisico francese René Prosper Blondlot (1849 – 1930).
A cavallo tra il 1800 e il 1900, erano state fatte molte importanti
scoperte per la fisica: i raggi X – grazie a W. K. Roentgen – i
raggi catodici, quelli anodici e i raggi Becquerel.
Ovviamente, tali scoperte avevano coperto di gloria i loro autori e
Blondlot, in modo umanamente comprensibile, non voleva essere da
meno. Nel 1903, quindi, annunciò l’esistenza dei “raggi
N”.
Tuttavia, nessuno strumento più obiettivo dell’occhio umano,
ansioso di vedere quella certa cosa, poteva confermare le sue
osservazioni. Ironia della sorte, un bel giorno, durante la
presentazione dei “raggi N”, uno spettatore si impossessò di
un pezzo indispensabile allo strumento usato da Blondlot il quale,
ignaro dell’accaduto, continuò ad illustrare il fenomeno
finche, una volta terminata la presentazione, lo spettatore
mostrò a tutti il pezzo sottratto e fu allora che Blondlot
cercò addirittura di picchiarlo.
Credere disperatamente ad una certa cosa, a volte, può
condurre a crederla vera. Non solo, lo smodato desiderio di
scoprire o dimostrare qualcosa può portare persino a
falsificare i dati.
Un esempio è quello legato alle ricerche del botanico
austriaco Gregor Mendel (1822 – 1884).
Questo padre della genetica, incrociando ceppi di piselli che
differivano per caratteristiche specifiche, elaborò le leggi
fondamentali dell’ereditarietà. Tuttavia, alla luce delle
successive conoscenze, i dati che ottenne appaiono “un po’ troppo
perfetti”.
Questo non toglie a all’importanza delle sue scoperte, ma è
certo che, anche in questo caso, la dimensione emotiva ha colorato
al Scienza di aneddoti e passioni ben lontane dai calcoli
statistici.
Le convinzioni e la fragilità umane non possono che
influenzare enormemente ciò che conosciamo del mondo e come
lo conosciamo. Anche gli “uomini di Scienza” quindi, qualunque sia
il loro campo di interesse, rimangono pur sempre uomini.
Essere consapevoli di questo forse è un requisito
indispensabile per chi “produce Scienza” ma può essere forse
anche uno spunto di riflessione per chi si appella ad Essa
nell’ingenuità di trovarvi risposte certe e
inconfutabili.
Gabriela
Manzella
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