Dall’ecoansia a sensazioni positive di unione con la Terra. Conoscere le “ecoemozioni” ci aiuta a capire il nostro rapporto con ciò che ci circonda e come trasformarle in azione.
Le carrette del mare
Navi varate negli anni ’70 sono ancora in circolazione trasportando sostanze pericolose senza essere dotate di doppio scafo e spesso con equipaggi raffazzonati e privi di una reale competenza professionale.
Ogni anno circa 60 milioni di barili di petrolio viaggiano in mare,
a costituire il 40% delle merci trasportate per nave. La maggior
parte di questo petrolio è portato dalle 700 superpetroliere
oggi in circolazione. Ogni petroliera trasporta da 3 mila a 560
mila tonnellate di greggio in un solo viaggio e in tutto tra
perdite, incidenti e risciacquo delle cisterne, ne vengono
rilasciati in mare ogni anno oltre 3 milioni di tonnellate (stime
Unep, l’agenzia dell’ONU per l’Ambiente), una quantità che
potrebbe coprire quasi 50 volte la superficie del lago di Garda. A
queste andrebbero sommate anche le 100 mila tonnellate disperse
ogni anno dalle piattaforme estrattive e le 1,5 milioni di
tonnellate di prodotti petroliferi rilasciati da industrie e aree
urbane. Tra l’altro il 60% delle petroliere in navigazione ha oggi
più di 16 anni di età (per consuetudine potrebbero
essere utilizzate fino 30 anni di servizio) e soltanto il 20% di
esse ha il doppio scafo, elemento fondamentale per una maggiore
sicurezza in caso di incidenti. A tutto ciò bisognerebbe poi
aggiungere il fatto che molto spesso gli equipaggi di queste navi
sono un vero miscuglio multietnico di personale marittimo
proveniente da paesi in via di sviluppo, dove anche la formazione
professionale non è adeguata.
Quali le soluzioni? Attivare da subito il divieto di navigazione
per petroliere costruite prima del 1982 e quindi prive di doppio
scafo e limitare comunque la vita operativa di queste navi (per
esempio la Francia, dopo il disastro dell’Erika del 1999, aveva
chiesto che le petroliere non potessero rimanere in circolazione
per più di 23 anni. Ma a Londra, nella sede dell’
“Organizzazione marittima internazionale” il mondo degli armatori
aveva bloccato e fatto rinviare queste richieste). Intervenire
sulla formazione degli equipaggi e dei comandanti delle navi che
trasportano sostanze pericolose (non solo petrolio, quindi),
evitando gli “equipaggi Babele” privi di accertate competenze
professionali.
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