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Mentre in molte aree del pianeta si acuiscono i conflitti, l’Italia relega la cooperazione allo sviluppo, un pilastro della politica internazionale, a una “comparsa” senza soldi.
La cooperazione internazionale è la chiave per la pace e il progresso, ma gli aiuti dell’Italia sono in calo, così a giugno le associazioni del settore hanno lanciato l’allarme su quanto stava accadendo nel nostro Paese sul finanziamento verso le attività di cooperazione allo sviluppo. Bene, da quel giugno ad oggi i conflitti e le sfide globali sono aumentati e l’impegno italiano è andato sempre più affievolendosi.
Per raggiungere i traguardi stabiliti dall’Italia alle Nazioni unite, sarebbe necessario più che duplicare i finanziamenti nei prossimi cinque anni. Un’esigenza che si perde nel vuoto di una politica che sembra abbia dimenticato le proprie aspirazioni, preferendo limitarsi a modesti atti simbolici che non ostacolano chi è al comando. È l’indicatore di una nazione che ha perso la direzione e che si rifugia in un’inazione mascherata da prudenza e la nuova legge di bilancio, è il manifesto di questa inazione politica.
E proprio quando ci vuole più cooperazione, il mondo sembra ritrarsi e dividersi. In Italia la discussione sulla legge bilancio ha portato ad una riduzione del finanziamento per la cooperazione allo sviluppo mentre sono aumentati gli investimenti per le armi. Di conseguenza l’obiettivo dello sviluppo sostenibile, dell’Agenda 2030, di investire lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo, è sempre più lontano. Siamo intorno allo 0,2-0,3 per cento, meno della metà di quanto necessario, come segnalato dalla Campagna 070.
Sul tema della cooperazione hanno studiato e lavorato oltre 3000 studenti con 200 docenti in tutta Italia, grazie al progetto Generazione cooperazione, creato da 24 enti tra organizzazioni e reti della società civile nazionali, tra cui Focsiv, e locali, e finanziato dall’Aics. Il progetto mira a seminare una certa sensibilità verso le tematiche della cooperazione allo sviluppo e, allo stesso tempo, a spronare la classe politica al raggiungimento dello 0,70 per cento del reddito nazionale lordo alla cooperazione, così come stabilito e promesso oltre 50 anni fa.
Nel 2025 termina il progetto Generazione cooperazione ma le attività saranno rilanciate con il Giubileo, con la campagna “cambiare la rotta”, in vista della conferenza Onu sulla finanza per lo sviluppo. In tutto il mondo, e anche in Italia, scuole e giovani attivisti si mobiliteranno per sensibilizzare i politici sulla necessità di sostenere con più vigore e decisione la cooperazione allo sviluppo, in modo da ridurre le spinte verso i conflitti e le guerre e da sostenere la transizione ecologica.
Nel frattempo la realpolitik ci dice, nero su bianco, che si investe poco in cooperazione nonostante il governo abbia lanciato il cosiddetto Piano Mattei, per creare partenariati non predatori con i paesi africani. Un Piano con scarse risorse e con una certa dose di ambiguità a causa di progetti che sembrano riprodurre dinamiche di sfruttamento delle risorse naturali africane, dal gas alle produzioni alimentari, per i nostri interessi.
La ripartizione delle risorse finanziarie nella Legge di bilancio disegna un quadro di grande disparità: il ministero dell’Economia e delle Finanze si appropria di una buona parte dei fondi, mentre il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale subisce una riduzione di 115 milioni di euro. Nel contempo l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), il motore operativo della cooperazione internazionale allo sviluppo, viene privata di 32 milioni di euro, un taglio che relega l’Italia a un ruolo marginale sulla scena internazionale, più osservatrice che protagonista.
I dati parlano chiaro: nel 2023 l’Italia ha raggiunto solo un deludente 0,27 per cento nel rapporto Aps/Rnl, cioè tra reddito nazionale lordo devoluto in aiuto pubblico allo sviluppo, un valore che rappresenta una retromarcia rispetto a qualsiasi aspirazione di progresso e condanna la cooperazione a una condizione di perenne marginalità. Ogni riduzione, ogni modifica, si traduce in una rinuncia che pesa sulla credibilità internazionale e svela il vuoto di una politica che preferisce un approccio di basso profilo. Una parte delle risorse che sono indicate come “cooperazione” è destinata all’accoglienza dei migranti in Italia, trasformando la cooperazione allo sviluppo in una copertura per spese interne.
Per raggiungere i traguardi fissati, sarebbe indispensabile più che raddoppiare i finanziamenti nei prossimi cinque anni, come hanno ricordato i giovani del progetto Generazione cooperazione:
“Bisogna dare più voce e spazio alla politica di cooperazione allo sviluppo, lo strumento migliore per creare condizioni di pace e di giustizia”.
In particolare, i giovani di Generazione cooperazione stanno divulgando il Manifesto per la cooperazione (il Manifesto dei giovani – ECG Project): “Siamo giovani che lottano contro le difficoltà quotidiane e che vogliono una realtà differente. Stiamo ereditando un mondo dilaniato da conflitti, disuguaglianze, crisi climatica. Ripudiamo l’indifferenza e convintamente crediamo che si possa dare vita a delle alternative che porterebbero l’umanità a vivere in unità e armonia. È una vita che ci sentiamo dire che il futuro appartiene ai giovani, ma noi vogliamo agire ora, nel presente, per fare in modo che domani ci sia un futuro per tutt*, un futuro fondato sul dialogo, la sostenibilità e la giustizia sociale e ambientale. Crediamo fortemente nella partecipazione, per questo vogliamo essere parte di un cambiamento che possa migliorare il tessuto sociale in cui viviamo”.
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